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Covid-19 ma non solo. Come assicurare terapie e assistenza a domicilio

In un momento grave di emergenza come quello che tutti noi stiamo affrontando, sicuramente per le persone più vulnerabili, come per le persone con patologie croniche intestinali in corso, questo tempo è ancora più difficile. Qualche giorno fa 61 associazioni di pazienti, attraverso una lettera, sono scese in campo per chiedere al governo misure di continuità terapeutico/assistenziale a domicilio. A Formiche.net parlano Marco Daperno, segretario generale della Società Scientifica Ig-Ibd e Salvo Leone, direttore generale della Associazione nazionale Amici Onlus.

Leone, lei rappresenta la voce delle migliaia di persone affette da malattie croniche intestinali a livello nazionale come direttore generale di Amici Onlus ma anche europeo come presidente della European Federation of Crohn’s and Ulcerative Colitis Associations. Secondo Lei, sono state messe in atto tutele particolari per garantire continuità terapeutica assistenziale ai pazienti con malattie croniche?

Le malattie infiammatorie croniche dell’intestino, malattia di Crohn e colite ulcerosa, sono patologie molto invalidanti, definite anche autoimmuni, perché insorgono a seguito di un malfunzionamento del sistema immunitario. Purtroppo, al momento, le malattie autoimmuni sono incurabili. Gli unici trattamenti consistono in terapie, il cui scopo è ridurre la sintomatologia in atto e che spesso servono a ridurre l’eccessiva risposta del sistema immunitario. La premessa può essere utile per spiegare quanto questi pazienti siano ad alto rischio, se messi a contatto con il virus attualmente in circolazione. Riteniamo che le misure messe in atto negli ultimi giorni dal governo per l’Italia sono dure ma che, anche se tardivo, il lockdown è servito. Rappresentano un gesto di responsabilità che andava fatto per tutelare soprattutto la parte di popolazione più vulnerabile. Crediamo che siano necessari ulteriori provvedimenti per quello che riguarda le cure e le forniture dei farmaci, così come pure per gli aspetti sociali delle malattie croniche. È importante che si emanino, in maniera uniforme sul territorio nazionale, delle norme utili a soddisfare le necessità dei tanti pazienti bloccati al domicilio. Alcune Regioni si sono già mosse in tal senso. Per quel che riguarda il rinnovo automatico dei piani terapeutici (ausili/riabilitazione), l’Agenzia italiana del farmaco si è espressa con una proroga automatica di 90 giorni per quelli con scadenza nei mesi di marzo e aprile. Sarà però necessaria un’azione più incisiva, che tenga conto di diversi aspetti, come per esempio per le modalità di fornitura delle terapie.

Daperno, come Segretario generale di una Società scientifica dedicata allo studio delle malattie infiammatorie croniche intestinali, nel caso di pazienti che assumo farmaci immunosoppressori o farmaci biologici, il pericolo di contagio è ancora più forte? Potrebbero influire sul decorso del virus?

Ad oggi non abbiamo nessun elemento che ci suggerisce questo ma ovviamente è biologicamente possibile che l’utilizzo di questi farmaci riducano le difese immunitarie, dunque potrebbero determinare un impatto maggiore della malattia. Non è consigliabile però l’interruzione degli stessi perché potrebbe causare stati di infiammazione peggiori che richiederebbero un ricovero. Solo nel caso di contagio conclamato, le terapie immunomodulanti andrebbero sospese. Per evitare che ciò accada, consiglierei una maggiore cautela per i pazienti che assumo tali farmaci, anche perché non sappiamo se il decorso potrebbe essere più complicato.

In che modo le Regioni e lo Stato potrebbero aiutare i medici a garantire le migliori misure per il benessere dei pazienti?

