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Francia, Germania e Spagna accendono il caccia del futuro

Arrivano i contratti per il futuro caccia franco-tedesco. Questo giovedì, a Parigi, il ministro della Difesa francese Florence Parly (nella foto) ha accolto la collega tedesca Annegret Kramp Karrenbauer e il sottosegretario spagnolo Angel Olivares Ramirez. Sul tavolo la conferma della tabella di marcia per il futuro sistema da combattimento aereo, meglio noto come Fcas. Assegnati i primi contratti di sviluppo per 150 milioni di euro, così da avere un dimostratore pronto a volare nel 2026 (in tutto serviranno 4 miliardi). L’operatività del “sistema di sistemi” resta fissata al 2040.

LE AMBIZIONI FRANCESI

Come nelle tappe precedenti, esulta soprattutto la ministra Parly, ormai primo sponsor del progetto nato nell’estate del 2017 con una prima intesa tra Emmanuel Macron e Angela Merkel. L’Fcas, ha spiegato oggi la ministra francese, “è nato da un bisogno militare comune ed è il risultato della storia cooperazione europea”. Il programma, ha aggiunto, è “moderno, competitivo, all’altezza delle sfide strategiche, tecnologiche e industriali di domani; ne siamo orgogliosi”. Alternativo al Tempest del Regno Unito (su cui l’Italia è salita a bordo), il progetto punta alla futura sostituzione di Rafale ed Eurofighter.

VERSO IL DIMOSTRATORE

I contratti assegnati seguono l’approvazione (non senza difficoltà) della scorsa settimana da parte del Bundestag per l’avvio della Phase1A. Copre i primi mesi di lavoro per la prima parte del 2020, in attesa di definire l’entrata nel progetto delle industrie spagnole. Per il dimostratore sono comunque previsti 4 miliardi nei prossimi sei anni. Andranno alle aziende coinvolte sul progetto, a partire dalle due industrie di riferimento: la francese Dassault Aviation e il colosso Airbus. Con loro ci sono la tedesca MTU Aero Engines e la transalpina Safran per la parte motoristica, MBDA per la missilistica e l’altro big francese Thales per i sistemi.

LA DIVISIONE DEL LAVORO

Al netto delle aziende spagnole, la divisione del lavoro pare già complessa. Dassault guiderà lo studio sul Next generation fighter (Ndf) a cui secondo la stampa francese sono destinati ad ora 91 milioni. È il cuore del sistema, il velivolo principale a cui Airbus contribuirà in qualità di main partner. Sarà invece prime contractor (con MBDA main partner) per l’Unmanned systems Remote Carrier (Rc), cioè l’insieme degli assetti a pilotaggio remoto che si muoveranno insieme al velivolo principale; per questo studio ci sono 19,5 milioni. Airbus guiderà anche lo sviluppo dell’Air combat cloud (Acc) per la gestione in rete di tutto il sistema di sistemi, avvalendosi di Thales quale main partner e di 14,5 milioni. Sulla scia dell’intesa raggiunta già a inizio 2019, Safran e MTU hanno invece 18 milioni per lavorare sui motori. C’è poi un’altra aerea di sviluppo relativa all’ambiente di simulazione. Verrà sviluppata “congiuntamente” dalle aziende coinvolte.

IL DIBATTITO SPAGNOLO…

Restano fuori i sensori e le tecnologie stealth per la bassa osservabilità, su cui si prevede possa concentrarsi il contributo di Indra, l’azienda scelta da Madrid per guidare la compagine spagnola. Proprio su questo prosegue tuttavia il dibattito nella Penisola iberica. Riguarda prima di tutto la guida industriale. La scorsa settimana, il numero uno di Airbus Guillaume Faury ha definito “un errore” la scelta del governo spagnolo di presentare Indra come capofila, invitando l’esecutivo a un ripensamento a favore di Airbus, ben radicata nel Paese. La risposta è arrivata oggi da Fernando Abril-Martorell, presidente di Indra, per cui la decisione di Madrid sarebbe “molto logica”. Difatti, ha aggiunto, “ogni altra opzione avrebbe il rischio di relegare l’industria spagnola a contributi a più basso valore aggiunto”.

…E L’ACCORDO

Sin dall’adesione al progetto (ufficiale lo scorso luglio, ma ampiamente nota dall’inizio del 2019), la Spagna ha fatto emergere a più riprese il timore di restare sempre un gradino indietro rispetto a Parigi e Berlino. L’industria spagnola entrerà a lavori di sviluppo già avviati, con un investimento iniziale (45 milioni di euro) comunque più basso di quello transalpino e tedesco. Sul sito della Difesa francese si legge ancora che il progetto è franco-tedesco “con l’adesione della Spagna”. Un ruolo che da diversi osservatori iberici è ritenuto troppo marginale. Un segnale l’ha dato così due giorni fa il sottosegretario Ángel Olivares, firmando un nuovo accordo con gli omologhi francese e tedesco per “la piena integrazione della Spagna e della sua industria nello sviluppo delle studio di concetto congiunto del Fcas”.

LE DIFFICOLTÀ TRA PARIGI E BERLINO

In più, nonostante l’accelerata impressa dalla Parly, restano comunque gli strascichi di alcune questioni insolute tra Parigi e Berlino. L’approvazione difficoltosa al Bundestag sulla Phase1A (per poco più di 75 milioni) ha fatto riemergere alcune perplessità tedesche. “Nella Difesa la Germania ha un complesso di inferiorità rispetto alla Francia e preferisce vedere il bicchiere mezzo vuoto, mentre altri lo vedrebbero mezzo pieno”, riferisce oggi al quotidiano transalpino Les Echos un industriale anonimo. Nei mesi passati, almeno fino alla dichiarazione di Tolosa tra Macron e Merkel lo scorso ottobre, c’era una distanza evidente sulle prospettive di export. Altre difficoltà si sono registrate sui ruoli industriali, uno scoglio ora superato con il primo contratto.

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