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Povertà e reddito di cittadinanza. Pennisi spiega cosa manca in Italia

Da tempo sostengo la necessità della separazione tra previdenza (finanziata dai contributi dei lavoratori e loro datori di lavoro) ed assistenza (finanziata dalla fiscalità generale). Ciò è tanto più necessario in un sistema contributivo (pur se a ripartizione) in cui gli assegni previdenziali sono funzione del montante accumulato durante gli anni di lavoro. L’Inps deve essere una vera ed efficiente “fabbrica delle pensioni” e null’altro.

In effetti, in quasi tutto il resto del mondo, la separazione è non solo contabile ma pure istituzionale dato che la previdenza richiede un ente centralizzato per incassare contributi e versare prestazioni, mentre l’assistenza, in base al principio di sussidiarietà, deve essere il più vicino possibile ai poveri ed agli indigenti sia per individuarli sulla base di conoscenza diretta (non di autodichiarazioni come quelle inventate per il “reddito di cittadinanza”) sia per definire i servizi di cui ciascun povero/a ha necessità. L’invecchiamento della popolazione “povera” rende questo problema più acuto perché il povero anziano ha esigenza soprattutto di essere accompagnato ai luoghi di cura medica, a fare la spesa essenziale e via discorrendo.

Pare, quindi, poco valida la recente creazione, all’interno dell’Inps, di una direzione generale “Povertà” che in effetti gestisce essenzialmente quel “reddito di cittadinanza” discusso e discutibile ed a proposito del quale quasi ogni giorno la stampa quotidiana riferisce di nuovi scandali scoperti dalle procure. A mio avviso, le risorse destinate al “reddito di cittadinanza” (con il suo folkoristico contorno di navigator e quant’altro) inciderebbero molto meglio sulla lotta alla povertà se un piccolo ente distinto dall’Inps e vigilato dai ministeri dell’Economia e delle Finanze, del Lavoro e dell’Interno, le incanalasse verso i servizi sociali dei comuni (l’istituzione più prossima a dove si avverte il bisogno) sulla base di attente analisi e ne vigilasse l’uso. Si possono prendere a modello vari “fondi” esistenti.

Ciò non solo eliminerebbe l’attuale confusione tra assistenza e previdenza ma renderebbe il nostro sistema istituzionale simile a quello degli altri Paesi industrializzati ad economia di mercato ed allineerebbe agli altri anche le nostre statistiche.

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