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Il falso dilemma tra libero mercato e interesse nazionale. Il caso Copasir

C’è conflitto tra il libero mercato e l’interesse nazionale? A segnalare la possibile divergenza tra questi due principi è stato Il Sole 24 Ore, con un articolo molto letto e discusso in queste ore dalla comunità finanziaria e politica. Nel pezzo si legge che “il Parlamento italiano si avvia a scrutinare, attraverso il Copasir, le possibili ‘infiltrazioni’ di manager o consiglieri di amministrazione esteri nelle grandi società ‘strategiche’ italiane. Non solo il settore tlc (5G e dintorni) ma anche – pare – banche e assicurazioni sarebbero a rischio di conquista estera”. E ancora: “Se, come pare, l’indagine parlamentare ha in qualche modo nel mirino i due ceo francesi di UniCredit e Generali, bisognerebbe ricordare che la loro nomina è interamente dovuta alle libere scelte di azionisti italiani”.

Citando casi di italiani ai vertici di società straniere – Mario Greco in Zurich, Antonio Belloni in Lvmh, Lorenzo Bini Smaghi in Société Générale, Vittorio Colao per anni in Vodafone e Luca De Meo in Renault – nell’articolo si sottolinea l’importanza di “non discriminare l’Italia agli occhi dei grandi investitori globali, di cui il Paese ha bisogno, dando la percezione di un’autarchia fuori dai tempi”.

In realtà, a ben vedere, il problema è un falso problema. Facciamo soltanto un esempio, quello statunitense: mai nessuno oltre Atlantico ha accusato di autarchia il Cfius, il Comitato sugli investimenti esteri. Che pur dal 1975 ormai vigila sulle implicazioni che possono avere sulla sicurezza nazionale eventuali passaggi di aziende “strategiche”.

Come spiegavamo alcuni mesi fa su Formiche.net, nato negli anni settanta, il Comitato per gli investimenti esteri fa capo al dipartimento del Tesoro e riunisce i rappresentanti di tutte le principali agenzie di governo. Dopo l’11 settembre, ha assunto sempre maggiore importanza nella valutazione degli effetti di accordi commerciali e investimenti sulla sicurezza nazionale. Il focus del Comitato spesso è stato rivolto alla Cina, come nel caso di TikTok, ma non soltanto. 

E così pare volersi muovere il Copasir, che dopo il report dai toni molto trumpiani sul 5G, vuole accedere i fari anche sul futuro delle grandi banche italiane, e non specificatamente sui loro amministratori delegati.

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