Oltre la memoria e la testimonianza, oltre al doveroso “per non dimenticare”, c’è la necessità di progettare. In realtà non dovremmo pensare alle esperienze totalitarie del ‘900 bensì, per esercizio di responsabilità, dovremmo (ri)pensarle, avere la libertà di guardare nel profondo di ciò che è accaduto e interrogarci su quale realtà stiamo costruendo. Se non può esserci una realtà senza idea totalitaria, perché quella ci appartiene, dovremmo concentrarci sui veri antidoti, e sostanziali, per lasciarle il minor spazio possibile: non basta, come a chi scrive è ormai chiaro, dirsi democratici.
L’ umano in cammino, sua caratteristica da sempre e per sempre, cerca certezze e, quando le trova (o si illude di averle trovate), si siede, si accomoda, si tranquillizza. Questo passaggio, che ciascuno di noi vive, va problematizzato, reso dubbioso, e non nel senso di porre tutto costantemente in discussione; qui si tratta di considerare la “relatività” delle certezze, in qualunque ambito della nostra vita, sapendo che la Verità è un percorso senza fine e che la Libertà è la capacità di percorrerlo senza avere l’ansia di trovare, pensando di detenere, la Verità stessa. Sarebbe, in quel caso, l’Uomo che si fa Dio, saremmo nel pieno di un “totalitarismo culturale”. Dunque, non possiamo mai dirci “del tutto” liberi.
Progettare, partendo dalla memoria di ciò che è stato, significa fare i conti con l’inter-in-dipendenza di realtà. Il nostro “progetto storico”, che chiamiamo “progetto di civiltà”, deve misurarsi con la natura della realtà, dove i singoli elementi non solo non sono separati, e neppure sono soltanto (e semplicisticamente) interrelati, ma dove si sviluppa un “dialogo complesso”, dialettico e dialogale al contempo, in tutto ciò che è (inter-in-dipendenza).
La realtà è un mosaico la cui armonia non è mai predefinita ma che si sviluppa “in progress”, (ri)legandosi. L’inter-in-dipendenza, allora, è il campo del nostro (ri)pensare; se dobbiamo “non dimenticare”, altrettanto dobbiamo progettare. Se pensiamo a chi ha dato la vita per la nostra libertà, e chi scrive ha vissuto una esperienza personale con chi ha potuto raccontare quel periodo, sappiamo che il loro pensiero andava oltre la tragedia, si “schierava” con una libertà che non avrebbe mai più potuto essere solo “da” ma anche “con” e “per”. Abbiamo capito la lezione ?
(Professore incaricato di Democrazia negli Stati e fra gli Stati, Link Campus University)