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Caro Dibba, è l’Iran a dire fake news. Anche sul coronavirus

Che cosa sta accadendo in Iran con il Coronavirus? Oggi Alessandro Di Battista sul Fatto Quotidiano scrive che il Paese mediorientale “a parte tutte le critiche fondate, è vittima di fake news” orchestrate, si capisce, dall’Occidente, in particolare degli Stati Uniti. Sembra invece che, come spesso capita agli Stati autoritari, la propaganda di regime stia cercando di mettere un freno alle notizie circa l’epidemia. Per questo sappiamo molto poco. E il tutto accade mentre Mahan Air, la compagnia aerea dei Pasdaran al centro di aspro confronto anche tra Italia e Stati Uniti negli ultimi mesi, continua a operare voli tra l’Iran e la Cina. Sappiamo con certezza però che l’Iran è il Paese più colpito nel Medio Oriente, secondo al mondo solo alla Cina.

Intanto è scontro, di nuovo, tra Teheran e Washington. Il presidente iraniano Hassan Rouhani ha parlato di un piano del nemico per diffondere il panico in Iran, mentre il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha espresso preoccupazione per la condotta del regime che potrebbe, ha spiegato, aver nascosto informazioni fondamentali sul Coronavirus.

Pare si stia aprendo uno squarcio nella cappa informativa del regime. Molti esponenti religiosi sciiti hanno invitato la popolazione a uscire di casa il meno possibile, a non usare mezzi di trasporto pubblici né a recarsi in luoghi pubblici, comprese le moschee, per la diffusione del virus: un appello lanciato, sottolinea l’ayatollah Yussef Sanei riportato dall’agenzia Irna, nel nome della Sharia, cioè la legge islamica, così come del buon senso.

Le cifre ufficiali del ministro della Salute di Teheran parlano di 95 infetti e di 16 morti, che rendono l’Iran secondo soltanto alla Cina. Non sappiamo quanti siano in quarantena ma l’agenzia di stampa semi-ufficiale Mehr parla di 320 persone. L’epicentro pare essere la città santa di Qom, meta del pellegrinaggio sciita le cui autorità stanno ignorando gli avvertimento del ministero della Sanità continuando a organizzare le preghiere.

Ma l’insabbiamento di Teheran ha prodotto vittime. Ahmad Amiriabadi Farahani, deputato proprio di Qom, alcuni giorni fa aveva detto in Parlamento che solamente nella sua città il numero dei morti per Coronavirus era quasi quattro volte superiore ai dati ufficiali del governo per l’intero Paese: 50 morti e 250 persone in quarantena, compreso il direttore dell’ospedale universitario, aveva dichiarato. Cifre subito respinte dal ministero della Sanità, con il numero due, Iraj Harirchi, che aveva dichiarato: “Nessuno ha titolo per discutere questo tipo di informazioni”. E ancora: “Quel numero è falso. Questo non è il momento per degli scontri politici”.

Ma proprio Harirchi ha annunciato oggi, dalla quarantena, di aver contratto il virus. Il video qui sotto lo mostra in conferenza stampa, ieri, in evidente difficoltà.

Tra gli infetti di primo piano c’è anche l’ex deputato Mahmoud Sadeghi, uno dei leader riformisti, che su Twitter ha dato l’annuncio spiegando di aver poche speranze di sopravvivere sul virus. Proprio Sadeghi, che non ha potuto ricandidarsi perché squalificato dal Consiglio dei Guardiani, in una recente intervista al Corriere della Sera dopo le elezioni che hanno fatto registrare il successo dei conservatori ma anche una bassissima affluenza aveva detto: “Non dobbiamo nascondere le cose se vogliamo mantenere la fiducia del popolo”. “In Iran tante cose prendono un colore politico, anche il Coronavirus”, aveva detto al Corriere sottolineando la fiducia degli iraniani intaccata dalla mancanza di trasparenza (basti pensare al caso dell’abbattimento dell’aereo ucraino a gennaio). “Sembra che le autorità volessero evitare le preoccupazioni nella società in questi giorni di elezioni…”. Vuol dire che sapevano da tempo dei contagi e non l’hanno detto?, chiedeva la giornalista Viviana Mazza. “Il problema è che anche io che sono deputato non lo so”.

Come sottolinea via Twitter Holly Dagres, esperta dell’Atlantic Council, i 50 decessi riportati da Farahani risalgono al 13 febbraio. Il che dimostrerebbe non soltanto incompetenza e insabbiamento da parte di Teheran, scrive l’analista, ma anche scarsa attenzione verso i propri cittadini. Tutto pur di non fare saltare il voto di venerdì scorso, cioè del 21 febbraio.

La repressione (pensiamo allo shutdown di Internet) e le menzogne sembrano da alcuni mesi aver allontanato il popolo persiano dal regime. E la bassa affluenza alle elezioni pare confermare questa sensazione. Con buona pace di Di Battista che si è lanciato in una difesa del regime dipingendo il popolo iraniano come vittima dell’Occidente e non di una feroce e bugiarda dittatura.



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