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Sistema Scolastico Italiano è Regionalista: Cause e Rimedi

Il Sistema Scolastico Italiano è sempre più Regionalista.

Le cause: a) lo “Statalismo imperante”;  b)  gli “slogan farciti di ideologia”.

I rimedi: a) autonomia; b) parità; c) libertà di scelta educativa” .

Il Rapporto Ocse-Pisa reso noto a fine settembre 2019 (alla cui lettura si rimanda) mostra chiaramente che non tutti gli studenti hanno pari accesso a un insegnamento di alta qualità e che questa disuguaglianza può spiegare gran parte dei divari di apprendimento rilevati tra gli studenti più favoriti e quelli svantaggiati, sia all’interno dei singoli Paesi che tra di essi.

La possibilità di accedere all’educazione, infatti, rappresenta l’ago della bilancia dell’equità sociale. I dati raccolti dall’Ocse dimostrano come l’alta percentuale di abbandono scolastico in Italia sia chiaramente determinata dalle risorse economiche di cui dispongono le famiglie.

«Coloro che hanno la maggiore probabilità di andare male a scuola o di abbandonarla senza diplomarsi, molto spesso vengono da famiglie povere o di immigrati» (Ocse); al contrario le famiglie più agiate seguono meglio i ragazzi nel loro percorso scolastico, potendo accedere, tra le diverse possibilità, anche all’istruzione privata.

1. Dal rapporto emerge chiaramente che la Nazione Italia è divisa. Profondo il Divario tra Nord e Sud, tra Regione e Regione.

All’interno dell’Italia, si riscontra lo stesso andamento già emerso nelle indagini PISA per gli ambiti principali di Lettura, Matematica e Scienze: i risultati sono peggiori nelle scuole del Mezzogiorno (Sud e Isole). Gli studenti del Nord Ovest e del Nord Est ottengono risultati migliori rispetto al resto del Paese.

Il Direttore generale dell’istituto Invalsi, commentando i recenti risultati Invalsi, ha dichiarato: «Possiamo dire che in larghe parti del Sud ci sono ragazzi che affrontano l’esame di terza media avendo competenze da quinta elementare».

Comprensione del testo: a livello nazionale allievi in “forte difficoltà” nella comprensione di un testo sono in media il 25 per cento, uno su quattro. In Calabria e Sicilia, però, sono più di uno su tre. In terza media, poi, le differenze diventano sempre più rilevanti: «Il 35 per cento dei quattordicenni, infatti, è ai livelli più bassi, ma in Calabria addirittura uno su due ha problemi di comprensione di un testo».

Per quanto riguarda la matematica, «la sofferenza tra gli studenti italiani sale al 38 per cento – si parla di difficoltà rispetto a nozioni base – in Sardegna e Campania si supera il 50 per cento, in Sicilia ci si avvicina al 60 e in Calabria sei ragazzi su dieci non conoscono i ferri del mestiere nella disciplina».

Secondo i dati ISTAT, al Sud le persone che hanno al massimo il diploma di terza media sono il 32,7% di coloro che hanno tra i 30 e i 34 anni, a fronte del 16,4% medio in Ue (36,2% nelle isole), mentre coloro che in questa fascia di età hanno una laurea sono appena il 21,3% (il 20,9% nelle Isole) contro il 40,7% medio in Ue. In Italia è in media più alta la percentuale di abbandono scolastico (14,5% dei ragazzi tra i 18 e i 24 anni a fronte del 10,6% medio in Ue), soprattutto a causa dell’alto tasso registrato tra i ragazzi sardi (il 23%) e siciliani 22,1%).

2. Una performance negativa che ha un Costo.

Cittadini formati nella Buona scuola Pubblica statale gratuita. Secondo quanto riporta l’OCSE (dati 2015), il costo per studente dall’Infanzia al diploma è di 89.336 euro nella buona scuola pubblica statale gratuita e aperta a tutti. Come sia possibile, a fronte di questo dato, considerarla gratuita è inspiegabile. Gratuita per chi? Non certamente per i contribuenti italiani che ogni anno versano le tasse (sempre più elevate), consegnandole allo Stato affinché assicuri i servizi pubblici primari, tra i quali l’istruzione.

