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Scontro Sanders-Israele. Così la politica estera entra nel dibattito Dem per Usa2020

Israele, ma non solo: la politica estera s’affaccia nella campagna elettorale per Usa 2020: finora, fatto salvo il tormentone su per chi vota Putin, ne era stata praticamente assente. La scintilla s’accende nel decimo dibattito fra aspiranti alla nomination democratica, in South Carolina, dove sabato ci saranno le primarie. Ma già negli ultimi giorni alcune dichiarazioni di Bernie Sanders, su Cuba e sui rapporti con le dittature, e di Joe Biden – su un incerto episodio del suo passato in Sud Africa – avevano suscitato qualche polemica.

Bernie Sanders, che è ebreo, afferma di sostenere Israele, ma definisce il premier israeliano Benjamin Netanyahu un “razzista reazionario” e s’impegna “a rivalutare”, quando sarà presidente, la decisione di spostare l’ambasciata degli Usa da TelAviv a Gerusalemme presa da Donald Trump. “Sono molto orgoglioso di essere ebreo – ha detto il senatore del Vermont che da giovane ha vissuto alcuni mesi in un kibbutz e che potrebbe essere il primo ebreo candidato alla Casa Bianca – ma credo che, in questo momento, tristemente e tragicamente, in Israele con Netanyahu ci sia alla guida del Paese un razzista reazionario”. Netanyahu, che non aveva una buona intesa con Barack Obama, ha ottimi rapporti con Trump.

Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha definito”scioccanti” le dichiarazioni di Sanders: “È la seconda volta che parla contro lo Stato di Israele su temi base del credo e della storia ebraici e della nostra sicurezza. La prima volta aveva parlato di Gaza […] senza comprenderne la realtà e perché ci difendiamo: vuole negarci il diritto all’autodifesa […] E ora di Gerusalemme…”.

Nei giorni scorsi, Sanders era stato criticato per la decisione di disertare l’annuale conferenza dell’American Israel Public Affairs Committee (Aipac), sostenendo che i leader dell’associazione pro Israele appoggiano “leader che esprimono intolleranza” verso i palestinesi. Nel dibattito di ieri, c’è stata un’eco delle polemiche: al senatore, la cui famiglia ebrea emigrò negli Usa dalla Polonia e che conserva l’accento degli ebrei di Brooklyn, è stato chiesto cosa direbbe agli ebrei americani preoccupati perché non sostiene abbastanza Israele”.

“Credo che la nostra politica estera in Medio Oriente sia assolutamente di proteggere l’indipendenza e la sicurezza di Israele” ha risposto Sanders, senza “ignorare le sofferenze del popolo palestinese”. Da presidente, cercherà di creare “un contesto teso a far incontrare le nazioni del Medio Oriente quello che Trump non ha mai fatto”. Concetti poi ribaditi in un tweet a dibattito concluso. L’Aipac, un gruppo che promuove politiche pro Israele presso il Congresso e l’Amministrazione Usa, aprirà domenica la sua conferenza.

Nel dibattito, Sanders s’è pure dovuto difendere dalle accuse di essere aiutato dalla Russia (“Non è vero”) e di essere indulgente con la Cuba di Fidel Castro: “Sono contro tutte le dittature. Ma, come Obama, ho detto che Cuba ha fatto molti progressi sul fronte dell’istruzione e della sanità!”. Biden ha reagito:”Obama non ha mai detto qualcosa di positivo su quanto fatto dalla dittatura di Cuba”, pur lavorando a un disgelo con il regime castrista.

Le dichiarazioni di Sanders su Cuba, fatte in tv lunedì 24, erano state criticate anche da Mike Bloomberg e Pete Buttigieg. In un’altra intervista, Sanders s’era detto pronto a incontrare da presidente degli Usa anche dittatori, fra cui il leader nord-coreano Kim Jong-un, preparandosi però meglio di Donald Trump: “Incontrare gli antagonisti non è una cosa di per sé negativa”. Verso il voto in South Carolina, Biden ha ieri ricevuto l’appoggio del deputato Jim Clyburn, l’afro-americano di più alto rango al Congresso – è il capo della maggioranza alla Camera – e il più influente in questo Stato.

La senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren ha invece avuto l’endorsement del Boston Globe, prestigioso quotidiano di casa, che un anno fa l’aveva invitata a riconsiderare la sua candidatura. In un fondo a firma dell’editorial board, il quotidiano esprime apprezzamento per diversi altri candidati, ma conclude che lei è l’unica democratica che “picca come un leader per qualifiche, precedenti e tenacia nel difendere i principi della democrazia, introdurre correttezza nel’economia […] e portare avanti un’agenda progressista”.

Il Boston Globe elogia anche la battaglia della Warren contro la corruzione e le capacità mostrate nei dibattiti tv: “Ha il maggiore potenziale tra i candidati alla nomination democratica per mettere a nudo la debolezza di Trump”, in un confronto individuale. Sui sentieri della campagna, infine, Buttigieg si è ammalato e ha dovuto cancellare almeno quattro eventi previsti in Florida: per il suo portavoce Chris Meagher, è solo un raffreddore. Mayor Pete, in Florida, cerca di fare cassa in vista del Super Martedì e ha in agenda una serie di raccolte fondi.

Usa2020

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