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Come agire sul recycling habitat. L’analisi di Medugno

Tanti articoli, ormai, parlano di come la raccolta differenziata e il riciclo siano in crisi. Colpa della Cina e di qualche altro Paese asiatico che non accetta più rifiuti e materie prime secondarie dall’Europa e dagli Usa che non siano di qualità e che, nel frattempo, stanno organizzando le raccolte differenziate nelle proprie città (coronavirus permettendo in questi giorni e nei prossimi mesi) sostituendo così i materiali d’importazione.

Pensare che l’export di materiali riciclabili sarebbe durato per sempre e avrebbe svolto il ruolo di “ruota di scorta” per i sistemi di gestione dei rifiuti degli Usa e dell’Europa era veramente un’illusione. Bastava ricordare la lezione tedesco-italiana degli anni Novanta: la Germania spinge sulla raccolta differenziata dei materiali riciclabili e li esporta in tutta Europa, prima fra tutti l’Italia. Negli anni successivi, anche grazie ad alcune direttive europee, l’Italia spinge la raccolta differenziata interna e nel 2004- 2005 comincia anch’essa ad esportare.

La Germania, nel frattempo, chiude il gap fra raccolta e riciclo, almeno per certe frazioni e, addirittura, ricomincia ad importare (ad esempio nella carta da riciclare). Ecco proprio dalla Germania dovremmo imparare: aumenta la raccolta differenziata di materiali riciclabili e in termini di qualche lustro (almeno per certe frazioni) l’apparato industriale è in grado di riprocessarli.
In Europa sta avvenendo questo: siamo di fronte alla crescita di raccolte che non trovano sblocchi nel Continente.

Dovremo fare di più in termini di politica industriale e di innovazione. Badate è un problema che riguarda una parte dei rifiuti riciclabili, perché il riciclo continua in questi mesi e giorni meglio e più di prima. Quello che finisce nella cronaca é quella frazione che veniva esportata ed ora non lo è più, oppure viene avviata a riciclo fuori d’Italia con molta più fatica. E tutto ciò, ovviamente, ha un impatto sui prezzi e sui mercati di questi materiali riciclabili, che sono vere e proprie materie prime a livello internazionale.

Eppure come per le specie in natura non basta la mera conservazione, anche per la raccolta differenziata e il riciclo occorre agire sul Recycling Habitat, cioè sulle condizioni ambientali che incidono sulla sopravvivenza di un animale, di una pianta o su una modalità di gestione dei rifiuti.
Come? Innanzitutto bisogna agire sulla qualità delle raccolte differenziate, che già al momento del conferimento devono rispondere a requisiti qualitativi.

Non si può usare la raccolta differenziata, come una sorta di smaltimento dei rifiuti: non ci sono discariche e non abbiamo termovalorizzatori? Tutto nella raccolta differenziata! Occorre agire sulla qualità dei conferimenti, perché la raccolta differenziata è il primo tassello per un buon riciclo. Partire da materiali migliori significa ampliare le possibilità di impiego. In questo i Comuni, responsabili della raccolta differenziata, possono fare molto dialogando con il sistema delle imprese.

Vanno completate le infrastrutture industriali per il riciclo: sembra strano ma ci sono impianti fermi in attesa di autorizzazione, ingenti capitali investiti che non danno ancora un ritorno. Le questioni burocratiche vanno risolte tenuto conto che la politica ambientale e industriale di questo Paese sono prioritari. Il mercato non è “dato una volta per sempre”, ma è fatto da autorizzazioni e senza autorizzazioni non ci sono impianti e non c’è neanche il mercato.

Occorre prendersi cura degli scarti del riciclo: anche il riprocessamento più virtuoso produce residui. Per rendere efficiente raccolta differenziate e il riciclo, dobbiamo sapere dove mettere gli scarti. Fare qualche termovalorizzatore per gestirli al meglio? In Germania lo fanno e diversificare le modalità di gestione di scarti e rifiuti, in maniera ragionevole, può essere utile.

Tutto quanto sopra indicato dovrebbe promuovere il riciclo, incidendo sul Recycling Habitat.
Il Decreto ministeriale 5.2.1998, ancora in vigore, è intitolato Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli…(ecc. ecc). La ratio è quella di incentivare il recupero sotto il profilo delle norme e delle relative procedure.
Eppure l’art. 14 bis della Legge n. 128/2019 (che ha convertito il Dl n. 101/2019 (cosiddetto Dl Crisi Aziendali) che sblocca il caso per caso per le autorizzazioni End of Waste, sembra non essere proprio coerente con il Recycling Habitat.

Secondo il comma 3 bis le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni comunicheranno all’Ispra i nuovi provvedimenti autorizzatori adottati, riesaminati o rinnovati, entro dieci giorni dalla notifica degli stessi al soggetto richiedente. Dovranno essere comunicate secondo le stesse modalità anche le autorizzazioni rilasciate prima dell’entrata in vigore della legge (comma 9).

Il successivo comma 3 ter prevede l’introduzione di un meccanismo di “controllo a campione della conformità delle modalità operative e gestionali degli impianti” che può essere attivato da Ispra o dalle agenzie regionali competenti, sentita l’autorità competente.

Al comma 3 ter, si prevede che il procedimento di controllo si concluda entro sessanta giorni e che entro quindici giorni dalla conclusione di questo, Ispra (o l’agenzia regionale delegata) comunichi l’esito al ministero dell’Ambiente. In quest’attività dovrà essere assicurato armonizzazione, efficacia e omogeneità dei controlli nel rispetto dei principi indicati dalla legge n. 132/2016 che ha istituito il sistema nazionale per la protezione ambientale e ha disciplinato l’Ispra.

Insomma, una simile sovrastruttura normativa non c’è per le autorizzazioni delle discariche e neanche dei termovalorizzatori. Per l’Eow (End of waste) caso per caso, che diventa lo strumento per aumentare la qualità del riciclo, invece sì. Con buona pace del Recycling Habitat! (e nonostante le linee guida Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, www.snpambiente.it appena pubblicate)


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