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Crisi di governo? Non è solo colpa di Renzi. Parola di Paolo Franchi

Se consideriamo che in presenza di un crollo della produzione industriale noi siamo bloccati, non solo per responsabilità di Matteo Renzi, attorno ad un tema quasi eterno come la giustizia, abbiamo il quadro dell’Italia. È l’incartarsi della politica italiana.

Lo dice a Formiche.net l’editorialista del Corriere della Sera Paolo Franchi che, partendo dai nodi di economia e giustizia, traccia la rotta del Pd (“non capisco perché abbia votato il provvedimento di Bonafede”), premier (“è come quel signore dalle scarpe gialle che si trova sul palco, da un’idea di Renzi, con cui si trova in rotta di collisione) e possibile crisi di governo, con il Colle chiamato a continui “rattoppi” (si veda il concerto riparatore con l’ambasciatore cinese).

Al di là delle citofonate e della postura delle opposizioni, due elementi su tutti, ovvero i dati sull’economia e il dossier prescrizione, rappresentano due macigni sulla strada del governo?

Sì, di fatto lo sono. Difficile dire oggi cosa faranno i protagonisti, vagamente surreali, di questo scontro. Nessuno può escludere nulla, ma vi sono anche situazioni in cui tendenzialmente la maionese impazzisce e dopo, come è noto, non si riesce a recuperarla, arrivando perfino ad una crisi di governo. Ma se anche questo non avvenisse, i due dati di per sé sono enormi.

Con quali riverberi?

Se consideriamo che in presenza di un crollo della produzione industriale noi siamo bloccati, non solo per responsabilità di Renzi, attorno ad un tema quasi eterno come la giustizia, abbiamo il quadro dell’Italia. È l’incartarsi della politica italiana, che ci dà l’idea della pesantezza della situazione.

Sulla prescrizione come si può trovare un accordo viste le posizioni agli antipodi?

Una volta si sarebbe detto questioni di principio, ma oggi le posizioni sono divaricate tra Bonafede e Renzi perché esprimono due concezioni dello stato di diritto completamente diverse. E lo dico da critico del renzismo. La questione però riguarda anche il fatto che il ministro della Giustizia, che non ha letto nemmeno “I Miserabili”, dice che a parer suo non vi sono innocenti in galera. Esprime quindi una concezione del mondo, a cui io sono radicalmente avverso, in cui il garantismo è una parolaccia innescando il dibattito su cosa sia meglio: se un colpevole in libertà o un innocente in galera. Si tratta di cose non di pochissimo conto, su cui i compromessi sono molto difficili.

Venendo al Pd, come crede stia gestendo il rapporto con il M5S e l’agenda di governo, attesa da altri dossier tutt’altro che semplici?

La questione giustizia apre il ragionamento sulla natura dei rapporti tra Pd e Cinque Stelle in crisi. I dem, ammesso che coltivino pensieri lunghi come avrebbe detto Berlinguer, pensano davvero di coltivare quel rapporto facendo proprio il peggio del lascito di un movimento come quello del M5S? E oltre tutto al termine di una vicenda, come osservato ieri da Panebianco sul Corriere, che qualche novità l’ha portata. Quindi mi chiedo perché il Pd abbia votato il provvedimento di Bonafede. Mi sarei aspettato un minimo di ragionevolezza: ciò mi crea molto sconcerto e preoccupazione. Ci sono colossali questioni di merito sulle quali noi andiamo a sbattere nuovamente e, in attesa di cronoprogrammi, in presenza di un dato impressionante come quello della produzione industriale.

La posizione di Conte con i continui “rattoppi” di Mattarella, come il concerto riparatore con l’ambasciatore cinese, si è fatta difficile?

Conte interpreta il ruolo di Conte, reso particolarmente più complesso dal fatto che, al netto della rispettabile biografia, politicamente è come quel signore dalle scarpe gialle nell’avanspettacolo che continua ad attraversare la scena ma nessuno sa chi sia. Si trova sul palco del governo con una coalizione opposta da un’idea di Renzi, con cui si trova in rotta di collisione.

twitter@FDepalo

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