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Bulgari, Dolce&Gabbana e non solo… La moda ai tempi del coronavirus

Ormai è passato il tempo in cui il marchio di moda Dolce&Gabbana era soggetto di attacchi e polemiche in Cina per quella pubblicità accusata di stereotipare il cliente asiatico. In questo momento di emergenza globale per il coronavirus, il brand italiano ha deciso di sostenere in prima linea la ricerca sul coronavirus, contribuendo allo sviluppo di uno studio sulla misteriosa malattia.

I fondatori Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno spiegato che si tratta di un “dovere morale” il supporto alla ricerca guidata dai professori Alberto Mantovani e Cecilia Garlanda della Humanitas University, per indagare sulle possibili soluzioni al coronavirus.

Dolce&Gabbana finanzia con un’importante donazione lo studio nel quale sono coinvolti anche i virologi Elisa Vicenzi e Massimo Clementi dell’Università San Raffaele. “Supportare la ricerca scientifica è per noi un dovere morale – hanno spiegato i due stilisti italiani -. Speriamo che il nostro contributo possa essere d’aiuto per risolvere questa situazione drammatica”.

Ma Dolce & Gabbana non è l’unica maison che si sta occupando del coronavius. Bulgari, per esempio, ha fatto una donazione all’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, leader nella ricerca sulle malattie infettive, per consentire l’acquisto di “un sistema di acquisizione di immagini microscopiche all’avanguardia, un macchinario fondamentale per la prevenzione e la cura del virus”, da quanto si legge su Milano Finanza Fashion.

Il gruppo Moët Hennessy – Louis Vuitton, conosciuto come LVMH Group, multinazionale che raggruppa circa 76 marchi del settore moda, ha donato 2,3 milioni di dollari alla ricerca contro il coronavirus.

Mentre il gruppo Kering, che riunisce marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga, Stella McCartney e Alexander McQueen, ha donato un altro milione.

Swarovski ha donato 430.000 dollari e L’Oréal 720.000 dollari per sostenere la Cina nella lotta contro il Covid-19. Le risorse saranno destinate ai lavori di prevenzione e controllo, così come l’addestramento e l’istruzione in materia di salute pubblica.

Il colosso Alibaba ha donato 144 milioni di dollari e Tencent 43,25 milioni di dollari, secondo la versione tailandese della rivista Tatler.

Il marchio di abbigliamento Manila Grace, invece, ha deciso di sostenere la ricerca del Dipartimento di Malattie Infettive dell’ASST FBF dell’Ospedale Sacco di Milano devolvendo 5 euro pero ogni scontrino emesso nel mese di marzo. “Le aziende non sono degli organismi a sé stanti – ha spiegato l’amministratore delegato, Enrico Vanzo – ma fanno parte della collettività di un Paese e hanno anche una responsabilità etica e sociale, questo il motivo per cui da Manila Grace abbiamo sentito la necessità di dare un contributo attivo a supporto dell’emergenza sanitaria che stiamo riscontrando, ma allo stesso tempo lanciare un messaggio di positività per andare al di là delle paure”.

Ed è vero che il settore moda è uno dei più colpiti da questa situazione di emergenza. Circa il 35% degli acquisti di abbigliamento e accessori è del mercato asiatico. Ma con la diffusione del coronavirus tutto sembra fermarsi: Prada ha cancellato la presentazione della collezione Cruise a Tokyo prevista per il 21 maggio, mentre Gucci ha rinviato la sfilata della tanto attesa collezione a San Francisco.

Fuori dal Giappone, l’Asia rappresenta il 30% delle vendite di LVMH, 38% di Richemont, 32% di Kering e 36% per Hermes. Capri Holdings (gruppo Versace, Michael Kors e Jimmy Choo) hanno confermato perdite per 100 milioni di dollari a causa del coronavirus e Burberry ha dovuto chiudere 24 negozi (su 64) in Cina. Per Shiseido ci sono 55% di vendite in meno, solo a gennaio.

Foto: Maison Artc – Instagram 

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