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La comunicazione sul coronavirus migliora. Tutti gli errori commessi

Di Piero Tatafiore

Diciamocelo chiaramente: questo momento storico-politico non ha paragoni nella storia repubblicana. Nemmeno il contrasto al terrorismo fu così pervasivo della vita e delle libertà di ciascuno di noi. Una sfida pesantissima che piegherebbe le gambe a chiunque e che risulterebbe difficilissima da gestire per qualsiasi leader, anche per Craxi o Berlusconi (nessuna simpatia politica, semplicemente i leader dei 2 governi più lunghi del dopoguerra), figuriamoci per una maggioranza complicata come quella che sostiene Giuseppe Conte.

Dopo questa necessaria premessa, non si possono non notare gli errori commessi da inizio crisi, che hanno determinato una percezione confusionaria del momento. Innanzitutto, le scelte iniziali con le riunioni presso la protezione civile senza che fossero prese misure gravi come il momento che plasticamente veniva rappresentato. Poi il pasticcio dei decreti anticipati alla stampa da qualche “manina” con conseguente e prevedibile effetto panico nei cittadini che hanno assaltato supermercati e stazioni, con un effetto esattamente contrario a quanto voluto. Infine, un certo protagonismo iniziale di Conte che oramai più di 20 giorni fa andò in tutte le trasmissioni televisive, inclusa quella di Barbara D’Urso, a raccontare le prime (inefficaci) misure di contenimento relative al focolaio lombardo. Negli ultimi giorni Conte ha fatto tesoro delle critiche, cambiando radicalmente la sua comunicazione.

Nella diretta Facebook (e qui già c’è la prima innovazione), Conte, con una quinta di bandiere italiane e un azzurro rassicurante (seconda innovazione), si è rivolto agli italiani direttamente e in modo molto chiaro, senza far trapelare nulla prima e puntando innanzitutto a rassicurare sulla continuità da parte dei supermercati degli approvvigionamenti alimentari. Sfruttando la finestra di Overton (schema di comunicazione-persuasione per rendere normale un’idea altrimenti inaccettabile) Conte sta cercando di cambiare la sua comunicazione e quella del governo, facendo tesoro dei molti errori commessi finora.

Errori che però riguardano un po’ tutti: alzi la mano chi ha capito se le mascherine servono o meno. E i guanti sono efficaci? E che dire della virologa dell’ospedale Sacco di Milano che ancora pochi giorni fa insisteva sul fatto che il Covid-19 è poco più di un’influenza? O, ancora, cosa pensare dell’affermazione di Silvo Brusaferro, direttore dell’Istituto Superiore di Sanità che ha detto: “I morti accertati per Coronavirus sono 2”? 2? E gli altri 1264 riportati dalla Protezione Civile cosa sono? Fake news? Per non parlare degli hashtag #Milanononsiferma et similia o degli appelli a uscire e aprire tutto lanciati nei giorni passati da Salvini a Zingaretti. Messaggi contraddittori che hanno ingenerato lassismo, menefreghismo e finanche panico negli italiani.

Ora, per fortuna, il messaggio sembra calibrato meglio, anche con campagne efficaci come quella lanciata dal parlamentare Filippo Sensi #iorestoacasa. E, tutto sommato, confrontandoci, per esempio, con la Francia in cui 5 giorni fa si è svolta una mega convention di puffi, gli italiani stanno rispondendo bene all’emergenza. In fondo gli italiani sono meglio di come li si dipinge, solo che per dimostrarlo hanno bisogno di sfide epocali.

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