In questo momento di emergenza, tutte le attività non necessarie, quindi non urgenti sono state bloccate. È stato fatto sia per favorire un’assistenza maggiore negli ospedali sia per non esporre pazienti che, non abbiano necessità, a maggiori rischi di contagio. Tutte le terapie necessarie, quelle infusionali per esempio, o le visite di controllo per aggravamento, sono comunque ancora effettuate e lo rimarranno per garantire continuità assistenziale. Alle Regioni ed allo Stato si chiede ora di poter garantire l’incolumità di tutti gli operatori sanitari coinvolti dotandoli di dispositivi di protezione individuale in quantità e qualità adeguati e di favorire i controlli che permettano di rilevare precocemente l’infezione degli operatori sanitari.

Leone, come Associazione nazionale di pazienti qual’è la Vostra maggiore preoccupazione? Cosa state facendo per le persone che tutelate? Un suggerimento alle istituzioni?

In molti casi, i pazienti devono assumere delle terapie biotecnologiche. Si tratta di terapie che in alcuni casi vengono erogate presso le strutture ospedaliere e che necessitano di un attento monitoraggio da parte del medico che le prescrive, per cui sarà necessario anche garantire che la somministrazione e le visite, se richieste dal medico, si svolgano in assoluta sicurezza. Alcune Regioni si sono già mosse in tal senso e i provvedimenti annunciati ieri dal ministro Speranza vanno nella direzione tracciata peraltro dalle richieste delle Associazioni di volontariato. Pensiamo che le istituzioni si stiano muovendo per affrontare questa situazione in continua evoluzione, non facile, e ci piace sottolineare che il contesto stia mettendo in risalto un atto di eroismo di medici ed infermieri, mal pagati e spesso malmenati e chiamati in giudizio. Ecco, ci piacerebbe che da questa esperienza ne uscissimo con una nuova percezione dell’immenso valore del nostro personale sanitario. Amici, da parte sua, sta raccogliendo le testimonianze e i bisogni dei pazienti e sta provando a dare delle risposte scientifiche, in collaborazione con il comitato medico della nostra Onlus, ma anche indicazioni che riguardano la situazione dei centri che gestiscono queste patologie.

Molte aziende farmaceutiche si stanno adoperando per combattere la sfida contro il coronavirus, molte altre insieme a questo stanno cercando di offrire ai pazienti attività di supporto. È sempre più importante il rapporto tra associazionismo e aziende non solo in situazioni di emergenza ma proprio per il valore aggiunto che oltre il farmaco si può offrire insieme.

Viviamo un periodo di emergenza che nei prossimi mesi riusciremo certamente a controllare, grazie alla ricerca scientifica e all’elevata qualità del personale sanitario in tutto il Paese. Se posso infrangere il muro della preoccupazione, vorrei introdurre una visione positiva, anzi resiliente, della realtà. Partendo dall’assunto base che questa esperienza ci segnerà a vita, dobbiamo accoglierla e metabolizzarla come un’opportunità di riscatto dalla nuova forma di decadentismo che l’umanità sta attraversando. In questo contesto anche le aziende farmaceutiche faranno e stanno già facendo la loro parte. Cito, solo per fare un esempio, la Roche che produce il Tocilizumab, il farmaco che da qualche settimana viene utilizzato a Napoli per curare le complicanze del Coronavirus, in particolare le difficoltà respiratorie. Per volontà dell’azienda, lo stesso sarà messo a disposizione di tutti gli ospedali italiani gratuitamente. Azioni come questa, in cui industrie farmaceutiche, spesso e in modo erroneo considerate orientate esclusivamente al business, che in un momento di emergenza e di necessità collettiva dimostrano di agire principalmente in maniera etica e solidale, sono da sottolineare come esempi che ristabiliscono l’ordine delle priorità. Le aziende sono fatte da uomini e se questi hanno dei valori, operano nell’interesse del paziente e lo mettono al centro. È veramente sorprendente come l’Italia stia reagendo positivamente a questa crisi, e dell’enorme potenziale che ne scaturisce quando collaboriamo tutti uniti verso un unico obiettivo. Nello stesso tempo, sorge spontanea una domanda: perché, in quanto comunità, pazienti, cittadini, aziende e Istituzioni, dobbiamo attendere che ci sia un pericolo di sterminio collettivo per attivarci verso una collaborazione sinergica per risolvere i problemi?

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