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Fincantieri-Stx. Conte detta la linea sulla concorrenza europea (da cambiare)

Il sistema-Italia c’è, e sostiene il suo campione della cantieristica navale. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è tornato a Bruxelles sul caso Fincantieri-Chantiers de l’Atlantique, parlandone con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Il dossier è noto, relativo all’iter di acquisizione da parte del Gruppo italiano sull’ex Stx, operazione a cui manca il via libera dell’antitrust europeo a quasi tre anni dalla prima sigla per rilevare dalla proprietà sudcoreana i cantieri francesi. Lo scorso dicembre, la Commissione ha inviato a Fincantieri le conclusioni preliminari dell’indagine approfondita che la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager (riconfermata dalla von der Leyen) ha deciso di avviare a ottobre. L’operazione sarebbe incompatibile con le regole del mercato interno. Nella logica interlocutoria con il Gruppo italiano, una decisione finale è comunque attesa per il prossimo aprile.

IL MESSAGGIO DI CONTE

“C’è molta attenzione da parte del sistema-Italia su questo progetto industriale”, ha detto Conte a margine del colloquio con la von der Leyen. “Ho rappresentato che le norme sulla concorrenza sono state elaborate anni fa, non c’era ancora il mercato globale”, ha aggiunto il premier. “Riproporre quelle regole adesso e applicarle in modo pedissequo è un errore, perché è auto-limitativo per i nostri campioni industriali”. Difatti, ha rimarcato, “noi dobbiamo invece favorire la crescita di questi campioni e metterli nelle condizioni di poter competere.”. Ne consegue l’invito alla Commissione: “le regole sulla concorrenza vanno applicate con prudenza e ragionevolezza”.

IL NODO DELLA CONCORRENZA

Nelle poche frasi del presidente del Consiglio c’è il nocciolo della questione: di fronte alla concorrenza dei colossi asiatici, l’Europa rischia di rimanere schiacciata delle sue stesse regole. Il punto dirimente riguarda quelle dedicate alla concorrenza. Da tempo è in corso il dibattito sulla loro revisione, rilanciata di recente da Thierry Breton, commissario (francese) per il Mercato interno, e dalla stessa Vestager.

MENO INTERVENTISMO

Solo qualche giorno fa, sul Sole24Ore, il professor Fabrizio Onida dell’Università Bocconi proponeva “un antitrust meno interventista per competere sui mercati globali”. Occorre tenere conto, scrive, “che l’Europa intera è sempre più esposta ai rischi di un’aggressiva concorrenza esterna”, in settori “dove la dimensione aziendale e le economie di scala e di scopo possono essere decisive nel condizionare gli esiti del gioco competitivo globale”. Segue la proposta per i casi di operazioni incerte sul rischio di abusi: vi sia l’approvazione alle concentrazioni da parte della Commissione europea, che conservi però la possibilità di monitorare “a scadenza ravvicinata l’effettiva evoluzione dei mercati e gli eventuali abusi da potere dominante”.

LA CONCORRENZA ASIATICA

D’altra parte, le regole attuali non sembrano tenere conto della crescente concorrenza extra-europea, restando rigidamente vincolate a evitare concentrazioni sul mercato interno. Eppure, le aziende del Vecchio continente già si confrontano con colossi stranieri ben più attrezzati, soprattutto asiatici. Lo scorso novembre in Giappone è arrivato il piano per fondere i due campioni nazionali della cantieristica navale, Imabari Shipbuilding e Japan Marine United (JMU). Il mese precedente era d’altra parte arrivato il via libera del governo di Pechino sulla fusione tra i due colossi cinesi, China State Shipbuilding Corporation (CSSC) e China Shipbuilding Industry Corporation (CSIC), per far nascere il più grande gruppo del settore al mondo. È considerata la risposta alla Corea del Sud, dove Hyundai Heavy Industries ha deciso di acquisire Daewoo Shipbuilding & Marine Engineering.

IL CASO

Insomma, l’Europa rischia di restare spettatrice se non ammette la creazione di campioni continentali. La Commissione europea ha accettato di aprire il dossier su Fincantieri-Stx a gennaio dello scorso anno su richiesta di Berlino e Parigi. Dato l’interesse europeo e degli stessi francesi sull’operazione (quantomeno nelle dichiarazioni formali), la richiesta allora sorprese l’Italia, che ha comunque reagito in maniera piuttosto compatta, con maggioranza e opposizioni, Parlamento e governo, a chiedere “rispetto per le aziende italiane”, soprattutto in considerazione di un progetto che procede verso l’integrazione europea sbandierata da più parti. Ma d’altra parte sulla vicenda dei Chantiers de l’Atlantique i colpi di scena non sono mancati.

UNA STORIA SENZA FINE

Tutto è iniziato a maggio 2016, quando la gestione di Stx France viene affidata al tribunale fallimentare di Seul, essendo allora il 66% dell’azienda in mano ai sudcoreani. Nel giro di pochi mesi parte la vendita, e alla fine dell’anno l’unica offerta pervenuta è quella del Gruppo italiano. A maggio 2017 arriva l’accordo tra Fincantieri e il governo francese, che conserva il diritto di prelazione sulla maggioranza dei cantieri da esercitare entro la fine del luglio successivo. Nel frattempo all’Eliseo era però arrivato Emmanuel Macron. A due giorni dalla scadenza del diritto di prelazione, il ministro delle Finanze Bruno Le Maire annuncia la decisione di nazionalizzare Stx, in barba al precedente accordo.

L’ACCORDO

Si susseguono incontri tra i rappresentanti di governo, fino a settembre 2017, quando a Lione Macron e l’allora premier Paolo Gentiloni raggiungono l’intesa sulla struttura dell’azionariato della società: il riscatto del 50% da parte dell’azienda italiana, con l’aggiunta del prestito di un ulteriore 1% concesso dallo Stato francese per dodici anni, previo via libera delle autorità antitrust. È seguita la richiesta di Parigi e Berlino alla Commissione europea per esaminare il dossier alla luce del regolamento sulle concentrazioni. Ora si attendono le fasi conclusive dell’indagine. L’Italia resta però attenta, e oggi Conte lo ha ribadito alla von der Leyen.

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