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Nella Disneyland di Mosca le montagne russe sono italiane

“Un sogno da Guerra fredda che diventa realtà” oltre tre decenni dopo la fine di quel conflitto e sei dall’idea proposta dall’allora leader sovietico Nikita Krusciov dopo una visita, era il 1959, negli Stati Uniti. Così il New York Times ha definito Dream Island, il parco giochi aperto oggi a Mosca: è il più grande parco tematico coperto al mondo, costato l’equivalente di 1,5 miliardi di dollari. E anche se non ha legami con la multinazionale con sede in California è per tutti la Disneyland russa. Tanto che “la parola Disneyland è sulla lingua delle persone”, racconta il quotidiano della Grande Mela. 

A Dream Island, che giovedì ha ospitato il presidente russo Vladimir Putin lanciatosi in selfie con un gruppo di bambini, non c’è Elsa di Frozen, ma c’è la sua versione russa, la Regina delle nevi. Ma non sono le principesse ad aver reso possibile un tentativo fallito in passato ben due volte: bensì, è un grande bacino di consumatori della classe media nella capitale russa, cosa che prima mancava. È la dimostrazione, secondo i vertici della struttura, che il potere d’acquisto della classe media russa resisterà alle sanzioni occidentali e ai prezzi bassi del petrolio. Per questo si punta sul turismo interno: le stime parlano di cinque milioni di residenti a Mosca e due milioni e mezzo di turisti, per lo più provenienti da altre parti della Russia, ogni anno. Una famiglia di quattro persone spende per i biglietti d’ingresso in un fine settimana 11.000 rubli, circa 150 euro.

Al New York Times ha parlato Nina Krusciova, nipote del leader e docente di affari internazionali alla New School di New York: “Voleva farlo”, ha raccontato, in un’ottica di soft power. Per imitare l’America e la sua forza di “rendere la vita delle persone migliore e più interessante”. L’iniziativa di Krusciov si arenò per le tensioni interne all’Unione sovietica, mentre la mancanza di finanziamenti frenò i buoni propositi di Boris Eltsin nel periodo post-sovietico.

IL RUOLO DEL MADE IN ITALY

E a realizzare il “sogno da Guerra fredda” – un parco che si estende su oltre 24 ettari – hanno contribuito anche diverse aziende italiane, a dimostrazione del rapporto tra i due Paesi promosso anche dal sottosegretario agli Esteri Ivan Scalfarotto questa settimana in visita a Mosca. Delle 27 attrazioni, infatti, più della metà sono state realizzate da aziende italiane, tra cui Zamperla, Fabbri, Preston&Barbieri, Sbf Visa group. Inoltre, è italiano anche il consulente strategico del progetto, Stefano Cigarini, amministratore delegato di Cinecittà world di Roma e chief operations officer di Regions group.

C’è italianità anche nel grande centro commerciale, aperto a tutti. Ha quattro spicchi che rappresentano altrettante città, con i loro monumenti: Roma, Barcellona, Los Angeles e Londra. Al centro, Mosca. Per la capitale italiana c’è una riproduzione del Colosseo, per Barcellona c’è Casa Batlló: l’intento è dare ai clienti l’idea di camminare per le vie di città, come ben illustra Il Sole 24 Ore, “molto presenti nell’immaginario collettivo ma non facili da raggiungere per tutti”.

Cigarini, che fa il pendolare tra Mosca e Roma come racconta Il Sole 24 Ore, ha parlato anche con il Corriere della Sera spiegando che “la Russia, per motivi climatici e storici, non ha mai visto fiorire parchi divertimento, come negli Usa e nel resto del mondo, che oggi sono visitati da mezzo miliardo di persone l’anno (oltre 18 milioni solo in Italia)”. Oggi, però, qualcosa è cambiato grazie in particolare alla forza della capitale. “La corsa all’ecommerce sta spingendo molti gruppi russi di retail a studiare nuovi format più evoluti che uniscano shopping e divertimento, il cosiddetto retailment”, ha aggiunto Cigarini spiegando che si prevedono “un’affluenza al parco di 7,5 milioni di visitatori per lo più russi, poi inglesi, tedeschi ed italiani”.

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