Tutti al tappeto. A scorrere i titoli azionari oggi a Piazza Affari non c’è un solo segno positivo. Enel, Tim, Intesa, Atlantia, A2A tutte sospese e con un segno teorico negativo a doppia cifra. Il panic selling da coronavirus rischia di far ricordare questa come la peggiore settimana di sempre per i listini mondiali e la nostra Borsa dai massimi di 25 mila punti di appena qualche settimana fa naufraga sotto i 17 mila punti con la giornata con il -16.9% la peggiore seduta di sempre.
“Non sono tanto convinto che bisognava chiudere Piazza Affari” spiega in quest’intervista a Formiche.net Francesco Daveri, economista e direttore del master Mba dell’Università Bocconi di Milano “oggi pesa l’errore tattico, prima ancora che strategico della Bce, un approccio troppo soft rispetto al problema del coronovirus, questo gigante invisibile che nessuno sa bene come combattere”.
Cosa è mancato nel discorso della Lagarde?
Le misure annunciate sono sembrate la riedizione di una scatola degli attrezzi molto limitata. Non dimentichiamoci che la Bce è stata l’unica istituzione in passato che ha tenuto in piedi l’Europa dopo il 2011, molto più di quanto abbiano fatto i singoli governi e di quanto sia riuscita a fare la Commissione europea.
Manca una visione alla Mario Draghi?
Guardi la pratica di Draghi era del whatever it takes: non mi faccio inchiodare da specifici provvedimenti e sono pronto ad intervenire per fare tutto ciò che è possibile. Oggi ad esempio i mercati volevano il taglio dei tassi anche se questi sono già a zero per quelli con cui la Bce dà prestiti e -0,5% per quelli del deposito delle banche. Scendere ulteriormente non credo faccia molto differenza però ci si aspettava più chiarezza, determinazione sulle misure.
Manca anche una regia europea alla gestione della crisi?
Indubbiamente, ci sono degli approcci differenziati da parte dei governi e questo non aiuta.
Di fronte a tutto questo non era meglio allora chiudere Piazza Affari?
E poi cosa succede? Questa è la vera domanda. Si chiude un mercato se non lo si vuole più riaprire oppure se si è sicuri di riaprirlo avendo risolto il problema. In assenza di una speranza ragionevole, ovvero di aver risolto il problema del coronavirus, non ha molto senso. Le borse sono anche un termometro importante di quello che succede, segnalano in anticipo l’arrivo di una recessione o di una ripresa.
Ora sembra che ci stiamo dicendo che questo coronavirus è il nostro 11 settembre…
In quel caso c’era un evento molto identificabile con l’attentato terroristico. In questo caso è più difficile capre bene quello che sta succedendo. Questo coronavirus è un nemico invisibile, questa è la verità, e come combattere una guerra senza sapere contro chi sparare.
Allora cosa fare?
Secondo me il messaggio è quello di offrire una liquidità illimitata alle banche commerciali, questo sarebbe una cosa da fare, da dichiarare invece di fare una lista di strumenti come ha fatto la Lagarde.
In più non c’è il rischio che a questi prezzi scontati ci possono essere anche scalate ostili alle nostre società quotate?
Certo non si può escludere che questo avvenga ma è un effetto che riguarda un po’ tutti. Spesso in realtà persone come Warren Buffett usano proprio questi momenti per fare acquisti.
C’è anche la crisi del prezzo del greggio a seminare panico?
È stato quasi un effetto collaterale del coronavirus perché dipende dal rallentamento cinese ma dall’altro lato ci sono anche dinamiche più specifiche del mercato del petrolio e dei conflitti all’interno dell’Opec tra Russia, Arabia Saudita e altri produttori. Certo il barile a 30 o 35 dollari butta fuori dal mercato i produttori americani su cui la borsa ha scommesso tanto con obbligazioni che sono junk bond cioè che valgono molto ma con un elevato rischio per gli investitori.
Intanto lo spread ha superato l’asticella dei 250 punti base…
È raddoppiato in poco tempo, dai 130 di qualche settimana fa. La sensazione è che i mercati temono che la Bce non sappia garantire il futuro dell’euro e non faccia degli interventi che non abbattano i differenziali di spread fra i vari Paesi. E questo per noi è un ulteriore problema.