Dalla Francia al Cile, da Hong Kong alla Spagna, dal Libano all’Iraq, all’Egitto, all’Algeria, al Sudan, all’Ecuador fino all’Etiopia, il 2019 è stato segnato da movimenti e proteste, da migliaia di persone scese in piazza per reclamare l’indipendenza, per lottare contro la disoccupazione e il carovita, per affermare i loro diritti democratici e di libertà.
L’Italia, in questi anni, è stata parzialmente estranea a vaste mobilitazioni. Bisogna tornare indietro, al 2011, al movimento dei Forconi, per ritrovare esperienze simili. I Cinquestelle e la Lega hanno saputo, in buona parte, incanalare e assorbire la spinta protestataria. L’ultimo anno e mezzo, con i governi M5S-Lega e M5S-Pd, ha mutato il quadro. Per comprendere il movimento delle Sardine, il suo ruolo politico, le energie che sta liberando e i segmenti sociali che riattiva, è necessario collocare questa esperienza all’interno dell’evoluzione del quadro politico.
Il tratto che caratterizza lo scenario politico nostrano, negli ultimi anni, è stato l’affermarsi della bi-dimensionalizzazione dell’arena politica. Nella Prima e nella Seconda Repubblica l’agone politico si dispiegava lungo un unico asse orizzontale: destra-sinistra. Negli ultimi sei-sette anni si è passati a una forma bi-dimensionale: un asse orizzontale, immunitas-communitas e un asse verticale, popolo-élite. Un mutamento che ha generato la vittoria del Movimento 5 Stelle nel 2018 e, successivamente, l’affermarsi della Lega nelle europee 2019.
La divisione destra-sinistra, sia chiaro, non è sparita: è stata inglobata nella polarizzazione orizzontale immunitas-communitas che colloca, su un fronte, quanti aspirano a immunizzarsi dalle contraddizioni contemporanee e globaliste con la ricerca di tutele, di comunità chiuse e sicure, di difese verso tutto quanto può mutare gli status acquisiti, le pratiche sociali ed economiche; sul fronte opposto incontriamo quanti aspirano a una società aperta, a una riduzione delle diseguaglianze, a nuove forme di comunanza, a una politica fondata su solidarietà, cosmopolitismo e integrazione.
L’asse verticale popolo-élite ha unito le spinte anti-casta con quelle antieuropeiste, le pulsioni securitarie e anti-immigrati con quelle antipolitiche e di sfiducia nei vecchi partiti. Su questo asse si è sviluppato M5S, che ha saputo attrarre e mixare segmenti provenienti da storie differenti di centrosinistra, centrodestra e centro. L’esperienza di governo tra M5S e Lega ha indotto una prima trasformazione, con la transumanza sulla Lega di segmenti della base elettorale pentastellata alla ricerca di risposte securitarie e anti-immigrazione. L’indebolimento di M5S non ha, però, determinato un mutamento nel suo posizionamento politico, che è rimasto sull’asse popolo-élite.
La nascita del Conte bis ha prodotto, invece, una metamorfosi più profonda, incidendo non solo sul consenso elettorale, ma anche sul posizionamento politico di M5S. I Cinquestelle, dal rappresentare le pulsioni anticasta, antipolitiche e partecipative, hanno iniziato a incarnare una proposta politico-governativa di matrice civico-liberale, con elementi ambientalisti (marcati da insistenti no alle grandi opere) e con screziature da new deal iper-statalista. Il partito ispirato da Grillo, ma incarnato dal duo Conte–Di Maio, si è, de facto, spostato dall’asse popolo-élite a una collocazione maggiormente centrista (Conte, ad esempio, ha perso parte della fiducia dei ceti popolari per conquistare quella del ceto medio-alto). Un ricollocamento che ha appannato la spinta al cambiamento e la capacità pentastellata di rappresentare il canale per esprimere il disagio e la rabbia verso la partitocrazia e la classe dirigente.
