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Navi, Libia e Sahel. Cosa hanno deciso Italia e Francia a Napoli

Un accordo per sostenere l’intesa sulla cantieristica navale (lato militare), la ricerca di convergenze sulla Libia e la prospettiva di collaborare in Sahel. Sono alcuni dei risultati del vertice odierno a Napoli tra i governi di Italia e Francia, rispettivamente capitanati da Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron. Nonostante il Coronavirus, l’agenda non ha subito modifiche, concentrandosi per larga parte sui temi di competenza dei due ministri della Difesa, Lorenzo Guerini e Florence Parly.

IL PATTO DI NAPOLI

Di sfondo, il Patto di Napoli, un tracciato per tornare a quel trattato del Quirinale congelato dalle difficoltà registrate nell’era giallo-verde. Ci vorrà tempo per capire gli effetti della nuova intesa con i cugini d’oltralpe, ma le dichiarazioni, i sorrisi e le sigle di oggi sono già sufficienti per considerare definitivamente dissolte le nubi di incomprensioni e crisi. Certo, restano alcune divergenze, anche strategiche, ad esempio sul rapporto con gli Stati Uniti, primo alleato per Roma, scomodo freno all’autonomia strategica del Vecchio continente secondo Parigi (che intende la stessa “autonomia strategica” come un’Europa a trazione francese).

AVANTI TUTTA CON NAVIRIS

Oltre gli aspetti programmatici del Patto di Napoli, la maggiore concretezza del vertice odierno si registra nei tre accordi siglati. Uno di questi riguarda la cantieristica navale. Firmato da Lorenzo Guerini e Florence Parly, dà il pieno supporto a Naviris, la joint venture tra Fincantieri e Naval Group operativa da poco più di un mese. Un sostegno importante per un progetto che è proceduto spedito sin dal primo input nel vertice a Lione del settembre 2017, sebbene lo stesso non possa dirsi della parte civile della questione (relativa all’acquisizione da parte del Gruppo di Trieste dei cantieri dell’ex Stx). Il supporto degli esecutivi per una joint venture che Guerini ha definito “formidabile” è determinante perché dai due Paesi dovranno arrivare le commesse per Naviris, che punta prima di tutto a lavorare sull’ammodernamento della classe Orizzonte (già esempio della collaborazione italo-francese) e sulla European patrol corvette, uno dei più recenti progetti della cooperazione strutturata permanente, meglio nota come Pesco.

LA DIFESA EUROPEA

Tra l’altro, ha detto Guerini, la joint venture è “un modello che può e deve essere replicato a tutti gli ambiti della cooperazione militare”. Non è un caso che il Patto di Napoli citi proprio la Pesco tra le iniziative su cui Roma e Parigi “intendono rafforzare ulteriormente il loro ruolo guida”. Le altre riguardano il Fondo europeo di difesa (Edf) e la European peace facility (Epf), iniziative dell’Ue che tuttavia rischiano di essere ridimensionate dai negoziati in corso tra i Paesi membri sul prossimo bilancio comune 2021-2027. Un’eventualità che non piace né a Italia né a Francia. Per questo, sebbene Oltralpe intendano la Difesa comune come uno strumento per un’Europa a trazione francese, la sponda di Parigi potrebbe rivelarsi importante per il prossimo round negoziale a Bruxelles.

TRA DIFESA E SPAZIO

Non c’è però solo la cantieristica navale. Si punta a “proseguire lo sviluppo di progetti di capacità congiunta nel settore della difesa e dello spazio, al fine di dotarsi di sistemi efficienti e pienamente interoperabili e per costruire una base industriale di tecnologia europea e difesa competitiva”, spiega il Patto di Napoli. Anche Guerini ha parlato di “satelliti” e “vettori spaziali”, un tema su cui i rapporti tra Italia e Francia (come d’altra parte su tutto il resto) sono ambivalenti, tra cooperazioni strutturate (come la Space Alliance tra Leonardo e Thales) e il rischio di competizioni piuttosto accese.

TENTATIVI DI CONVERGENZA SULLA LIBIA

La ricerca di convergenze sarà comunque utile anche per i dossier più spinosi. Tra questi, spicca la Libia, su cui spesso gli interessi francesi sono apparsi divergenti rispetto a quelli italiani. Nel Patto di Napoli si legge che “Italia e Francia sostengono con convinzione il percorso definito dalla Conferenza di Berlino, per una soluzione pacifica del conflitto, guidato dalle Nazioni Unite, nel rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale del Paese”. Restano irrisolte le questioni più delicate, che vedono la Francia sostenere il generale Khalifa Haftar con ambizioni energetiche non proprio in linea con quelle italiane.

L’IMPEGNO IN SAHEL

C’è comunque margine per trovare una linea comune, ed è offerto anche dal vicino Sahel. Negli ultimi mesi, da Parigi si sono fatte sempre più pressanti le richieste di supporto per la missione Barkhane, operativa in un’area grande quanto l’intera Europa con 4.500 militari francesi, a fronte di una crescente attività di gruppi terroristici e traffici criminali. In una telefonata dopo l’uccisione di Qassem Soleimani, Guerini aveva notato “convergenza di vedute” in merito al Sahel e all’esigenza di rafforzare il quadro di sicurezza con l’omologa francese.

IL PUNTO ITALIANO

Per l’Italia, la questione è però legata totalmente al dossier libico. Lo ha chiarito oggi Guerini: “Il nostro rinforzato impegno in Sahel è collegato agli analoghi sforzi che stiamo profondendo nella gestione della crisi in Libia”. Inoltre, “l’arco di instabilità che dal Golfo di Guinea – ha aggiunto il ministro italiano – raggiunge la sponda sud del Mediterraneo, passando per la regione saheliana, ci impone una chiave di lettura che tenga in debita considerazione l’interdipendenza di questi scenari di crisi”. Tra le righe, la possibilità di rispondere alle richieste francesi prima di tutto per difenderei legittimi interessi italiani, a partire dalla stabilità del nord Africa. Per capire come tutto questo si tradurrà in un concreto impegno militare, bisognerà comunque attendere la presentazione in Parlamento del decreto missioni per il 2020. Lo stesso si potrebbe dire di Emasoh, la missione europea promossa da Parigi per il controllo dello Stretto di Hormuz e a cui l’Italia ha dato il suo assenso politico.

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