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Perché lo stop dei voli Italia-Cina è eccessivo. L’analisi di Pelaggi

Di Stefano Pelaggi

L’Italia ha chiuso lo spazio aereo con la Repubblica Popolare cinese in risposta alla diffusione del coronavirus. Una decisione sproporzionata, nessun altro Paese europeo ha fatto una scelta analoga, che avrà serie conseguenze per i rapporti sino italiani. All’interno del divieto il governo italiano ha inserito Taiwan, oltre a Hong Kong e Macao. L’inclusione di Taipei nel divieto appare incomprensibile, visto che la situazione dell’epidemia a Taiwan è sotto controllo con appena 10 casi tutti ospedalizzati e nessun nuovo episodio nella scorsa settimana. Anche in questo caso la scelta del governo è un caso unico, nessun altro paese ha inserito Taiwan nel divieto dei voli.

La decisione della chiusura dello spazio aereo è avvenuta in tempi brevissimi. Sono stati emessi due Notam dell’Enac, l’autorità italiana di vigilanza nel settore dell’aviazione civile. I Notam sono dei bollettini ufficiali diretti alle compagnie, quindi regolano attraverso norme una delle attività principali dell’Enac che è quella di “regolamentazione tecnica ed attività ispettiva, di autorizzazione, di coordinamento e di controllo” del traffico aereo nel territorio italiano. La prima Notam, A0646/20 del 30 gennaio 2020, sospende i collegamenti aerei tra Italia e Cina a partire dalle 18 del giorno successivo: “Su disposizione delle autorità sanitarie nazionali l’Enac ha provveduto a sospendere tutti i collegamenti aerei tra l’Italia e la Cina, fino a nuove comunicazioni”.

Si tratta di una misura molto importante, nessun Paese europeo ha adottato una restrizione di questo genere. Altre compagnie aeree hanno cancellato i voli, sia per contenere la diffusione del virus sia per un calo drastico delle prenotazioni sulle tratte con la Repubblica Popolare cinese. Ma lo stato italiano ha di fatto chiuso lo spazio aereo con la Repubblica Popolare cinese, un atto che ha conseguenze molto gravi. Un cittadino italiano che desidera tornare in Italia dalla Cina nelle prossime settimane dovrà necessariamente prenotare un volo con scalo in un altro Paese. Esponendosi così a vari pericoli, un’eventuale influenza potrebbe determinare la richiesta di quarantena. Trovarsi di fronte ad un ricovero forzato in un Paese straniero, possibilità non troppo remota visto l’allarmismo che regna nella stampa mondiale e la necessità di ogni nazione di garantire la sicurezza dei propri cittadini, è qualcosa di spaventoso.

Lo stesso discorso vale per i cittadini cinesi, o per i cittadini italiani di origine cinese, che vogliono recarsi nella Repubblica Popolare cinese per visitare i proprio familiari o semplicemente per fare ritorno a casa. L’istituzione e il mantenimento di voli diretti con i principali paesi non è un vezzo o una semplice comodità ma è anche una necessità primaria per tutte quelle persone che lavorano, vivono o hanno vincoli familiari in quei luoghi. Mentre un secondo Notam, A0647/20, chiude lo spazio aereo dalla mezzanotte del 2 febbraio fino al 28 aprile 2020, quindi il primo comunicato era diretto ai giorni immediatamente successivi, mentre il secondo sancisce il definitivo divieto di voli da e per la Cina per un periodo di tre mesi.

Le comunicazioni ufficiali dell’Enac sanciscono anche che lo stop è rivolto non solo alle tratte con la Repubblica Popolare cinese, ma anche a quelle con Hong Kong, Macao e Taiwan. Si tratta di un’eccezione esclusivamente italiana, nessun altro paese e nessuna altra compagnia aerea ha interrotto i voli da e per Taipei. L’indicazione di Taiwan all’interno del Notam Enac è avvenuta con la denominazione di Taipei, in ossequio alla One China Policy, all’interpretazione di Pechino e delle Nazioni Unite. La stessa Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile (ICAO), l’agenzia ONU che regola il trasporto aereo, non riconosce Taiwan in ossequio al compromesso semantico che regola da decenni i complessi rapporti diplomatici tra Washington, Pechino e Taipei.

