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Maratona Dem, perché Biden e Warren non possono più fare passi falsi

Dopo Iowa e New Hampshire, gli aspiranti alla nomination democratica, che a un certo punto erano 25 e forse più, si sono ridotti otto, con il ritiro di Deval Patrick, ex governatore del Massachusetts, che ha seguito quelli dell’imprenditore Andrew Yang e del senatore Michael Bennet.

Patrick era l’ultimo aspirante alla nomination nero e, con l’abbandono suo e di Yang, non vi sono più in lizza esponenti di minoranze. Gli otto che restano sono tutti bianchi, cinque uomini e tre donne, due miliardari e una manciata di milionari. Due certezze sono quindi state acquisite: il presidente degli Stati Uniti dal 2021 al 2025 sarà un bianco ricco, che il 3 novembre vinca Donald Trump o un suo rivale.

In campo repubblicano, Trump è praticamente senza avversari: i suoi sfidanti Bill Weld e Joe Walsh sono comparse; e Walsh si ritira, scrivendo di non riconoscersi più in un partito totalmente “convertitosi” al magnate presidente.

Cinque aspiranti alla nomination democratica hanno già delegati alla convention, che sarà dal 13 al 16 luglio, a Milwaukee, nel Wisconsin). Dei 3979 delegati in palio, solo 67 sono già stati assegnati – 41 più 26 –, meno del 2%: Pete Buttigieg ne ha 22, Bernie Sanders 21, Elizabeth Warren 8, Amy Klobuchar 7, Joe Biden 6, tre restano da attribuire. A secco, almeno finora, gli altri aspiranti alla nomination: la deputata Tulsi Gabbard, il miliardario Tom Steyer e l’altro miliardario Mike Bloomberg, che, però, sarà sulle schede solo a partire dal Super Martedì, il 3 marzo.

A fine mese, dopo i caucuses del Nevada, il 22, e le primarie della South Carolina, il 29, saranno stati assegnati 167 delegati, il 4%. Nel Super Martedì andranno al voto 14 Stati (Alabama, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont, Virginia), oltre alle Isole Samoa e alla constituency dei Democrats Abroad: saranno distribuiti in un giorno solo 1.344 delegati, oltre un terzo del totale.

Fino a giugno, il processo delle primarie toccherà tutti i 50 Stati dell’Unione, il Distretto di Columbia – dove sorge Washington – e cinque territori Usa, più i Democrats Abroad.

A completare il numero dei delegati alla convention, vi sono poi i Super-Delegati, scelti direttamente dal partito. Dopo le polemiche del 2016, quando furono un elemento chiave del successo di Hillary Clinton su Sanders, il loro peso è stato drasticamente ridotto quest’anno: entreranno in gioco solo se non vi sarà una maggioranza fra i delegati ‘eletti’, il che non avviene dal 1952.

Conti alla mano, tutto può ancora accadere: la corsa alla nomination democratica equivale a una maratona, non è roba da scattisti. Ma la politica non è semplice come l’aritmetica: i risultati d’un test magari modesto cambiano il ritmo della gara, come un gol o un canestro cambiano l’inerzia di una partita. Dopo Iowa e New Hampshire, Biden e la Warren non possono più fare passi falsi, Sanders e Buttigieg hanno il vento in poppa e la Klobuchar, che faceva tappezzeria, si scopre emergente. E c’è l’incognita dell’impatto che avrà Bloomberg.

(Leggi l’articolo su Usa2020)

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