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Perché sul petrolio non c’è da essere ottimisti. I numeri di Eurasia Group

Il coronavirus contagia il mercato del petrolio. L’aumento dei casi fuori dalla Cina, con i nuovi focolai in Giappone, Corea del Sud, Iran e Italia, comincia ad avere un impatto importante sul prezzo del petrolio. Il barile Brent ha registrato il prezzo minimo di 56 dollari, cioè circa il 4%.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia la richiesta mondiale di greggio registrerà la prima caduta trimestrale dal 2009 con 435.000 barili al giorno in meno. Previsioni che risalgano al 13 febbraio scorso, quando ancora non erano scoppiati i preoccupanti casi di contagio del coronavirus negli altri Paesi fuori dalla Cina. Ora, con le misure straordinarie imposte per contenere la diffusione del virus, è molto probabile che la domanda di petrolio mondiale subirà altre cadute, come conseguenza della riduzione dei mezzi di trasporto e le attività di molte industrie e aziende.

Carsten Fritsch, analista di Commerzbank, ha detto all’agenzia Afp che “la diffusione dell’epidemia in Italia e in Corea del Sud mette i prezzi del petrolio sotto pressione”.

Il report settimanale di Eurasia Group sull’andamento del mercato petrolifero sottolinea che Pechino ha stanziato 14,16 miliardi di dollari per combattere il coronavirus, ma “nonostante questi sforzi, covid-19 sta sconvolgendo l’economia globale, costringendo le chiusure di fabbriche in tutto il mondo quando ai lavoratori viene ordinato di rimanere a casa; inoltre alcuni impatti e parti di produzione chiave dalla Cina, non possono essere consegnati. Con il trasporto anche paralizzato in enormi quarantene, la domanda di petrolio ha subito un colpo”.

Lo studio indica che nei Paesi più colpiti dalla malattia (Cina, Giappone e Corea del Sud) la domanda di petrolio a marzo sarà di circa 10 milioni di barili al giorno, un terzo in meno rispetto agli ultimi tre mesi: “Per l’intero primo trimestre del 2020, le importazioni di greggio spedito in Cina, Giappone e Corea del Sud sembrano essere inferiori di 1,5 milioni di barili al giorno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, spazzando via quasi tutti gli aumenti della domanda globale di petrolio del 2019”. Anche essendo ottimisti, in un’ipotetica ripresa dell’economia entro la fine dell’anno, il crollo dei consumi del primo trimestre sarà comunque uguale o inferiore a quella del 2019.

Questa situazione molto probabilmente costringerà l’Organizzazione di Paesi esportatori di petrolio (Opec) e alcuni Paesi non membri come la Russia a ridurre la produzione di petrolio. L’Opec e la Russia hanno un incontro previsto per il 5 e il 6 marzo a Vienna. Durante la riunione si spera che l’Opec e i suoi alleati discutano il patto di riduzione dell’offerta, in vigore dal 2017. Alcuni analisti sostengono che i tagli saranno rinnovati almeno fino alla fine dell’anno.

Aumentano invece i prezzi dei cosiddetti beni rifugio, tra cui l’oro. La corsa all’acquisto del metallo prezioso ha provocato un aumento, collocando il valore nel punto più alto dal 2013 (1700 dollari l’oncia), più 2,4%. Anche il palladio è aumentato del 1% durante la sessione del lunedì, arrivando a 2.733 dollari.



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