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Quota 102? Ecco il vero problema delle pensioni. Il commento di Paganini

Di Pietro Paganini

Quota 100 è insostenibile. Se ne è accorto il governo che vorrebbe introdurre Quota 102. Si dimostra ancora una volta di non avere colto il problema delle pensioni. Si pensa unicamente ad accontentare le fasce più anziane della popolazione, per ragioni prevalentemente elettorali. Si ignora la necessità di costituire un sistema pensionistico sostenibile nel lungo termine che risponda alle esigenze delle generazioni future.

L’età di pensionamento è importante ma non è fondamentale per il sistema pensionistico. Il vero problema riguarda i meccanismi di funzionamento del sistema che devono promuovere la libertà dei cittadini (contro il privilegio delle burocrazie e potenziando lo scegliere di quando ritirarsi e con quali entrate) e favorire la sostenibilità economica e finanziaria del sistema.

L’attuale sistema persiste nel togliere il controllo della pensione ai cittadini per affidarlo ai burocrati. Essi acquistano il potere di gestire – con l’avvallo del governo e in modo non trasparente – le risorse accantonate dai cittadini per il loro futuro. A noi cittadini è sottratta la libertà di controllo delle risorse guadagnate e accantonate tramite lo Stato per la pensione futura.

Chi lavora dovrebbe accantonare per sé. Succede invece che si continua con il criterio di far pagare a chi lavora oggi chi è già in pensione. Chi pagherà per chi lavora oggi se ci saranno sempre meno occupati?

Il vecchio sistema a ripartizioni funziona se l’occupazione è piena, la produttività alta, e la crescita rapida e solida. Non è il caso dell’Italia e delle principali economie.

La gestione del sistema a ripartizioni è nelle mani dei burocrati. Le risorse di chi contribuisce non sono del contribuente che le ha prodotte. Vengono maneggiate dai burocrati per – dicono – pagare le pensioni di chi non lavora più. Non sempre però, possono essere usate per altro. Come in passato, quando erano impiegate in molte altre iniziative di welfare, come la cassa integrazione, e le varie forme di assistenza.

Non regge soprattutto se la crescita è lenta e l’occupazione scarsa. Ma ai burocrati piace. Non è difficile capire il perché.

Meglio capitalizzare i contributi dei lavoratori potrebbero essere invece accantonati e investiti immediatamente nel mercato dei capitali o in forme simili, per essere poi riconsegnati ai medesimi contribuenti quando si ritireranno in pensione.

Il sistema è più solido e stabile, ciascuno lavora nell’ottica di risparmiare e investire per il proprio futuro, non per quello degli altri.

Ma, c’è un ma. I burocrati perdono così, potere e diminuisce l’importanza ideologica della pensione uguale per tutti.

Non si vuole affrontare il problema. I burocrati hanno paura di perdere il potere, e i politici inseguono parole vuote quali equità, giustizia, ecc. inventandosi pozioni magiche (come la quota 100). Così il vero problema resta irrisolto: chi paga? Chi gestisce le risorse del contribuente? Così si accumulano debiti e prima o poi la baracca crolla.

Il governo ha l’occasione di completare la rivoluzione del sistema, rendendolo del tutto trasparente, e togliere potere ai burocrati: abbandonare le ripartizioni, e affidarsi del tutto alla capitalizzazione.

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