La notizia è sui giornali di tutto il mondo. Su ordine di Donald Trump, come conferma il Pentagono, è stato assassinato Quassem Soleimani, un feroce criminale al soldo dell’Iran. Nessuno può essere triste per la morte di un tale spregevole personaggio. Ma il punto non è se meritasse o meno di morire, bensì se era lecito farlo in questo modo.
A parte la modalità, anch’essa spregevole, di far commettere un omicidio su commissione – perché di questo si tratta – è incredibile che 1) la scelta sia stata presa da Trump in totale autonomia, tanto che la Speaker della camera, Nancy Pelosi, ha subito chiesto che il Congresso sia informato per la gravità del fatto, 2) che non ci sia stata una condivisione con le altre forze occidentali, tanto che tutte le cancellerie dei paesi occidentali sono in allerta 3) che non ci sia stata una riflessione sulle conseguenze di questo atto di guerra.
L’idea che ammazzare un dittatore o un criminale possa risolvere i problemi, è un atteggiamento – pare – assai diffuso in una certa classe politica statunitense (e non solo). Così è stato per Saddam Hussein, poi per Gheddafi. Le loro morti non hanno prodotto né pace o stabilità, né libertà o democrazia. Anzi. Proprio la guerra in Iraq ha prodotto il marasma infernale che va avanti da decenni, ormai. Un’intera area del mondo è stata destabilizzata creando conflitti, atrocità indicibili e guerre senza tregua. La situazione in Libia, malgrado le modalità differenti, lo si vede, è abbastanza simile negli effetti: instabilità, caos, anarchia, violenza.
Le scelte di Bush prima e Trump hanno minato per la pace. Affermare questo, significa forse simpatizzare con quei regimi criminali? Significa difenderli? Significa, forse, implicitamente accettarne l’esistenza per una sorta di salvaguardia di “un bene superiore”? No, assolutamente no. Sono tutte stupidaggini. Significa, semplicemente, chiedere che chi ricopre incarichi così importanti, e che ha, letteralmente, tra le mani le sorti di centinaia di milioni di persone innocenti ragioni prima di agire. Cosa che evidentemente appare complessa per una ampia parte della classe dirigente della più grande potenza economica e militare del mondo.
Nella testa ho l’immagine dell’Idra: se tagli una testa, ne spuntano altre. Un ciclo senza fine di sangue, odio, rabbia e violenza. La morte del criminale Soleimani cosa dovrebbe produrre esattamente? Che un nome tra i tanti nemici degli USA e dell’occidente è stato finalmente depennato dalla lista? Che ora sarà possibile creare una pace più duratura? Che l’Iran abbaierà senza mordere? Che gli USA hanno dato una prova di forza? Che le vittime innocenti di quell’assassino ora hanno giustizia? Che quelle popolazioni ci ringrazieranno per aver dato loro un’ulteriore scossa al già fragile equilibrio istituzionale, politico e militare dell’area?
No, perdonatemi. Ma non mi convincerete che sia stata una mossa intelligente, né utile, né strategica. Non la era la guerra contro Saddam, non la questa mossa sciagurata. Se vorranno cogliere il pretesto gentilmente concesso su un piatto d’argento dal Presidente Trump, si scatenerà una rappresaglia. Attentati, guerra, violenza, sangue: morti! E ditemi, chi ne pagherà le conseguenze? Ieri, come oggi, i soliti poveracci. Gente innocente che da decenni viene macellata da criminali come quel Soleimani, dalle bombe e dai razzi (mai intelligenti) degli USA o di altre forze alleate, dalla povertà, dalle malattie e dalla fame.
Di grazia, qualcuno mi venga a dire cosa ha prodotto di positivo, per quelle popolazioni, la strategia militare dell’occidente in quell’area. Milioni di morti dopo la caduta di Saddam. Di cosa dovrebbero ringraziarci? Di aver ampliato la gamma di modi in cui morire? Ed oggi, di cosa dovrebbero ringraziare Trump e gli USA? Di aver, come ha affermato Joe Biden, secondo quanto riporta Repubblica, ossia di “aver lanciato un candelotto di dinamite in una polveriera”?
Questa notizia, a pochi giorni dall’inizio del 2020, è pessima, spaventosa. Speravamo che il ventennio degli anni 2000 iniziasse in modo diverso dal ventennio del secolo scorso. Il mondo ora è col fiato sospeso, perché non sappiamo veramente la portata di questa scelta unilaterale, arbitraria e aggiungo folle . Di catastrofi che iniziano con l’uccisione di un singolo individuo ne abbiamo viste diverse. La storia, anche non troppo lontana, ce lo testimonia. C’è da sperare che questa volta prevalga un’altra logica, ma c’è da esser poco ottimisti. Per ora, attendiamo gli sviluppi: in medio-oriente e negli USA, rispetto alle scelte di Trump.