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Così la moneta elettronica cinese scorrerà lungo la Via della Seta

Di Rosa Giovanna Barresi

Presso la Banca centrale cinese è allo studio una nuova valuta elettronica. Si tratta di un serio tentativo di ridimensionare il ruolo del dollaro Usa nei pagamenti internazionali. In effetti, il mondo delle valute segue i cambiamenti dell’economia mondiale, ma lo fa con estrema riluttanza. Intorno al 1855 gli Stati Uniti erano già la maggiore economia mondiale, ma dopo sessant’anni più dell’87% delle riserve valutarie era ancora impiegato in lire sterline. Nel 2015, la valuta nazionale cinese (il renminbi) è entrata a far parte del paniere di valute del fondo monetario internazionale, ma con un peso del 10.92%, di poco superiore a quello della lira sterlina (8.33%). Dal punto vista dei cinesi, la dimensione della loro economia non si riflette nel ruolo del renminbi nei pagamenti internazionali, e tutti i tentativi per incoraggiarne l’uso non hanno portato finora a risultati apprezzabili.Nel 2018, solo il 14% degli scambi lungo la Via della Seta (Belt and Road Initiative, Bri) è stato pagato in renminbi: le nazioni partecipanti preferiscono utilizzare la moneta Usa anche in progetti interamente finanziati dai cinesi.

Inoltre, i controlli all’esportazione di capitali ancora presenti nell’economia cinese fanno percepire lo sviluppo di Libra e delle altre stable-coin come un pericolo per la sovranità nazionale. In effetti, quasi tutte le banche centrali condividono l’atteggiamento cinese verso queste valute decentralizzate, che sono progettate per essere gestite da aziende private, senza alcun collegamento ad una economia nazionale. Secondo le intenzioni della Banca centrale cinese, la nuova valuta elettronica (e-renminbi) servirà a facilitare i pagamenti internazionali e dovrebbe diventare la valuta preferenziale per il commercio con l’estero. Il nome (Digital Coin/Electronic Payment, Dc/Bp) ed alcuni annunci informali potrebbero aver indotto ad un equivoco sugli obiettivi dell’iniziativa, ma esistono due argomenti che confermano questa valutazione.

Quasi tutti gli studi relativi a valute digitali emesse da una banca centrale (le cosiddette Cbdc) prevedono la loro applicazione ai pagamenti internazionali. L’unica eccezione conosciuta è la banca nazionale di Svezia che ha affidato ad Accenture lo sviluppo di una moneta elettronica orientata alla cittadinanza. La popolazione cinese usa da tempo sistemi di pagamento elettronico come Wechat Pay o Alipay e non avverte il bisogno di una moneta elettronica. Nelle grandi città l’utilizzazione di questi sistemi basati su smartphone raggiunge il 92%, sebbene nelle aree rurali tale quota si abbassi al 47%.

Inoltre, lo scorso novembre, la Pboc (People’s Bank of China) ha annunciato che la nuova valuta verrà sperimentata in due province (Hebei e Zhejiang) ed nella città di Shenzhen. Durante i prossimi due anni sarà vietato l’uso del contante per pagamenti al di sopra di una certa soglia, che potranno essere eseguiti solo con la nuova valuta. L’obiettivo della sperimentazione è indicato chiaramente da questi importi minimi, che variano da 15 mila a 75 mila dollari, in base all’area geografica ed alla natura del pagatore (pubblico o privato).

Dalle notizie diffuse dall’agenzia ufficiale di notizie Xinhua e da un’analisi di alcune pubblicazioni accademiche è possibile riassumere le caratteristiche della nuova valuta elettronica. La nuova valuta (e-renminbi) si configura come una passività della banca centrale e, analogamente alla moneta cartacea, non genera alcun interesse. Come ha dichiarato il precedente direttore della Pboc: “questo motiverà le banche commerciali a vendere servizi alla clientela invece che ad arricchirsi con gli interessi pagati dalla nostra banca”. Infatti, la banca centrale emetterà la nuova valuta a favore delle banche commerciali, che la faranno circolare prestandola ai loro clienti. In base alle dichiarazioni della Pboc, ad ogni emissione di moneta elettronica, un importo equivalente di moneta cartacea verrà ritirato dalla circolazione. Inoltre, in corrispondenza ad ogni prelievo di e-renminbi da parte di una banca commerciale, questa dovrà depositare lo stesso importo presso la banca centrale come riserva obbligatoria (infruttifera).

La banca centrale gestisce l’anagrafe degli utilizzatori di e-renminbi (il centro di autenticazione), assicurando loro una “anonimità controllata”. Le loro identità saranno conosciute solo dalla banca centrale, al contrario di quanto accade per i correntisti di una banca commerciale. Il resto del sistema bancario conoscerà gli utilizzatori solo attraverso la loro chiave digitale pubblica (il cosiddetto “indirizzo”). Inoltre, attraverso tecniche particolari, la banca centrale potrà rendere impossibile rintracciare un pagamento, cioè risalire all’origine dell’importo utilizzato per tale operazione.

Come dichiarato in sede di progetto, il centro di autenticazione “non garantisce un legame forte tra un indirizzo e l’identità del suo utilizzatore”. La dichiarazione prosegue affermando che l’anonimità controllata “facilita la diffusione della moneta elettronica in ambito internazionale”. Molto probabilmente, il centro di autenticazione avrà una struttura molto simile a quello utilizzato dalla Banca di Francia per la gestione dei codici creditore nell’ambito dello schema di addebito diretto (Sdd) dell’area unica dei pagamenti in euro (Sepa). All’interno del sistema, tutti gli importi sono rappresentati some risultato di una transazione: si tratta dell’approccio Utxo (unspent transaction output, importo restante dopo una transazione).

