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L’altro Giovanni XXIII, l’antipapa che salvò la Chiesa raccontato da Mario Prignano

Può un antipapa salvare la chiesa? A questa domanda Mario Prignano, caporedattore centrale del Tg1, risponde in maniera affermativa con il libro “Giovanni XXIII. L’antipapa che salvò la Chiesa” (Morcelliana). Il Giovanni XXIII del titolo dell’opera non è il più noto e amato Papa Roncalli ma Baldassarre Cossa, religioso che dal 1410 fino al Concilio di Costanza nel 1414 si fregiò del titolo di Papa insieme a Papa Gregorio XII (legittimo) e Benedetto XIII. Un uomo avventuroso proveniente da una ricca famiglia di pirati dell’Isola di Ischia che, in anticipo sui tempi attuali, sperimentò anzitempo la cosiddetta “macchina del fango”. Le “fake news” agitate contro di lui andavano dalla simonia, alla violenza, fino ad atteggiamenti sessuali avventati, e vennero utilizzate come armi politiche contro di lui.

Prignano conduce il lettore nella storia di un uomo che, con le sue azioni e nonostante le sue debolezze umane, ha posto fine allo scisma d’Occidente dando nuova unità alla Chiesa cattolica.

Qual è stato il merito più grande dell’antipapa Giovanni XXIII Baldassarre Cossa?

Il merito più grande è stato quello di aver convocato un concilio nel 1414 a Costanza che si rivelò risolutivo per riportare unità nella Chiesa divisa fra tre obbedienze pontificie diverse. Questo antipapa ebbe il merito di convocare il concilio, di recarvisi nonostante le avvisaglie che lì sarebbe stato deposto e in qualche modo di aver contribuito a far tabula rasa dei tre papi dell’epoca e di eleggerne uno che fu Martino V, univoco e universalmente riconosciuto.

Nel suo libro descrive un’epoca disordinata, ci sono punti di contatto con la situazione attuale?

Oggi l’ordine nella Chiesa c’è, nonostante tutto. Il punto di contatto c’è e consiste nel fatto che allora, cioè 600 anni fa, fu l’ultima volta che la Chiesa dovette fronteggiare la coesistenza di più di un papa contemporaneamente. Per fortuna, la convivenza tra Benedetto e Francesco è pacifica, allora non lo era ed erano addirittura tre che si combattevano senza quartiere. L’analogia si ferma qui, nella forma e non nella sostanza perché Benedetto e Francesco hanno un rapporto di riconosciuta supremazia del primo nei confronti del secondo e senza tensione. Al di là di quello che i giornalisti scrivono ogni tanto.

Un’analogia con i tempi moderni c’è ed è l’uso a fini politici delle “fake news” usate dai detrattori di Giovanni XXIII per minarne la credibilità. Che differenza c’è con le fake news di oggi?

Non ce ne sono, le uniche differenze consistono nello strumento di divulgazione. Allora i social network non esistevano ma esisteva la vox populi, che è qualcosa di molto simile, esistevano i documenti, le lettere, che veicolavano quelle che oggi chiamiamo fake news, menzogne vere e proprie, o verità camuffare e modificate a seconda delle esigenze politiche. Le fake news sono sempre le stesse.

Cos’è che l’ha intrigata di più della figura di Giovanni XIII?

Mi ha intrigato il fatto che lui non era uno stinco di santo, proveniva da una famiglia di pirati dell’isola di Ischia, è uno che stava molto più a suo agio nei campi di battaglia che tra i fumi dell’incenso. Però, misteriosamente, è stato un uomo che si è preso a cuore il suo ruolo di capo della Chiesa per cui pur tra mille contraddizioni, errori, debolezze ha cercato di guidarla nel modo migliore che gli potesse riuscire. Non era un grandissimo modo, diciamo, però compatibilmente con la sua storia, il suo modo di essere, le sue convinzioni, le sue debolezze ci ha provato. E questa è una cosa che mi ha molto affascinato.

Perché il suo libro è attuale?

Sia per la preminenza delle fake news adoperate nella vicenda di Baldassarre Cossa sia per il fatto che allora c’erano più papi contemporaneamente, in qualche misura come oggi. A parte questo è una storia avvincente, coinvolgente e straordinariamente ricca di particolari emozioni, dettagli, personaggi, colori che secondo me solo per questo affascina.


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