Il riposizionamento di M5S ha generato un triplo mutamento nel quadro politico. Anzitutto ha accresciuto la radicalizzazione dello scontro politico lungo l’asse immunitas-communitas, con il definirsi netto di due fronti politici contrapposti: uno pro e l’altro contro Salvini; in secondo luogo la nascita del governo M5S-Pd e la polarizzazione dello scontro hanno riaperto, sull’asse immunitas-communitas, spazi politici per proposte moderate, con tratti di innovazione modernista, per quanti, a centrosinistra, non si riconoscono più nel Pd (Renzi e Calenda) e, a centrodestra, non si riconoscono nelle posizioni leghiste (Toti e il rafforzamento centrista di Fdi); infine, lo slittamento centrista di M5S ha riaperto spazi politici sull’asse popolo-élite, per movimenti bottom up di matrice anti-salviniana (la parte di elettori che su questo asse hanno posizioni anti-immigrazione e anti-Ue vota già per la Lega, mentre quella anticasta è, invece, scivolata nell’astensione).
Le Sardine emergono in questo quadro e per comprendere la loro portata occorre analizzare i sentimenti che suscitano; verificare le decodifiche che ne fanno le persone; approfondire gli elementi politico-programmatici che attirano; nonché quantificare le tipologie di elettori che riportano al voto. Per analizzare i vari aspetti, Swg ha realizzato, a dicembre 2019, una ricerca su un campione di mille cittadini.
I sentimenti intorno alle sardine
I primi elementi interessanti sono legati ai sentiment che suscitano le Sardine: simpatia nel 32% degli italiani; indifferenza nel 41% e, infine, antipatia nel 17%. Le pulsioni sono polarizzate politicamente. Tra gli elettori del Pd la simpatia vola all’84%; tra i leghisti si ferma al 7%, mentre tra i pentastellati si attesta al 47%. Il nuovo movimento piace, senza particolare enfasi, ai giovani (18-24 anni) della Generazione Z (37%), mentre attira maggiormente la simpatia dei baby boomers (i nati fra il 1946 e il 1964) e degli appartenenti al ceto medio.
Nei ceti popolari e più poveri la simpatia, invece, scende al 5%. Le persone che si identificano con la proposta politico-mobilitante delle Sardine sono, complessivamente, il 25%. Un’adesione che vola al 72% tra gli elettori Pd, rallenta al 39% tra i Cinquestelle e scende al 20% tra gli elettori indecisi e non collocati. Il giudizio sul movimento Per il 38% degli italiani le Sardine sono “bravi ragazzi che si battono ancora per qualcosa”, mentre la maggioranza relativa del Paese (il 45%) non condivide questo giudizio. Anche la spontaneità del movimento alimenta valutazioni contrapposte: il 41% sottolinea la dimensione indipendente, mentre il 36% ritiene le Sardine eterodirette dai partiti di centrosinistra (il 23% non sa).
Fautori dell’eterodirezione sono gli elettori leghisti (78%), mentre quelli del Pd sottolineano l’indipendenza e la spontaneità. I pentastellati sono più incerti: il 49% è pro-spontaneità, mentre il 24% è per l’eterodirezione. La collocazione politica delle Sardine, invece, trova una maggiore convergenza di giudizi: per il 60% è espressione della sinistra o vicino al Pd; per il 5% è apartitico, per un altro 6% è vicino a M5S (il 29% non sa).
La capacità mobilitante del movimento ruota intorno al 20% degli italiani (la quota di quanti si dicono interessati a partecipare alle manifestazioni delle Sardine), con una maggiore propensione tra le fila Pd (58%), una dimensione più fredda tra i grillini (32%) e una posizione di distacco tra gli elettori indecisi e non collocati (11%). Netta e su tutti i fronti è la contrarietà a trasformare le Sardine in un partito. L’idea è condivisa solo dal 12% dell’elettorato, ma sale al 24% tra gli elettori M5S. Vicini e lontani alla proposta delle sardine Se i Cinquestelle agli esordi hanno incanalato una forte spinta antipolitica, le Sardine rappresentano il bisogno di una politica con la P maiuscola (piace al 67% degli italiani, con punte del 95% tra le fila del Pd).
