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L’Ue va all-in sul nucleare iraniano

Massima pressione” sull’Iran. Per la prima volta questa formula adottata dall’amministrazione statunitense entra nel vocabolario europeo. Oggi, il cosiddetto E3, cioè il club di cui fanno parte Francia, Germania e Regno Unito, ha deciso di attivare il DRM, il meccanismo di risoluzione delle dispute previsto dal paragrafo 36 del Trattato del 2015, contestando al regime degli ayatollah le violazioni relative all’accordo nucleare. I tre Stati che sono ancora impegnati, a differenza degli Stati Uniti, nell’accordo con Teheran non si uniranno in una campagna di “massima pressione” sull’Iran – che la scorsa settimana ha annunciato l’uscita dall’intesa. Tuttavia, si augurano che la situazione torni agli impegni assunti con la firma del Jcpoa. “È vitale che l’Iran non abbia mai l’arma nucleare”, ha spiegato il ministro degli Esteri britannico Dominic Raab.

L’intenzione” dei ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito “è preservare il Jcpoa, nella sincera speranza di trovare il modo di andare avanti per risolvere l’impasse attraverso il dialogo diplomatico. E alla luce dell’escalation in Medio Oriente, è più importante che mai”, ha spiegato l’Alto rappresentate per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell.

Se però da una parte si nota l’avvicinamento dei Paesi E3 agli Stati Uniti con il richiamo alla “massima pressione”, dall’altra va sottolineato come la scelta di demandare al meccanismo di risoluzione delle controversie previsto dal Jcpoa rappresenti un ultimo, disperato tentativo di mantenere in piedi quel patto. “Oggi non abbiamo avuto altra scelta, viste le azioni dell’Iran, che registrare le nostre preoccupazioni” rispetto al fatto che Teheran “non rispetta gli impegni previsti dall’accordo sul nucleare, e rinviare la questione al Comitato congiunto nel quadro del Meccanismo di risoluzione delle dispute”, si legge nella nota dei tre ministri. Che però continua: “Francia, Germania e Regno Unito esprimono ancora una volta l’impegno nei confronti dell’accordo, e la determinazione a lavorare con tutti i partecipanti per preservarlo”. E ancora: “Restiamo convinti che questo importante accordo multilaterale ed i benefici di non proliferazione rafforzino i nostri interessi di sicurezza, e l’ordine internazionale basato sulle regole”.

Il patto fu firmato nel 2015 dai P5+1, cioè dai cinque Paesi membri permanente del Consiglio sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti) più la Germania. Oggi, gli E3 hanno espresso “gratitudine” a Pechino e Pechino, “con le quali restiamo in stretto contatto, per essersi unite a noi nello sforzo comune per salvaguardare l’accordo”. Ma complice anche il fatto che Cina e Russia sempre più fredde verso l’Iran, il rischio di questa mossa è che il patto che i tre Paesi europei considerano uno dei loro principali successi venga affossato da loro stessi. Infatti, la mossa di oggi potrebbe innescare nuove sanzioni delle Nazioni Unite e addirittura portare all’uscita degli E3 dall’intesa.

L’ambasciatore russo alle organizzazioni internazionali di Vienna, Mikhail Ulyanov, ha spiegato su Twitter che si augura che “questo passaggio non complicherà ulteriormente la situazione”. Da parte di Teheran ci si aspettava una reazione dura, ma così non è stato. “La Repubblica islamica dell’Iran, come in passato, è disponibile a sostenere qualsiasi atto di buona volontà e sforzo costruttivo per salvare questo importante accordo internazionale”, ha detto il portavoce del ministro degli Esteri iraniano Abbas Mousavi, secondo cui il ricorso al DRM è una mossa “passiva”. Poi l’avvertimento agli E3: se cercheranno di abusare del processo, “dovranno anche essere pronti ad accettare le conseguenze, che sono già state notificate loro”. Perché l’Iran, in caso di “azioni non costruttive” da parte dei firmatari, darà una “risposta seria e decisa”.

Come osserva Laurence Norman del Wall Street Journal su Twitter, la mossa di oggi ha quattro obiettivi per Francia, Germania e Regno Unito.

Primo: rallentare la corsa dell’Iran verso il breakout time (ovvero il tempo necessario al raggiungimento della soglia nucleare). Secondo: iniziare un processo che può protrarsi oltre le elezioni statunitensi di novembre. Terzo: salvare un po’ di credibilità. Quarto: convincere Washington che gli E3 stanno prendendo sul serio le violazioni iraniane.

Ma come loro stessi ammettono, la strada è in salita. Ecco perché quell’espressione “non abbiamo avuto altra scelta” e la minaccia di sanzioni. A questo va infine aggiunto che la dichiarazione fa un rapidissimo riferimento a Instex, il veicolo pensato dall’Unione europea per continuare a commerciare con l’Iran aggirando le sanzioni statunitensi. Come a voler segnalare a Teheran che gli E3 le hanno provate tutte, ma il veicolo non decolla per le misure applicate da Washington e quindi non resta che tornare ai tavoli negoziali.

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