Ciascuna di queste unità elementari di credito contiene (in forma cifrata) un identificatore unico, l’ammontare dell’importo, e le identità digitali degli utilizzatori che lo hanno originato. La posizione di un utilizzatore è rappresentato da un insieme di queste unità elementari, ed il suo saldo è la somma dei loro singoli importi. La banca centrale gestisce il ciclo di vita di queste registrazioni mediante una rete di centri di registrazione. Molto probabilmente, sebbene si tratti di una rete, non si tratta di un sistema a controllo distribuito, come descritto in una delle pubblicazioni: “Non è necessario introdurre meccanismi decentralizzati in quanto l’autorità della banca centrale è senza dubbio superiore a quella delle banche commerciali e delle altre organizzazioni finanziarie”.

Per eseguire un pagamento, il sistema preleva dal pagatore tante unità di credito quante ne servono per coprire la spesa e provvede ad invalidarle. Successivamente, viene creata una nuova unità intestata al beneficiario per accreditargli l’importo del pagamento. Un’altra unità di credito (che rimane intestata al pagatore) viene creata per registrare l’eventuale resto dell’operazione. Chiaramente, i centri di registrazione dovranno gestire numerose richieste di verifica per tutte queste unità di credito, e probabilmente dovranno contenere delle copie parziali del registro centralizzato.

Attualmente, un pagamento internazionale richiede almeno un conto corrente presso una banca commerciale cinese. L’importo da pagare viene veicolato attraverso una rete mediante movimentazione dei conti correnti di corrispondenza (i rapporti nostro/vostro). Secondo uno studio di McKinsey, la gestione della liquidità associata a questi rapporti assorbe da sola il 30% del costo di un pagamento internazionale. Decisamente si tratta di un modo abbastanza complicato di spostare denaro, anche prescindendo dai controlli valutari. Una transazione in e-renminbi non necessita di rapporti bancari, non incorre in alcun controllo valutario, i suoi partecipanti possono risiedere praticamente ovunque, e, ancora più importante, i loro dati personali sono protetti dal regime di “anonimità controllata”. In definitiva, per effettuare un pagamento basterà conoscere l’indirizzo del beneficiario.

Per effettuare un pagamento, gli utilizzatori di e-renminbi utilizzano il loro e-wallet (portafoglio elettronico). Nella sua forma più semplice, un e-wallet contiene le identità digitali del suo utilizzatore e serve a comprovare la sua identità alle banche commerciali: si tratta della stessa tecnologia utilizzata da sistemi di pagamento come ApplePay (Near- Field Communication). Il progetto e-renminbi rivela l’intenzione cinese di iniziare a pagare le importazioni di beni e servizi con la nuova valuta digitale, in modo da incoraggiarne l’utilizzazione per i pagamenti internazionali, pur mantenendo le attuali limitazioni alla convertibilità. Un altro effetto positivo sarebbe la riduzione della liquidità impegnata dai rapporti nostro/vostro. Ma al governo cinese potrebbe interessare anche la possibilità di controllare una larga massa monetaria (ed i suoi utilizzatori) al di fuori dei propri confini.

Probabilmente molte banche centrali troverebbero interessante una prospettiva del genere. D’altronde, il ruolo del dollaro nei pagamenti internazionali ed il disavanzo della loro bilancia commerciale, hanno assicurato agli Stati Uniti il controllo su gran parte dell’economia mondiale. Non a caso, nelle scorse settimane si sono verificati degli avvenimenti che sono interpretabili come conferme indirette di quanto descritto.

La scorsa settimana, cinque banche centrali (Gran Bretagna, Canada, Banca Centrale Europea, Svezia e Giappone) insieme alla Banca dei pagamenti internazionali hanno dato vita ad un consorzio con lo scopo di scambiarsi esperienze sui rispettivi progetti di valuta elettronica. Chiaramente si tratta di una valuta orientata ai pagamenti internazionali: non a caso lo scorso dicembre il direttore della banca centrale del Giappone aveva dichiarato di non ritenere utile lo sviluppo moneta elettronica per i pagamenti retail. Più o meno contemporaneamente, il gruppo Vodafone ha rinunciato a partecipare al consorzio Libra: una decisione probabilmente dovuta alla scelta strategica di impegnarsi direttamente al mercato del money-transfer tramite la consociata M-Pesa.

Pochi giorni fa, la banca centrale dell’Australia ha pubblicato una proposta estremamente favorevole alle stable-coin: alcuni osservatori ritengono che questo possa preludere a trattative per l’incorporazione in Australia del consorzio Libra. Infine, la banca centrale della Thailandia ha confermato di proseguire nella realizzazione di una valuta elettronica nazionale. Lo scorso dicembre si è concluso con successo il progetto Inthanon-LionRock. Ed è stato costruito per la prima volta un corridoio bancario tra due blockchain nazionali, una che collega otto banche thailandesi e l’altra che ne comprende altre due di Hong Kong. E’ stata verificata la possibilità di eseguire pagamenti internazionali anche in valuta estera. Parafrasando il generale von Clausevitz, anche l’economia potrebbe essere la continuazione della politica con l’aggiunta di altri mezzi.


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