Non son nemmeno due mesi che son nate e già le Sardine si spaccano. La frattura decisiva sembra avvenuta sulla foto scattata domenica scorsa da Oliviero Toscani con Luciano Benetton, che ha seriamente minato l’immagine di spontaneità e lontananza dai centri di potere del movimento. È stato o non è stato un errore di ingenuità quello di Mattia Santori e compagni? E le Sardine sono o non sono manovrate da qualcuno in alto, come ha affermato Stephen Ogongo, leader romano del movimento? Non sappiamo, ma, dal nostro punto di vista, è abbastanza inessenziale.
Le Sardine sono nate infatti con in nuce già una contraddizione di fondo, i cui leader non hanno mai voluto sciogliere: si può protestare non con un governo in carica ma con il maggior leader dell’opposizione, quindi non per dei provvedimenti concreti già presi ma per escludere a priori un attore da ogni gioco politico futuro? Che oltre all’antisalvinismo nei leader delle Sardine non ci fosse molto altro, è subito risultato evidente dalle loro dichiarazioni pubbliche, dalle loro lettere ai giornali (anzi uno solo e non scelto a caso) e dai loro manifesti.
Così come evidente era la convergenza totale con l’ideologia progressista mainstream, che è un importante supporto per la sinistra di potere ma ha necessità di distinguersene con un surplus di “purezza”, cioè di (presunta) non contaminazione con le logiche del potere. In quest’ottica, si spiega anche lo scivolone di Treviso, photopportunity con Benetton a parte. Santori ha parlato di ingenuità perché loro erano andati in visita a “Fabrica” perché volevano parlare semplicemente con un gruppo innovativo di giovani comunicatori. Ma la domanda da porsi è: perché proprio quel gruppo e non altri? Perché, fra tanti giovani comunicatori innovativi, si sono scelti proprio quelli più corrispondenti all’immaginario buonista del politically correct?
L’incapacità di creare contenuti nuovi e nuove strutture retoriche di comunicazione, il vivere a rimorchio di un immaginario già esistente, portano a considerare le Sardine come un movimento nato vecchio e senza batterie. Una sorta di bolla mediatica che molto probabilmente terminerà nel modo più banale possibile: da una parte, la loro scomparsa, repentina come la loro nascita; dall’altra, la gratifica da parte del potente di turno dei leader che si sono più esposti, i quali conquisteranno uno scranno parlamentare o qualcosa del genere. Purtroppo la selezione delle classi dirigenti oggi avviene così, o anche così: attraverso il quarto d’ora di pubblicità che ci si sa conquistare in un mondo di immaginari divisi e di poca sostanza fattuale.