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Sulla Difesa serve unità. I limiti del governo secondo Tripodi (Forza Italia)

Sulla difesa nazionale serve unità politica. Bene confermare le missioni all’estero (Afghanistan compreso), ma “sulla politica estera non possiamo proprio essere soddisfatti”. Parola di Maria Tripodi, capogruppo di Forza Italia in Commissione Difesa alla Camera, che abbiamo raggiunto per commentare l’audizione del ministro Lorenzo Guerini che anticipa la presentazione del prossimo decreto missioni.

Onorevole, che giudizio dà all’audizione di ieri del ministro della Difesa? Concorda con la conferma di tutti i maggiori impegni e sul rafforzamento verso Libia, Sahel e Hormuz?

Trattandosi di un settore come quello della difesa, strategico per quanto riguarda la sicurezza nazionale, trovo positive le posizione espresse ieri in audizione. Le saluto favorevolmente, anche perché io stessa avevo segnalato al ministro nella precedente occasione la necessità di un rafforzamento della nostra presenza sullo stretto di Hormuz. Sono dunque elementi che vediamo con favore, ritenendo che l’Italia debba avere un ruolo di sempre maggiore protagonismo costruttivo nel Mediterraneo e nelle altre aree di interesse strategico. Ciò riguarda anche il mantenimento delle missioni in corso. Per il prestigio del Paese, non possiamo disattendere gli impegni presi a livello internazionale. La politica di mantenimento dunque va bene, ma sulla politica estera non possiamo proprio essere soddisfatti.

Perché?

A parte i buoni propositi e le chiacchiere di Conte e Di Maio, il nostro Paese è isolato a livello internazionale. Negli ultimi mesi, con questo governo abbiamo progressivamente perso peso e prestigio. Ciò non è mai accaduto quando eravamo noi al governo, basti ricordare lo spirito di Pratica di Mare.

Negli ultimi giorni comunque non si può negare un certo attivismo del premier Conte e del ministro Di Maio, tra incontri e colloqui dalla Libia fino alla Turchia, passando per l’Europa.

Sì, ma alle visite e agli incontri devono seguire alcuni elementi fondamentali, a partire dal rispetto della parola data ai partner e agli alleati. È necessario dare forza alla proiezione esterna con il peso politico del Paese, ma questo viene meno quando c’è improvvisazione o quando non si tiene conto dei protocolli internazionali. Con un partner come la Turchia, per fare solo un esempio, non abbiamo un vertice di altro livello da ben otto anni. Deve far riflettere.

Comunque, martedì sera c’è stato sul tema un vertice a palazzo Chigi anche con i rappresentanti delle opposizioni. Un segnale di unità?

Su questi temi serve sicuramente unità politica. Sotto questo aspetto, Forza Italia è stata sempre, storicamente, un interlocutore costruttivo, sia in virtù di una tradizione di politica estera che ha fatto scuola, sia perché antepone l’interesse di parte all’interesse nazionale. Ben vengano i confronti costruttivi. Va da sé che poi debbano seguire i fatti. E le ultime figuracce sul dossier libico non ci confortano.

Tornando alle missioni militari, Guerini ha illustrato anche l’intenzione di confermare l’impegno in Afghanistan, su cui però il M5S è stato tradizionalmente critico. Come legge la situazione in vista del prossimo decreto missioni?

La responsabilità del ministro cozza inevitabilmente con una visione strettamente ideologica della parte pentastellata. Il nostro contingente è impegnato in Afghanistan in un’area delicata, e lì suscita l’apprezzamento delle popolazioni locali e delle forze militari afghane che vengono addestrate e supportate in favore della stabilizzazione dell’area. Eppure, emerge una differenza sulla linea politica del governo, con la responsabilità del ministro della Difesa da un lato, e la visione purtroppo anti-militarista dall’altro.

Tra l’altro, Guerini ha parlato di un possibile trasferimento in Iraq di competenze dalla Coalizione internazionale anti-Isis alla Nato. Il primo a tacciare l’idea di “avventurismo” è stato il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano…

L’avventurismo di cui parla il sottosegretario Di Stefano è un termine, per usare un eufemismo, molto inadatto. Decisioni di questo tipo vengono prese dal Paese in qualità di partner strategico e importantissimo all’interno della Nato. Si deve poi tener conto dell’equilibrio della regione, soprattutto per quanto riguarda la divisione delle competenze che, molto spesso, procede di pari passo con la sicurezza del contingente dispiegato.

Quale è la posizione di Forza Italia su un’eventuale potenziamento della presenza militare in Libia, sempre che si raggiunga un’intesa in tal senso alla prossima Conferenza di Berlino?

L’eventualità di un impiego maggiore di militari in Libia è sicuramente un fatto su cui riflettere. È da sempre un Paese di grande importanza per l’Italia, sia per interessi energetici ed economici (siamo il primo partner commerciale europeo per la Libia), sia da un punto di vista di rapporti privilegiati rispetto alla relazioni internazionali. La Libia non può essere lasciata ad altri attori che si presterebbero a interesse di parti per l’inconsistenza della nostra politica estera.

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