L’ipotesi di “maxi multa” a carico di Autostrade per l’Italia emersa dalle agenzie di stampa in alternativa alla revoca della concessione potrebbe non essere campata per aria. Anzi, a bene vedere, l’applicazione delle norme europee e costituzionali in materia di controllo dell’economia non lascia particolare margine di discrezionalità alle amministrazioni pubbliche: se è corretta la sanzione pecuniaria significa che non è corretta la decadenza e viceversa. Perché? Semplice, perché il rapporto tra Stato e imprese è retto dal principio di affidamento e dal principio di proporzionalità.
Proporzionalità significa che la reazione dell’amministrazione pubblica rispetto ad un comportamento non corretto della parte privata deve limitarsi a quanto strettamente necessario e deve essere idoneo a ripristinare la situazione precedente al comportamento contestato. Considerato l’elevato valore della concessione di Autostrade per l’Italia, che gestisce circa 3000 km di autostrade, la decadenza (o comunemente “revoca”) è legittima solo ed esclusivamente nel caso in cui sia l’unica misura adeguata per conseguire l’obbiettivo di porre rimedio al comportamento non corretto.
Ed è proprio per questa ragione che le concessioni prevedono spesso un meccanismo di sanzioni (c.d. clausole penali) applicabili da entrambe le parti che consentono di porre rimedio a singoli inadempimenti pur senza compromettere la validità del contratto. Ed è noto, in quanto emergente dalla concessione pubblicata sul sito del Ministero (analoga a tutte le altre) che il livello della penale applicabile al Concessionario in modo “unilaterale” nel caso più grave (cioè quello dell’inadempimento che porti alla decadenza) è pari al 10% del valore della concessione (stimato da Autostrade in oltre 20 miliardi di euro).
Da quanto sopra emerge che una eventuale sanzione pecuniaria non può certo essere superiore a quella prevista per il caso più grave e non può, quindi, superare i 2 miliardi di euro. Cifra, peraltro, che, in applicazione del suddetto principio di affidamento e proporzionalità, dovrebbe includere anche le sanzioni unilaterali di fatto determinate dal Decreto Genova.
Insomma, la questione non è affatto banale; peraltro la sanzione potrebbe avere anche forme diverse dal mero pagamento di una somma: potrebbe avere la forma di un abbattimento delle tariffe autostradali a favore degli utenti (con il rischio però che la percezione concreta possa essere davvero minima, considerato l’elevato numero di km su cui sarebbe “spalmato” lo sconto”). Tuttavia rimane il fatto che l’applicabilità di una sanzione in luogo della decadenza rimane una questione tecnica e non discrezionale: se il Governo è certo che la decadenza sia giuridicamente corretta per proporre una sanzione deve “ammettere” di non avere sufficienti elementi di gravità tale da provocare una decadenza della concessione.
Il quadro ora descritto, peraltro, è solo parzialmente disciplinato dalla legge italiana in quanto il principio di proporzionalità (nella materia del mercato interno – cioè delle concessioni) è interamente disciplinata dall’ordinamento dell’Unione europea: ciò significa che nemmeno una legge del Parlamento può giungere a mettere in dubbio tale principio. È tuttavia certo che qualsiasi misura sanzionatoria venga adottata deve essere preceduta da una istruttoria che dia atto del fatto che il comportamento (o i comportamenti) contestato obbliga l’amministrazione ad adottare proprio quella misura e tutte le altre non sono sufficienti: se c’è revoca/decadenza va dimostrato che non ci sono alternative, se c’è una multa va dimostrato che quella misura è sufficiente a perseguire gli obbiettivi di ripristinare la corretta funzionalità delle autostrade gestite dal concessionario.