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Phisikk du role – Un applauso alla Dadone. Anzi, un like

Una buona notizia: l’Accademia della Crusca metterà la sua mano sapiente nell’impresa titanica di cancellare gli obbrobri del burocratese della mai sufficientemente lodata Pa italiana.

Già, quella delle “obliterazioni” e delle citazioni inconsulte di leggi e regolamenti che non conosce manco lei (tanto per fare citazioni, si veda la direttiva del ministro per la Funzione Pubblica dell’8/5/2002 sulla “semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi”, ma è solo una tra molte), e che solcano, come la fossa profonda e paludosa dei castelli con ponte levatoio, il rapporto tra cittadino e amministrazione dello Stato.

L’intervento di ripristino (almeno nell’intento) di un italiano normale per leggi, regolamenti, vademecum della Pa, si deve all’intesa della ministra Fabiana Dadone con gli Accademici della Crusca, firmata ieri a Firenze, che rappresenta indubbiamente un gesto simbolico di grande significato. Innanzitutto perché contiene l’ammissione di una colpevole insufficienza del pubblico nei confronti del cittadino, chiamato a subire una prosa sciatta e lunare quanto può essere oggi “l’apparolamento” di Monsù Travet con i genitori della sua amata e mai incontrata tête-à-tête: anacronismi semantici privi di senso comune. E poi perché è vero che “ignorantia legis non excusat “, ma questo si può ragionevolmente chiedere solo quando la “lex” è scritta in una lingua comprensibile. Insomma: brava la ministra.

In attesa dei primi risultati dell’impresa cruschiana, un piccolo warning all’onorevole Dadone. Visto che ci sta mettendo mano, perché non dà l’affondo al disboscamento delle leggi? So bene che l’impresa è stata più volte tentata e più volte abbandonata per strada. Ricordo i falò delle leggi stile Fareneith 451 del ministro Roberto Calderoli, i proclami di Renato Brunetta, le commissioni parlamentari per la semplificazione, i buoni propositi di tutti quelli che si sono avvicinati all’opera. Ma, come certamente lei saprà, le leggi sono ancora tutte lì: troppe e affastellate. Incomprensibili, con articoli, commi e alinea che si intorcinano su se stessi con rimandi sibillini che fanno altri rimandi sibillini, che fanno altri rimandi sibillini. In saecula saeculorum. Amen.

Ognuno ha le sue perversioni, ovviamente, e, se sono innocue e vengono svolte in privato, si pratichino pure in allegria. Ma quella degli estensori delle leggi italiane, purtroppo, si rovesciano sul groppone dei cittadini. Lei, ministra Dadone, che ha scelto uno standing che, inusitatamente nel panorama generale, vuole muoversi nella direzione dell’operosità non assistita da eclatanza mediatica, ci sorprenda con la svolta epocale delle leggi scritte in italiano e senza rimandi labirintici. Si potrebbe provare con un po’ di testi unici, che raccolgano (pulendo le ridondanze) la normativa per materia. Si potrebbero gettare nei contenitori giusti della differenziata quelle tonnellate di carte che raccolgono la biblioteca di Babele delle leggi italiane.

Si ricorda che il presidente Mitterrand, nei primi anni ‘90 avesse a lamentarsi del fatto che la Repubblica Francese stesse raggiungendo l’inaccettabile numerosità di 7000 leggi: segno tangibile del malfunzionamento del sistema legislativo. In Italia mai nessuno è riuscito a certificare il numero esatto delle leggi in vigore – si suppone, oggi, tra le 180mila e le 200mila. All’epoca del cruccio del presidente transalpino si stimavano non meno di 150mila.



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