Molti elettori tradizionalmente di centrodestra sanno che la regione Emilia- Romagna, al netto di inevitabili errori, è stata ben governata negli ultimi cinque anni. Stefano Bonaccini è stato un buon amministratore: non basta la presenza di Matteo Salvini con un tortellino in bocca o di Giorgia Meloni a Bibbiano per cambiare dati e realtà. Una regione che è arrivata a contribuire all’11% del PIL nazionale con il 7% della popolazione. Una disoccupazione al 5,8%, in calo rispetto al 9% di 5 anni fa; 2 milioni di occupati, più 100mila rispetto al 2014; il valore aggiunto della regione – ovvero la qualità di ciò che si produce nel campo dell’innovazione tecnologica ma anche della creatività – è cresciuto del 5,5%, più della media nazionale (+4,5%). Una regione che esporta e afferma il Made in Italy nel mondo. Un modello di buon governo che noi italiani del resto d’Italia ammiriamo.
Eppure c’è ancora un’ampia fetta di indecisi, incerti tra il sostegno a Bonaccini e il voto a favore di un candidato, Lucia Borgonzoni, una figura oggettivamente debole in termini di esperienza amministrativa, la cui visione non è chiarissima e la cui presenza in campagna elettorale è stata pressoché oscurata dalle scorribande mediatiche del suo leader Salvini.
Cosa può indurre tanti pragmatici cittadini emiliano-romagnoli alla tentazione di votare per un candidato di centrodestra che sembra prefigurare più un “modello Raggi” che un “modello lombardo” nella gestione della loro Regione? Semplice, quella certa asfissia provocata dalla immanenza pluridecennale della sinistra al potere in Emilia Romagna.
La verità – dunque – è che a Bonaccini non si contesta molto della sua performance amministrativa, ma di avere dietro di sé, tra le sue fila, quell’apparato che nel bene e nel male ha guidato la regione Emilia Romagna per 50 anni, quel potere “rosso” immanente, una casa che ad alcuni appare con le finestre chiuse.
Ma sono Borgonzoni e Salvini la soluzione? Noi di Più Europa crediamo di no e abbiamo dunque scelto di esserci – con la nostra lista e i nostri candidati – per affiancare alla candidatura di Bonaccini una lista estranea allo status quo e offrire un “più” al governo di Bonaccini. Vogliamo cambiare le istituzioni vivendole, non distruggendole. Vogliamo aprire porte e finestre delle stanze dei bottoni, immettendo aria fresca, cioè trasparenza, diritti dei cittadini, libertà individuale ed economica. Un esempio: i nostri rappresentanti in consiglio regionale si batteranno per la messa a gara dei servizi pubblici locali, con regole che assicurino concorrenza, investimenti, qualità per utenti e cittadini.
Anche le politiche di bilancio regionali devono essere improntate al rispetto delle generazioni future, confermando per i prossimi esercizi il rispetto dei vincoli di pareggio di bilancio e la riduzione del debito.
Gli investimenti pubblici vanno ispirati a rigorosi criteri di produttività e sostenibilità economica e vanno ulteriormente contenute le spese correnti. I risparmi devono essere restituiti ai cittadini e alle imprese attraverso la riduzione dell’IRAP e dell’addizionale IRPEF.
C’è bisogno per l’Emilia Romagna di maggiori libertà e competenze in un’Italia e in un’Europa unite e fortemente solidali, e di una maggiore autonomia impositiva in modo che i cittadini possano finanziare direttamente le istituzioni che erogano loro i servizi.
Può questo programma di politiche liberali, responsabili e riformatrici, essere realizzato dalla Lega di Quota 100, dalla Lega dei No euro? Non può. Può trovare terreno fertile con la giunta Bonaccini? Riteniamo di sì, pur consapevoli che dovremo batterci centimetro dopo centimetro.
Abbiamo accettato l’alleanza con la coalizione di Bonaccini perché non è stata allargata ai populisti del M5S, con cui noi di Più Europa non ci alleiamo a nessun livello, né nazionale, né locale.
Abbiamo scelto di esserci con questo spirito. Facciamo appello a chi in passato votava per un centrodestra a trazione liberale: il voto più utile in Emilia Romagna, oggi, è quello per Più Europa.