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Resta solo il voto a giugno. Tutte le maggioranze (im)possibili secondo Rotondi

Di Gianfranco Rotondi

Andando a dimettersi al Quirinale nel 2006, Romano Prodi pronunciò una frase che ogni leader politico dovrebbe tenere come sfondo dello smartphone: “Nelle elezioni anticipate non si entra, ci si casca”. E noi ora ci caschiamo, direbbe Totò.

Il voto anticipato è stato reclamato a gran voce da Salvini e Meloni, che ora in verità prescelgono toni più prudenti. È ora la maggioranza a servire su un piatto d’argento alla destra la rivincita che essa non più sognava: la lite tra Conte e Renzi apre la via a un voto anticipato a giugno, subito dopo il referendum (magari con questo governo in carica, senza manco affannarsi a inventare un governo-ponte).

In Parlamento difficilmente si formeranno nuove maggioranze. Vediamo perché. Partiamo dalle ipotetiche maggioranze possibili.

Unità nazionale: saranno Zingaretti e Meloni a stopparla, uniti come sono dalla previsione di un dividendo elettorale favorevole ai loro partiti. Tale vantaggio elettorale verrebbe sicuramente logorato dall’esercizio di una responsabilità di governo per giunta di larga coalizione.

Centrosinistra largo con altro premier: se Renzi smonta il governo, tutto il Pd potrà accettare tranne di consentire all’ex premier di rimontare un governo a suo piacimento. Nemmeno il totem Draghi farebbe il miracolo.

Centrodestra più responsabili e renziani: è la suggestione berlusconiana di inizio legislatura, ormai sostenuta solo da Brunetta e dai peones. Salvini e Meloni la bocciano, e la stessa dirigenza di Forza Italia preferisce il voto anticipato per incassare subito i pochi e maledetti seggi promessi.

Dunque resta solo il voto. A giugno, naturalmente, dopo il referendum del 29 marzo e il disegno dei collegi. Alle elezioni naturalmente potranno esserci delle novità, quasi uno scambio di coppie: difficilmente Renzi potrà allearsi con la sinistra, o sfidare il mondo al centro con una legge elettorale ancora proibitiva per le corse solitarie. Facilmente Italia viva raggiungerà un’intesa con Salvini, smanioso di coprirsi al Centro e altrettanto di disfarsi di una Forza Italia costosa in termini di saggi e carica di colonnelli e generali in cerca di ruolo.

E il Centro democristiano ed ex forzista? Non ci sarebbe da stupirsi se nella quadriglia avviata da Renzi lo scambio non fosse simmetrico e perfetto, col centro del fu centrodestra impegnato a dialogare col mondo cattolico e liberale allergico al carro sovranista.

Fantapolitica? Forse. Ma la politica realista, eventualmente, dov’è?

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