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Biden mette al sicuro la candidatura. Ecco dove ha vinto

Joe Biden vince ancora, vince ormai sempre: conquista largo la Florida e l’Illinois e s’impone pure in Arizona e mette già insieme 1147 delegati, contro gli 861 di Bernie Sanders – per la nomination ce ne vogliono 1991. Solo il coronavirus, che in questo secondo mini Super Martedì fa rimandare il voto in Ohio, può frenare e/o intralciare la marcia verso la nomination democratica dell’ex vice di Barack Obama.

Nel giorno in cui Donald Trump, che corre senza rivali di rilievo, supera la maggioranza assoluta dei delegati alla convention repubblicana – Charlotte, fine agosto — e raggiunge, quindi, la certezza della nomination, Biden raccoglie più del doppio di delegati rispetto a Sanders: dei 441 disponibili (219 in Florida, 155 in Illinois, 67 in Alabama), 249 a 116, mentre i conteggi sono ancora in corso.

A questo punto, Biden ha vinto in 18 dei 27 Stati dove s’è votato, Sanders in sette. Nello Iowa fu pareggio tra Sanders e Pete Buttigieg, nello Stato di Washington fra Biden e Sanders.

I trionfali (per Biden) risultati della scorsa notte faranno aumentare – secondo il New York Times le pressioni su Sanders perché abbandoni la corsa, permettendo al partito democratico d’unirsi dietro al suo candidato.

Il secondo mini Super Martedì di questa campagna era stato ‘azzoppato’ dalla decisione in extremis del governatore dell’Ohio Mike DeWine di rinviare il voto nello Stato, causa l’emergenza sanitaria per il coronavirus. La mossa del governatore ha suscitato confusione e critiche, ma appare coerente con le nuove misure restrittive annunciate lunedì dal presidenteTrump.

Alla sconfitta di Sanders in Florida hanno contribuito numerosi esuli cubani irritati dai suoi recenti apprezzamenti non del tutto negativi sul regime castrista. Le operazioni di voto in Florida si sono svolte abbastanza regolarmente, anche se alcuni seggi elettorali sono stati spostati causa coronavirus e molti addetti risultavano assenti. Mancano, al momento, indicazioni sull’affluenza nei tre Stati e confronti con le affluenze nelle primarie passate.

Ora Trump sa quasi con certezza che il 3 novembre, nell’ElectionDay sfiderà quello che ha sempre cercato di rottamare: l’eredità Obama. Ma, prima, dovrà battere il coronavirus, o almeno l’impatto del contagio sull’economia: senza un’azione decisa avverte il segretario al tesoro Steve Mnuchin – si rischia una disoccupazione al 20% e una crisi ben peggiore di quella del 2008. La recessione è uno spettro che agita i sonni del presidente.

Biden, vittorioso, lancia un appello a Sanders, perché si ritiri e i democratici possano concentrarsi unicamente sull’emergenza coronavirus e sul bersaglio grosso, Trump. “Il mio obiettivo è di unire partito e Paese in questo momento difficile e di battere insieme Trump – dice l’ex vice-presidente -…  Quello che ci serve ora è la speranza contro la paura, l’unità contro le divisioni, la verità contro le menzogne e la scienza contro la finzione”.

In attesa delle decisioni di Sanders, si schiera con Biden Anna Wintour, la direttrice di Vogue, individuando nell’esperienza politica dell’ex vice-presidente un elemento cruciale per battere Trump. “Ha molte qualità di cui abbiamo disperatamente bisogno a Washington: la decenza, l’onore, la comprensione, l’affidabilità e soprattutto l’esperienza”, dice la Wintour che nel 2016 appoggiò Hillary Clinton e che non ha mai nascosto l’antipatia per Trump.

Usa2020



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