Per poi scoprire che lo Stato impiega 10.000 euro annui per ciascuno dei 7.599.259 di allievi che frequentano la scuola pubblica statale e destina invece 500 euro annui per ciascuno dei 866.805 allievi che frequentano la scuola pubblica paritaria.

Se questo dato di per sé chiarisce (chi dice il contrario mente sapendo di mentire) che le scuole paritarie non rappresentano nessun onere per lo Stato italiano (tutt’altro: sono proprio queste – e le famiglie – a pagare due volte, finanziando lo Stato… Una sussidiarietà al contrario, insomma!), d’altro canto denuncia un impiego inefficiente di risorse dei cittadini per alimentare un sistema scolastico che risulta classista, regionalista e discriminatorio.

Si paga per l’inefficienza: sembrerebbe assurdo, ma è quanto mai reale. Ritorna allora la domanda di sempre: quanto costa realmente un allievo? E come e dove vengono impiegati questi 89.336 euro?

Cifra, ovviamente, approssimativa e che non tiene conto delle spese delle famiglie e soprattutto delle ripetenze. Sì, perché far ripetere uno studente costa, e non poco. Infatti, secondo dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, bocciare uno studente nella scuola secondaria di primo grado o in un istituto professionale costa tra i 6 e i 7mila euro. Se invece la ripetenze riguarda la secondaria di secondo grado, il costo è sugli 11.500 euro. Insomma, bocciare non conviene a nessuno. Ancor meno, poi, se pensiamo che questi italiani sui quali investiamo espatriano. E un italiano che espatria ci costa 145.621 euro dall’infanzia alla laurea. Confindustria stima un costo totale di 5,6 miliardi di euro (un decimo di tutta la spesa per l’istruzione).

3. La causa è Lo STATALISMO IMPERANTE

E’ evidente che la scuola italiana soffre di statalismo. Questa scuola statalista, sindacalizzata, smarrita nei meandri della burocrazia, infarcita di slogan e incombenze che nulla hanno a che fare con una vera e integrale crescita della persona, è da rifare, ma prima deve finire di implodere, deve esaurire il proprio ciclo di autodistruzione. La cosiddetta fuga dei cervelli lo dimostra.

4. La soluzione: UN SISTEMA SCOLASTICO PIU’ EQUO

E’ ancora l’Ocse ad indicare la via, e lo fa attraverso due parole: equità e qualità.

L’unico passaggio, di fatto, che la storia suggerisce è 1) l’individuazione del costo standard di sostenibilità per allievo nelle forme che si riterranno più adatte al sistema italiano, 2) la conseguente possibilità di scegliere, per la famiglia, fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria.

Risultati: a) una buona e necessaria concorrenza fra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato; b) l’innalzamento del livello di qualità del sistema scolastico italiano con la naturale fine dei diplomifici e delle scuole che non fanno onore ad un SNI d’eccellenza quale è quello che l’Italia deve perseguire per i propri cittadini, c) la valorizzazione dei docenti e il riconoscimento del merito, come risorsa insostituibile per la scuola e la società, 4) l’abbassamento dei costi e la destinazione dell’economia ad altri scopi.

E che sia il “costo standard di sostenibilità per allievo” l’anello mancante nel SNI si evince proprio a) dalla specificità Italiana: un sistema scolastico classista, discriminatorio, regionalista, il più costoso in Europa anche se è quello che vede l’Italia occupare gli ultimi posti Ocse e b) da quel fil rouge che sembra attraversare in modo trasversale tutte le recenti riforme sulla Scuola (“soggetti corresponsabili – famiglie, dirigenti, docenti – di autonomie scolastiche”) e che si conferma l’indiscussa leva per un reale processo di rinnovamento del Sistema Scolastico Italiano.

Ne parleremo il 13 Febbraio 2020 a Roma presso  la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani. 


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