La decisione è stata presa durante una riunione del comitato operativo della Protezione Civile, alla presenza del ministro della Saluto Roberto Speranza e del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Mentre il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non prende parte alla riunione e si affretta a dichiarare l’amicizia del governo italiano per la Repubblica Popolare cinese. Ma Pechino ha mostrato da subito di non aver gradito affatto la decisione italiana di chiudere lo spazio aereo. In questi giorni la Cina è impegnata in un mastodontico sforzo sia per contenere la diffusione del virus sia per mostrare al mondo intero l’efficienza dell’apparato statuale cinese di fronte all’emergenza. La proiezione assertiva in campo internazionale di Xi Jinping è strettamente collegata alle conseguenze del coronavirus e ogni piccolo gesto viene considerato a Pechino. L’Italia ha apertamente deluso le aspettative della Cina, che ha pubblicamente criticato i paesi che hanno adottato misure restrittive “senza seguire le indicazione della Organizzazione Mondiale della Salute”. Restrizioni che possono essere comprensibili per Paesi confinanti come la Russia o per Paesi che hanno intensi scambi quotidiani con la RPC, come Taiwan o la Corea del Sud. Ma che sembrano veramente eccessive per un paese geograficamente distante come l’Italia.

La situazione del coronavirus a Taiwan tuttavia non appare significativa, ci sono 10 casi accertati di contagio che sono stati messi in isolamento da subito mentre i collegamenti aerei con la Cina sono stati interrotti immediatamente. In questi giorni molti quotidiani nazionali e internazionali hanno dedicato ampio spazio al divieto italiano dei voli da e per Taiwan.

Alberto Brambilla su Bloomberg ha descritto il pasticcio italiano del divieto dei voli da e per Taiwan, ne ha scritto Gabriella Colarusso su La Repubblica, Lorenzo Lamperti su Affari Internazionali e Leonard Berberi sul Corriere della Sera. Giulia Pompili su Il Foglio ha intervistato il viceministro della Salute di Taiwan, Ho Chi-kung, che si trovava a Roma proprio mentre il governo italiano ha emesso il divieto per i voli su Taipei. Il viceministro Ho ha raccontato alla Pompili del suo tentativo di contattare il ministro della Salute Roberto Speranza o il sottosegretario Sandra Zampa: “Speravamo di spiegare loro di persona la reale situazione dell’epidemia di coronavirus a Taiwan – abbiamo solo dieci casi confermati, tutti sottoposti a cure mediche appropriate. La situazione è chiaramente sotto controllo nel mio paese. Tuttavia, neanche il tentativo di chiamare i rappresentanti del ministero personalmente ha avuto successo”. A distanza di qualche giorno il numero dei contagiati a Taiwan è sempre lo stesso, vale la pena ricordare come il sistema sanitario taiwanese sia tra i più avanzati della regione. Soprattutto Taiwan è da anni al primo posto nelle classifiche che misurano gli indici di libertà di stampa. Quindi la possibilità di eventuali coperture, sia a livello istituzionale sia mediatico, è da escludere: anche nel passato la stampa taiwanese si è dimostrata pronta a pubblicizzare scandali e problematiche che riguardavano da vicino il governo. Differenziandosi dalle altre democrazie della regione proprio per questa caratteristica.

La decisione di includere Taiwan nel divieto potrebbe essere avvenuta proprio per non infastidire troppo Pechino. Quindi una misura palesemente eccessiva, quella della chiusura dello spazio aereo con la Cina, accompagnata dall’estensione del divieto a Taipei per tentare di limitare le possibili reazioni di Pechino. Altri cronisti hanno sottolineato come durante l’incontro il governo abbia semplicemente seguito le linee guida dell’Icao.


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