Altri aspetti delle Sardine che suscitano buoni livelli di accordo sono: lo spirito non violento (convince il 43%) e il no a una politica che semina paura e divisione (43%). L’antipopulismo, invece, convince una quota inferiore di persone (il 39%), così come l’antisalvinismo piace al 37%. Per entrambi i temi, l’accoglienza è plebiscitaria tra le fila Pd, mentre tra i Cinquestelle piace l’antisalvinismo (61%), ma molto meno l’anti-populismo (44%).
Risvegli
Qual è l’effetto del movimento delle Sardine sul piano politico? Per il momento è troppo presto per avere certezze. Non a caso nell’opinione pubblica regna la confusione: per il 30% le Sardine non aiutano alcun partito; per il 19% facilitano il Pd; per il 6% danno una mano a M5S; per il 2% aiutano Renzi. Il resto non sa. Su un fatto, però, la maggioranza degli italiani (il 59%) sembra avere le idee chiare: questo movimento non fa perdere voti a Salvini.
Nonostante sia presto per trarre giudizi, è possibile verificare su quali basi elettorali le Sardine hanno un effetto risveglio (di stimolo al voto). Per fare questo si può utilizzare un semplice indice, in scala 1-100, di spinta al voto (ottenuto confrontando l’intenzione media di votare per un partito con quella che emerge da quanti si sentono molto stimolati dalle Sardine).
Applicando questo metro di misura (che, sia chiaro, non definisce in alcun modo delle percentuali di aumento dei voti), scopriamo che l’indicatore di risveglio è presente maggiormente nell’elettorato di Pd (indice a +59), Renzi (+39), Verdi (+29), Calenda (+10) e, a centrodestra, in Fratelli d’Italia (+15), mentre non ci sono effetti nella base di M5s, Lega e Forza Italia. Se osserviamo le generazioni e le classi sociali, individuiamo che il neo-movimento risveglia al voto baby boomers (indice +6), uomini (+8), anziani (+44), residenti nelle regioni storicamente rosse (+24) e ceto medio (+11), mentre non incrementa la spinta al voto di donne, giovani, quarantenni e di quanti vivono al nord e al sud.
Tirando le fila
I dati Swg consentono alcune iniziali valutazioni. Primo: il principale effetto delle Sardine è quello di rivitalizzare il blocco elettorale di centrosinistra, portando linfa a un universo stanco e deluso. Secondo: il movimento manda un segnale di vitalità agli anziani e agli adulti che ne traggono stimolo per rimettersi in moto, mentre ha effetti minori su millennials, generazione Z e astensionisti. Terzo: il movimento accentua lo scontro sull’asse immunitas-communitas, polarizzandolo tra due fronti, uno pro-Salvini e uno contro (che vale tra il 35% e il 40% dell’elettorato).
Quarta valutazione: le Sardine emergono in quella parte dell’immaginario politico lasciato libero da M5S (il 21% degli elettori M5S li paragona agli inizi dell’esperienza grillina) e potrebbero drenare una parte dei voti ai Cinquestelle ancorati all’identità anti-élite e delusi dalla parabola centrista del loro movimento. Le Sardine, infine, mostrano l’esistenza di una tensione e di una volontà propulsiva verso una nuova proposta politica.
Come ci ricorda Pierre Rosanvallon, “la storia delle democrazie reali non può essere dissociata da una tensione e una contestazione permanente” e il neo-movimento potrebbe rappresentare, se durerà, un free space elaborativo, per la prefigurazione di nuove proposte politiche, ancora indistinte e nebulose, nel polo della società aperta, della comunanza e della giustizia sociale.