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Ab ovo. La Scuola delle origini – non pubblica, non statale, anzi familiare

Nell’emergenza capita che i “limiti del sistema” sono talmente evidenti che quei “processi naturali” appaiono la soluzione.

Mi pare di poter verificare che cosi stia avvenendo al Capitolo Scuola.

In questi giorni in cui le scuole sono chiuse, le famiglie si trovano a trascorrere le giornate con i propri figli. In tempi di coronavirus la famiglia viene riscoperta (la scoperta dell’acqua calda) la prima responsabile educativa dei figli e la scuola garantisce sostegno e supporto a distanza.

D’altronde le origini della Scuola emergono dalla notte dei tempi.

 Se la Storia nasce con la scrittura, la Scuola nasce con la preistoria, con l’uomo e con la donna. E con il primo bambino.

1. La Scuola nasce con la Prima Famiglia della Storia. Nella grotta o sulla palafitta.

Limpidi occhi di bambino che si aprono alla vita, all’esperienza: vedono come si accende il fuoco, come si macina il seme, come si scheggia la selce, come si tende la trappola. Ciò avviene soprattutto attraverso la mediazione della mamma: lo stretto rapporto tra madre e figlio favorisce anche la trasmissione del sapere, inteso come apprendimento delle tecniche di sopravvivenza in un contesto ambientale spesso molto insidioso. La “scuola materna” consiste non solo nella capacità di progettare e fabbricare strumenti utili alla vita quotidiana, ma anche, soprattutto, attraverso il racconto, le madri della preistoria insegnano ai loro figli le tradizioni e il sapere degli antenati.

E nascono la Conoscenza, l’Apprendimento, la Riflessione, la Competenza.

Imparare, è conditio sine qua non per “vivere”.

Passano i secoli e i millenni: è sempre la Famiglia al centro di scelte educative certamente “obbligate”. Di padre in figlio scorre la vita quotidiana attraverso i mestieri: il sapere è nelle mani di coloro che lavorano con l’esperienza tramandata a garanzia di un domani. Il senso della vita risiede nelle piccole cose.

Il futuro pastore, l’agricoltore, il vasaio, il mercante, il marinaio – affidato dai genitori ai grandi esperti del loro mondo – frequenta la scuola della “gavetta”, dell’esperienza, della dura lotta per acquisire la ricchezza di “contenuti” necessari alla sopravvivenza. E si ricomincia sempre, di padre in figlio.

Anche il futuro Capo, riconosciuto come tale, viene affidato dalla famiglia, affinché il genio del comando si perpetui; la figlia del Faraone affida il piccolo Mosè, futuro principe d’Egitto, alla donna ebrea: “Prendi questo bambino e allattalo per me: io ti pagherò” (Es 2,9), con un gesto sovrano che non lascia dubbi sulla determinazione dell’investimento.

 E il filosofo? Da chi apprendeva, a chi insegnava?

E’ il mistero della mente umana, è lo sviluppo di tanti “perché”, coltivati pazientemente nel cuore delle scuole familiari del Mondo Antico e giunti a maturazione in Grecia in un punto “alfa” della storia, un’epoca d’oro, in cui viene intuito il senso profondo e perpetuo della Buona Scuola: l’e-ducere, il condurre fuori dal Sé tutto il bagaglio necessario all’uomo per essere felice. Ecco il Maestro e l’Educatore dallo “spessore pedagogico notevole”: Socrate. A lui le famiglie ateniesi affidavano il bene più prezioso, i piccoli Platone della situazione.

2. La scuola familiare, Buona Scuola per eccellenza, si specializza e si affina, arriva alla sua massima realizzazione affidandosi a chi ne interpreta il profondo desiderio: formare l’Uomo. Talmente alta questa missione della Buona Scuola, che fin dalle origini la sua sorte è segnata: Socrate, il maestro, è costretto al suicidio. Lo Stato (i trenta Tiranni di Atene) non gradisce. Teme.

Non sarà, comunque, la morte della Buona Scuola.

La Famiglia resiste e insiste: i precettori greci dell’antica Roma, i monaci benedettini dopo la crisi dell’Impero Romano, i raffinati scrivani carolingi, i maestri di bottega del Medioevo e del Rinascimento, i letterati delle corti e dei seminari nel Cinquecento e nel Seicento, i maestri dei grandi ordini religiosi europei… si pongono in continuità con il desiderio delle Famiglie, un tempo dei Padri più che delle Madri,  in un continuo, ininterrotto affidare e riaffidare il tesoro dei loro giovani, per i quali una società sempre più complessa e ricca, esigeva una adeguata e stimolante istruzione ed educazione.

Anche per le piccole Gertrude, a un certo punto, la Famiglia decide e affida, passando dai conventi di clausura, superati solo ai primi dell’Ottocento dal coraggio e dall’intraprendenza di uomini come mons. Luigi Biraghi, fondatore delle Marcelline, o san Giovanni Bosco, iniziatore dei Salesiani.

Una serie di occasioni perse, una buona dose di ideologia ci porta ad un sistema scolastico classista, regionalista e discriminatorio (clicca qui per leggere il documento integrale)

3. Oggi siamo in Emergenza CoronavirusIn questi giorni tutte le nostre famiglie si trovano ad affrontare un’emergenza cui non erano pronti: la “convivenza forzata” con i figli.  Una full immersione, che da mattina a sera li vede coinvolti su due fronti, in contemporanea: quello professionale e quello genitoriale.

Può essere un’opportunità per ciascuno di noi e per il Governo. Un ritorno alle origini per riscrivere l’epilogo: Riconoscere concretamente la titolarità, in ambito educativo e formativo, della persona e della famiglia. Tale titolarità si esercita attraverso una “libertà di scelta educativa” che va garantita a tutti, superando gli attuali ostacoli economici e sociali che ne impediscono di fatto l’esercizio ai meno abbienti. Si introduca costo standard di sostenibilità (declinabile in convenzioni, detrazioni, buono scuola, voucher, ecc.) che costituisce, una “quota capitaria” spettante all’alunno, che lo assegna poi alla scuola prescelta.

Le Famiglie – di qualsiasi sponda, matrice, formazione – si sentono un po’ più libere; lo Stato un po’ più giusto e intelligente ai loro occhi.


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