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Altro che Irpef, qui va tagliata l’Imu. Parola di Riccardo Puglisi

Il tavolo sull’Irpef è appena partito ma i problemi non mancano. Come fare la riforma? Dove trovare i 20 miliardi di euro per finanziarla? E poi quante aliquote? Tre come vorrebbe il M5S o una leggera sforbiciata come invece pensa il Pd? “Sono un po’ eterodosso su questo” spiega a Formiche.net l’economista Riccardo Puglisi, professore associato di Economia all’Università di Pavia “il vero intervento da farsi per far ripartire l’economia è tagliare l’Imu, basta con la logica che ‘anche i ricchi piangano’. Trovo fastidioso che si continui a parlare di Irpef, un cantiere perennemente aperto, e rispetto ai 70 miliardi di prelievo aggiuntivo sulle seconde case, perpetrato dal 2012 ad oggi, non si dica assolutamente nulla”.

Professore ma la sua proposta è quasi eretica, i maggiori organismi internazionali sostengono il contrario…

Ma è uno scandalo perché c’è un’idea veterocomunista secondo cui bisogna tassare le nostre abitazioni e intanto l’andamento del mercato immobiliare italiano è il peggiore in Europa, dopo Cipro. E poi se sei molto ricco più che in appartamenti investi in soluzioni finanziarie, non comprando immobili. Così colpisci solo la media borghesia, le famiglie italiane, altro che i ricchi.

Ma l’Ocse e il Fmi sostengono che in Italia bisognerebbe tassare anche la prima casa, come la mettiamo?

Guardi le famiglie italiane sono 26 milioni, quelle che hanno una casa diversa dalla prima sono solo 4 milioni. Su questo non si dice nulla e questo è stato il più grande errore fatto dal governo Monti. Accanto ad una riforma sacrosanta come quella della Fornero sulle pensioni e un po’ di spending review, la riforma dell’Imu è stata fatta in maniera permanente e invece doveva essere temporanea, creando dei grandi dolori alla nostra economia.

Ripeto ma l’Ocse sostiene esattamente il contrario, proprio per garantire un gettito alle casse dello Stato…

La visione econometrica dell’Ocse non è robusta. Si basa tra l’altro su uno studio firmato da Jens Arnold, intitolato “tax policy for economic recovery and growth”. Si sostiene che che spostando le tasse dal mattone al lavoro si faccia il bene dell’economia. Ebbene utilizzando gli stessi modelli di Arnold, il sottoscritto insieme a Donatella Baiardi, Paola Profeta e Simona Scabrosetti abbiamo visto che modificando di poco il campione o prendendo in considerazione un periodo di tempo diverso, la relazione più tasse sul mattone uguale crescita non è robusta. Quella dell’Ocse è diventata oramai una cantilena. Se guardiamo alla realtà, di fatto, si è compresso il nostro sistema immobiliare, 6mila miliardi di patrimonio che stanno andando a picco.

Ma quante risorse si potrebbero liberare rimodellando l’Imu sulle seconde e terze case?

Noi siamo passati dall’Ici che valeva circa 10 miliardi di euro ai 24 miliardi con la riforma Monti, poi si è sceso a un gettito di 20 miliardi perché il governo Renzi tolse l’Imu sulla prima casa. Ma tutto questo ha compromesso il sistema immobiliare, ne sa qualcosa anche il governo che ha visto diminuire il valore degli immobili che non riesce a dismettere, proprio perché il mercato è in sofferenza. Non so se si riesce ad arrivare come alla prima Ici, ma da 20 miliardi a 10 miliardi, sarebbe logico cercare ma una via mediana, ovvero scendere da 20 a 15 miliardi.

E come si finanzierebbero queste mancate entrate di 5 miliardi di euro?

Da una seria ed efficiente spendieng review, gli italiani sono tassati perché il governo non vuole o non riesce a tagliare la spesa pubblica improduttiva. So di avere una posizione eterodossa, un po’ laterale ma ripeto credo sia abbastanza indecoroso ragionare su tagli di tasse escludendo sempre la revisione dell’Imu come se fosse l’imposta più bella dell’universo. Qualcuno si è mai chiesto perché anche il valore delle prime case cala?

Quale è la sua risposta?

Beh non è necessario avere un premio Nobel per l’economia per capire che non tutte le seconde e terze case sono a Cortina o Portofino: la maggior parte di esse è situata negli stessi mercati dove stanno le prime case. Così i proprietari stanchi di essere il bancomat dello Stato, cioè di ricevere rendimenti vicini allo zero sulle loro case e terreni acquistati o ereditati li mettono in vendita. Così la valutazione degli immobili diminuisce ed è un calo che colpisce tutti, mica soltanto i “presunti ricchi”.

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