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Dal Marocco alla Tunisia. Cosa succede in Africa sul coronavirus

Il coronavirus continua ad espandersi in tutto il mondo. Ed è già arrivato in Paesi che sembrano immuni. Lunedì sono stati confermati i primi casi in Marocco, Arabia Saudita, Giordania e Senegal, tutto con pazienti provenienti dai focolai in Italia e in Iran.

L’Organizzazione mondiale della Sanità si mantiene vigile e prudente. Non ha ancora dichiarato la pandemia mondiale, ma la possibilità che venga fatto non è del tutto esclusa. Ci sono 90.000 persone contagiate con il Covid-19 in 71 Paesi, il numero di morti è 3200, quasi tutti in Cina.

La mappa di Google segnala casi anche in Algeria e Tunisia. In Nigeria si è registrato il caso di una persona che ha presentato sintomi al rientro di un viaggio a Milano, mentre in Marocco c’è un marocchino (residente in Italia) contagiato con il virus e ricoverato all’Ospedale Moulay Youssef di Casablanca. In Senegal c’è anche un cittadino francese (il quinto positivo di coronavirus) rientrato dalla Francia.

In Africa si è cominciato a parlare di coronavirus il 27 febbraio, quando il Centro di Controllo di Malattia della Nigeria ha confermato il primo caso di Covid-19. È stato il primo caso nell’Africa subsahariana, giacché c’erano stati pazienti positivi in Egitto e Algeria. Al momento, secondo i dati ufficiali, ci sono 10 casi in tutto il continente africano.

La preoccupazione maggiore è per la propagazione dell’epidemia in Paesi con sistemi sanitari deboli e poche risorse economiche e logistiche per la gestione dell’emergenza. Il coronavirus, a differenza di altre malattie, ha un indice di mortalità più basso ma si trasmette con molta più facilità.

Tuttavia, il direttore regionale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per l’Africa, Matshidiso Moeti, ha detto all’emittente britannica Bbc che tra due settimane circa tutti i Paesi dell’Africa sub-sahariana saranno in grado di testare il coronavirus. Moeti ha informato che 33 nazioni africane sono già dotate dei mezzi per farlo, mentre un mese fa i Paesi attrezzati erano soltanto Senegal e Sudafrica. Inoltre, ha dichiarato che lo scenario peggiore per il coronavirus in Africa sarebbe se il virus si diffondesse rapidamente nelle città africane prive di strutture per contenere e curare le persone. In Nigeria ci sono 43 persone – di cui 4 cinesi – che sono state messe in quarantena nello stato dell’Altopiano settentrionale.

Per ora, dunque, i casi di Covid-19 in Africa sono puntuali e localizzati. Il virus, a differenza di altre zone, non circola liberamente. In un’intervista con la rivista Muy Interesante, Fernando González, professore di Genetica e responsabile dell’Unità Mista di Ricerca dell’Università di Valencia, sottolinea il fatto che in un continente con 1,2 miliardi di abitanti, avere 10 casi sparsi in diversi Paesi non è una situazione grave: “Questo però non vuole dire che non ci siano altri. Bisogna tenere conto che in questi Paesi la capacità di identificare i nuovi casi è scarsa. Una cosa sono i pazienti confermati e un’altra quelli che ci sono realmente. Ma comunque, in confronti con altre zone del pianeta, in Africa c’è molta meno incidenza”.

“Crediamo, ma è ancora da verificarsi, che le condizioni ambientali in Africa bloccano la trasmissione del virus – spiega l’esperto -. Sappiamo che il nuovo coronavirus si sta diffondendo in Paesi con un clima specifico e in condizioni epidemiologiche che facilitano molto la trasmissione tra le persone che sono vicine”.

Anche il fatto che i Paesi africani hanno un’alta densità demografica – ad esempio Nigeria ed Egitto – aumenta le possibilità di diffusione. L’impatto del virus però potrebbe essere minore perché si tratta di una popolazione giovane, in confronto a quella europea e asiatica. Giocano contro, invece, le pessime condizioni igienico-sanitarie. “Il bilancio? Bisognerà vedere cosa succede progressivamente – conclude González -. In Africa qualsiasi epidemia ha il potenziale di provocare una catastrofe, perché non ci sono molti mezzi per gestirla e contenerla”.

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