L’Italia sta affrontando la più grave crisi sanitaria dal dopoguerra ad oggi. È una crisi della quale non si riesce a vedere la fine, dall’esito incerto, che sta avendo ripercussioni negative sul tessuto sociale italiano e che rischia di averne altrettanto severe anche sul tessuto economico. La pandemia da Covid-19 sta mettendo a nudo le storture insite nel sistema istituzionale del nostro Paese, l’incapacità di offrire lo stesso livello di servizi sanitari su tutto il territorio nazionale è solo una di queste.
Ma, il nostro Paese, si sta anche ritrovando intorno ad un nuovo sistema di valori che preferisce la solidarietà alla produttività e che ritorna a guardare i vicini di casa come un antidoto alla solitudine imposta dalle restrizioni alla circolazione.
Degli effetti sociali che sta scatenando la pandemia da Covid-19 ne abbiamo parlato con lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco.
In che modo sta affrontando questa sfida enorme il nostro Paese?
Sta rispondendo come si fa con tutte le cose sconosciute. Sbagliando, imparando e aggiustando il tiro di volta in volta. Sta rispondendo con la naturalezza propria delle cose nuove, delle cose inaspettate.
Da parte di tutti i livelli istituzionali sono arrivate risposte a volte tra loro contraddittorie, prima rassicuranti e adesso molto più allarmanti.
Questo senza dubbio, l’unico errore, grave, che dovrebbero evitare è il ricatto del consenso. Questo può portare a non calibrare in maniera opportuna le strategie e le risposte.
Cosa intende?
Intendo che se si ha paura di prendere uno bravo perché poi ti mette in ombra fai un errore.
Si riferisce a Bertolaso?
Non voglio scendere nei personalismi. Mi riferisco a tutti quelli che hanno esperienza e capacità di affrontare queste cose. Certo il caso di Bertolaso è significativo.
Stiamo assistendo a un sovvertimento dei valori. Se all’inizio sembrava che la produttività non si potesse arrestare adesso a essere tornata al primo posto è la salute e la tenuta del tessuto sociale del Paese.
Questo si collega a quello che dicevamo prima. La politica deve, per forze di cose, essere contraddittoria perché la politica è prassi, non è una dottrina che deve piegare la realtà alla sua volontà ma al contrario deve affrontare la realtà e conformarsi ad essa. Quindi quello che si diceva qualche settimana fa ai turisti circa la sicurezza del nostro territorio oggi è cambiato. Lo stesso accade per gli altri, gli inglesi o i francesi che prendevano in giro gli italiani per le nostre misure ora devono fare i conti con una realtà che dopo poco tempo è arrivata anche da loro.
Questa emergenza ha disvelato due enormi storture presenti nel welfare italiano. Da un lato c’è il Servizio Sanitario Nazionale del quale si dice candidamente di non essere in grado di fornire lo stesso livello di servizio da nord a sud, dall’altro ci sono le tutele per i lavoratori, che non sono affatto omogenee.
Innanzi tutto c’è una cosa da dire. È ovvio che l’Italia abbia dimostrato un grande deficit in questi giorni, questo deficit ha un nome ed è l’assenza dello Stato. Se ci fa caso non ci si riferisce mai all’Italia con il termine più appropriato, cioè nazione, ma viene sempre chiamata Paese. Ed è una diminutio perché dimostra di aver digerito, non dico Platone, ma almeno Cicerone, il senso della Res Publica non è stato mai identificato nelle fattezze di uno Stato.
Riuscirà l’Italia a imparare dai propri errori e a correggere le proprie storture?
Questo è certo, certo che si impara, è ovvio. Un proverbio dice “è lo stesso morto che insegna a piangere”.
Ci sono state molte critiche alla decisione prima di chiudere del tutto i luoghi di culto e poi di lasciarli aperti solo per le preghiere individuali.
In queste situazioni qualunque anima in pena se ha la possibilità di entrare in un luogo di culto e raccogliersi in preghiera ha il diritto di farlo. Io ho visto delle foto commoventi e struggenti dei medici in Iran completamente bardati con tute protettive, mascherine, occhiali prosternati in preghiera. È giusto che anche in questi frangenti ci sia la possibilità di poter supplicare l’onnipotente.