La domanda può sembrare cinica, e in parte lo è. Ma essendo la politica la più cinica delle attività umane, ed essendo l’uomo segnato dal “peccato originale”, non possiamo non porcela. D’altronde, la politica è anche il governo del possibile e la realtà ci presenta spesso il suo conto salato. Detta in modo rozzo e brutale: l’arrivo del coronavirus in Italia chi avvantaggerà?
Secondo me saranno soprattutto due attori politici, e mi auguro tanto che ciò avvenga loro malgrado, ad incassare i dividendi maggiori: il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sul fronte politico contingente, il leader dell’opposizione, Matteo Salvini, su quello delle idee e della battaglia ideale, che potrà anch’esso in futuro avere un suo peso politico specifico. Perché Conte, anzi il governo, possa avvantaggiarsi della situazione, è fin troppo facile capirlo: da una parte, nei momenti di crisi seria, e l’emergenza sanitaria di questi giorni ormai lo è, i cittadini si stringono naturalmente attorno all’autorità politica, da cui aspettano risposte e misure di prevenzione e difesa, in questo caso da un contagio che semina morte.
Dall’altra, l’offensiva maturata da Matteo Renzi contro il governo nei giorni scorsi sembrerà ai più pretestuosa e di secondaria importanza, addirittura deplorevole se dovesse portare a una crisi dell’esecutivo in carica. È quindi probabile che l’incontro fra il leader di Italia Viva e il premier, previsto per la prossima settimana, segni una sorta di tregua, una via di uscita onorevole per i due contendenti, entrambi irrigiditisi in precedenza su posizioni difficilmente conciliabili.
Come è noto, in previsione del voto in aula sull’Agenda 2023, che dovrebbe svolgersi il prossimo 4 marzo, Renzi aveva posto condizioni irrealistiche e più o meno irrecepibili per la maggioranza (una vera e proprio umiliazione per i Cinque Stelle!): un piano shock di opere pubbliche per 120 miliardi; l’abolizione della legge Bonafede sulla prescrizione; la cancellazione del reddito di cittadinanza e l’elezione diretta del presidente del Consiglio.
Tanto che le assicurazioni sulla volontà di non rompere, sentite pure oggi nell’assemblea del partito, erano suonate false ai più. Probabilmente se ne uscirà non con un compromesso, praticamente impossibile, ma con la messa in congelatore per il momento delle richieste renziane e un’adeguata ricompensa a Italia Viva sul terreno delle nomine pubbliche in arrivo.
Stessa ambiguità la si è osservata nell’assemblea renziana a proposito delle voci correnti di trattative con Salvini e le destre per creare un asse in parlamento: puntualmente smentite dal lato dei contenuti, sono state ritenute auspicabili da Maria Elena Boschi sul lato delle regole (la virata presidenzialistica renziana è, d’altronde, sicuramente molto gradita al Capitano).
Molto prevedibili anche le conclusioni dell’assemblea nazionale del Pd, tenutasi anch’essa oggi. Nicola Zingaretti è deciso ad appoggiare fino in fondo il Conte bis e a costruire il “partito nuovo” con molta gradualità.
“Sento dire – ha detto il segretario nel suo intervento – che il Pd sarebbe diventato populista, ma è vero il contrario”. In verità la nomina di Valentina Cuppi, sindaco di Marzabotto ed espressione del movimentismo di sinistra, a presidente del partito, e più in generale l’apertura di credito alle Sardine di cui la Cuppi è in qalche modo espressione, segnala che in misura omeopatica quote di populismo si ritiene che sia necessario introiettarle ormai anche a sinistra.
Quanto infine a Salvini, le vicende del coronavirus segnano sicuramente un colpo ferale per i globalisti ideologici e, di conseguenza, una sua vittoria sul piano delle idee. Riproporre oggi una riapertura a basso controllo di porti e frontiere, come qualcuno riteneva andasse fatto solo fino a qualche giorno fa, significherebbe porsi contro il sentimento comune degli italiani e generare sfiducia e indignazione nel paese. Del nuovo scenario se ne terrà conto e la questione della riapertuta è dato presumere che sarà accantonata per un bel po’. Converrebbe anche a Salvini metterla sotto silenziatore, non insistendo sul fatto di avere avuto ragione e mettendosi anzi in una prospettiva di solidarietà e collaborazione con il potere politico per il bene nazionale. Gli italiani, che già sanno e tutto hanno capito, apprezzerebbero il manifestato senso di responsabilità.