“Un’idea balzana”, ma in realtà una proposta “da cui ci guadagnerebbero tutti”: Germania, Italia e Alleanza Atlantica, senza tra l’altro indispettire troppo i francesi. L’ha lanciata il generale Vincenzo Camporini, consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai) già capo di Stato maggiore della Difesa. Riguarda la possibilità che l’Italia acquisti con finanziamenti tedeschi uno squadrone di F-35, li assembli nel sito novarese di Cameri, e li ceda in lease back gratuito alla Germania, che comunque coprirebbe tutti i costi affidando all’Aeronautica italiana la logistica. Perché? Perché la Luftwaffe deve sostituire i propri Tornado, mantenendo la capacità promessa alla Nato di caricare a bordo armamenti nucleari, ma scegliendo una soluzione che non leda l’intesa con la Francia.
LA GARA PER I TORNADO
Circa un anno fa, Berlino aveva escluso dalla gara gli F-35 realizzati da Lockheed Martin, lasciando la partita aperta tra l’aggiornamento degli Eurofighter e l’F/A-18E/F di Boeing. Una scelta “tutta politica”, ha ricordato Camporini, considerando che il Joint Strike Fighter è da sempre indicato come prima opzione dai vertici militari tedeschi. Già ad aprile 2019, era stato il ministero della Difesa tedesco a stimare in 9 miliardi di euro il costo dell’esclusione del velivolo. Qualche giorno fa, l’influente think tank German society for foreign policy (Dgap) ha rilanciato l’idea di “riconsiderare gli F-35 nel rimpiazzo dei Tornado”. D’altra parte, ci ha spiegato il generale Camporini, il caccia di quinta generazione è “l’unica soluzione per il ruolo specifico su cui la Germania si è impegnata nell’ambito dell’Alleanza Atlantica”.
IL PESO POLITICO DI PARIGI
La questione è dunque tutta politica, così come lo è stata la decisione di estromettere il caccia americano dalla gara. A pesare è stato l’asse con Parigi sul fronte della Difesa, rinvigorito (nonostante qualche difficoltà) pochi giorni prima dell’esclusione dell’F-35 da Emmanuel Macron e Angela Merkel ad Aquisgrana. L’interesse francese è relativo all’Fcas, il caccia di sesta generazione su cui i due Paesi sono impegnati a collaborare. Agli occhi di Parigi, la scelta del Joint Strike Fighter lederebbe la tenuta dell’intesa binazionale, portando i tedeschi su una generazione più vicina a quella dell’Fcas (la Francia è priva della quinta). Il problema non si porrebbe con un aggiornamento degli Eurofgihter né con l’F/A-18 di Boeing che, seppur americano, è per questo avvertito dai transalpini come un’opzione accettabile. Eppure, anche questa seconda scelta non risolverebbe il problema del dispiegamento degli armamenti nucleari B61.
L’IDEA “BALZANA”
Ma non c’è l’idea di certificare per questo scopo l’Eurofighter? “È impensabile e costosissimo – ci risponde Camporini – richiederebbe molto più tempo di quello che i tedeschi possono permettersi di impiegare”. Da qui, “l’idea semplicissima”: una sponda da Roma. “Berlino dovrebbe finanziare da l’acquisizione italiana di un lotto di 18/24 F-35, quelli che servono per un gruppo di volo, da assemblare a Cameri”, in provincia di Novara, l’unico centro europeo per l’assemblaggio e la verifica finale dei velivoli di quinta generazione. Poi, i velivoli verrebbero “immediatamente” ceduti dall’Italia alla Luftwaffe in lease back gratuito “affinché ne abbia il pieno possesso” pur “assicurando la gestione logistica all’Aeronautica militare italiana”. Anche in questo caso, “i costi sarebbe a carico della Germania, che però non dovrebbe dotarsi di tutto l’apparato infrastrutturale e tecnico necessario”.
SITUAZIONE WIN-WIN
In altre parole, “a noi non costerebbe nulla”, anche perché “per qualche aeroplano in più non si dovrà potenziare l’apparato logistico”. Sulla base pugliese di Amendola potrebbe dunque convogliare “la manutenzione per tutti e, se i tedeschi volessero, potrebbero anche creare un loro nucleo di specialisti”. Una situazione “win-win per tutti”, su cui resta comunque il nodo della pressione di Parigi. “Certo – ha aggiunto Camporini – bisognerà farla digerire ai francesi; eppure, se i tedeschi garantissero fedeltà al programma Fcas, potrebbero anche spuntarla”. Insomma, è una “situazione in cui non ci perderebbe nessuno”. La Germania risolverebbe infatti la sua esigenza operativa con la migliore soluzione possibile. L’Italia avrebbe più lavoro per Cameri, obiettivo ormai condiviso da tutte le forze politiche nazionali. La Nato, infine, potrebbe ancora contare sul ruolo tedesco per la propria deterrenza.