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Le risorse che servono alla Difesa. Il punto del sottosegretario Calvisi

Di Giulio Calvisi

La contingenza economica degli ultimi decenni ha negativamente condizionato il sistema della Difesa, rendendolo progressivamente meno efficace sotto il profilo delle capacità operative, nel suo ruolo di strumento di politica estera e come volàno economico, occupazionale e tecnologico al servizio del Paese. Tali capacità andrebbero progressivamente riacquisite per far fronte all’odierno scenario internazionale caratterizzato da grande instabilità e radicali mutamenti delle minacce alla difesa e alla sicurezza.

In particolare, sussiste l’esigenza di fronteggiare la competizione emergente di potenze medie e grandi, gli atteggiamenti spregiudicati di attori non-statuali, il persistente terrorismo multiforme, gli attacchi cibernetici, così come l’utilizzo illegale di nuove tecnologie a basso costo che minacciano i protocolli di sicurezza e di difesa. Tale contesto impone, quindi, l’avvio di un processo di trasformazione dello strumento militare. Come ricordato dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, Salvatore Farina, il non adeguato finanziamento che ha riguardato negli ultimi anni tutti i comparti della Difesa ha comportato, in particolare per la forza terrestre, un gap tecnologico da colmare all’interno delle Forze armate, ma che per l’Italia rappresenta una delle sfide più importanti di crescita della Difesa.

In questo senso appare doveroso facilitare la trasformazione capacitiva dell’Esercito, non solo come esigenza della Difesa, ma dell’intero sistema Paese. La modernizzazione dello strumento militare è infatti un’opportunità anche per le positive ricadute occupazionali, della ricerca e più in generale di tutta la filiera della conoscenza. Per raggiungere questo obiettivo è fondamentale una maggiore sinergia con il mondo dell’industria e della ricerca. I rappresentanti dell’Esercito italiano hanno ad esempio illustrato gli ulteriori vantaggi che potrebbero derivare da una modifica del “footprint geografico” della componente industriale del settore. Ossia, pensare alla collocazione di uno o più hub produttivi o manutentivi anche in prossimità delle brigate per creare uno spazio in cui realizzare un virtuoso scambio di esperienze tra militari e ingegneri. Con la prossimità, in effetti, si otterrebbero un ciclo di aggiornamento delle piattaforme molto più breve e ulteriori opportunità di lavoro e sviluppo in aree il cui tessuto produttivo ha un forte bisogno di fare un salto di qualità.

La Difesa intende incrementare un approccio sinergico, che veda un maggiore coinvolgimento dell’industria nei processi di definizione delle esigenze e dei requisiti operativi, per realizzare sistemi e piattaforme coerenti con le operazioni da svolgere. Al tempo stesso, le strategie elaborate dall’industria non possono essere efficacemente attuate se non sono condivise dalla politica e dai militari, soprattutto quando si parla di industria per la Difesa. La sinergia tra Difesa, industria e mondo accademico è sempre stato il punto di forza delle nazioni più evolute. Così come dalla rete di computer Arpanet, realizzata dal dipartimento della Difesa statunitense nel 1969, si è passati alla nascita di Internet nel 1983, allo stesso modo le attività di ricerca e innovazione prodotte dal mondo accademico trovano, oggi più che mai, utile applicazione anche nel campo militare.

La strada di una stretta collaborazione tra questi mondi è già stata tracciata. Bisogna ora ampliarne la portata, per consentire allo strumento militare di essere in linea con i progressi tecnologici delle Forze armate straniere più evolute, mantenendo i costi su un binario sostenibile, in un’ottica di condivisione degli sforzi in ambito Nato ed europeo. L’Italia, per poter assolvere gli impegni futuri, deve mantenere le capacità militari a un livello adeguato. Significa disporre di uno strumento militare credibile come leva per tutelare i propri interessi nazionali e come rilevante elemento di politica estera per favorire fruttuose relazioni internazionali.

Per questo è fondamentale diffondere nel Paese una nuova cultura della Difesa, illustrando l’importanza strategica dell’innovazione applicata al mondo militare e le sue positive ricadute sulla società civile mediante politiche pubbliche incisive, assicurando progressivamente adeguati livelli di finanziamento e investimento. Ritengo altresì importante far comprendere anche ai “non tecnici” ciò che le Forze armate sono concretamente in grado di fare per difendere e supportare il Paese. Dalla consapevolezza dell’opinione pubblica discendono le risorse finanziarie, allocate in misura proporzionale a quanto lo strumento militare è percepito come utile, necessario ed efficace.

Oggi le Forze armate italiane sono riuscite a mantenere un buon livello qualitativo delle capacità operative, con diverse eccellenze, ma non omogeneo nelle varie componenti, non soddisfacente nella dimensione quantitativa e sotto il profilo dell’efficienza. Questi ultimi aspetti sono quelli che necessitano nel prossimo futuro maggiore attenzione, attraverso un progressivo investimento nella dimensione digitale e tecnologica

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