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Air Italy, il convento è ricco ma i monaci sono poveri. L’analisi di Pennisi

Il paradosso dell’aviazione civile italiana è che il convento è ricco ma i monaci paiono essere poveri (anche se non è certo che lo siano tutti). Questa osservazione viene spontanea riflettendo sulle ultime cronache economiche e giudiziarie del comparto. Il convento è ricco a ragione della rapida espansione del mercato: negli ultimi dieci anni il mercato italiano dell’aviazione civile è cresciuto da 57mila a 170mila passeggeri. È un mercato che fa gola a compagnie aeree di tutto il mondo, anche in quanto la cosiddetta “compagnia di bandiera” non trasporta in Italia che 20-25mila passeggeri l’anno.

Eppure i due principali vettori italiani sembrano essere in miseria: Alitalia è in vendita da più di un anno e mezzo, sorretta da prestiti dello Stato che sembrano aiuti veri e propri perché non se ne prevede il rimborso; Air Italy ha dichiarato che viene messa in liquidazione dai suoi azionisti.

Il governo ha mostrato sorpresa anzi sbigottimento alla dichiarazione di messa in liquidazione di Air Italy: ove non fosse stato informato dal management della compagnia, sembra strano che al ministero non si sia data uno scorsa ai bilanci ed al loro profondo rosso. Per quanto attiene Alitalia, i tentativi di trovare un potenziale acquirente non verranno facilitati dalla decisione della Procura di Civitavecchia di aprire una procedura contro una ventina dei suoi azionisti e manager per false comunicazioni sociali, falso in bilancio, bancarotta fraudolenta ed altri reati. Ci auguriamo che tutto venga chiarito e che le indagini smentiscano pure le voci su assunzioni clientelari, stipendi da favola (per alcuni), commesse ad aziende dei soci (senza gara) ed altro. Insomma, non tutti i monaci sarebbero poveri; alcuni avrebbe contribuito (anche a spese della collettività) al dissesto dell’impresa di cui erano responsabili.

È utile ricordare che all’annuncio della liquidazione di Air Italy, c’è chi dalle parti di Porta Pia ha suggerito un’alleanza o un’unione civile con Alitalia. Suggerimento quanto meno singolare perché metterebbe insieme due aziende in dissesto con perdite di oltre 800 milioni di euro l’anno.

I problemi di Alitalia vengono da lontano e riguardano errori strategici, gestione discutibile e convinzione di essere comunque al riparo dal mercato grazie ad ingenti aiuti di Stato. Sono stati più volte trattati su questa testata.

Più recenti quelli di Air Italy, nata dal fallimento di Meridiana, specializzata nei collegamenti con la Sardegna. Un esperto del settore come Andrea Giuricin ricorda un piano ambizioso che puntava sul lungo raggio presentato solo due anni fa, con la promessa di fare arrivare 50 nuovi aerei, di cui 30 Boeing Dreamliner 787 . Il piano non è mai decollato e al contrario di quanto prospettato il numero di passeggeri è caduto, così come il fatturato, mentre le perdite crescevano da poco più di 50 milioni a circa 200 milioni di euro l’anno.

La forte concorrenza delle low cost sugli scali di Milano, dove il vettore aveva intenzione di creare una rete di feederaggio, non ha permesso la crescita di questo segmento, che ha comportato continuamente perdite. Al tempo stesso nel lungo raggio la compagnia si è andata scontrare con i grandi colossi globali e le loro reti di vendita.

“Pensare di fare il lungo raggio con una strategia stand alone – sottolinea Giuricin – è stato abbastanza suicida, anche perché le altre compagnie, molto più grandi, avevano tutte le armi per potere resistere a prezzi molto bassi. Errori operativi sono stati fatti anche nel lancio di nuove rotte, repentinamente chiuse. Nel trasporto aereo si dice che ‘si costruisce una rotta’ a lungo raggio e per fare questo ci vuole pazienza e anni. Air Italy ha finito in fretta i soldi e la pazienza e anche per questo motivo non ha avuto costanza nel mantenere rotte a lungo raggio”.

Quindi un vero e proprio catalogo di sbagli. Dove era la politica in questi ultimi anni? Toninelli e De Micheli non ne sapevano nulla?

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