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Coronavirus, ultima chiamata per Bruxelles. Il commento di Cristiano Zagari

Di Cristiano Zagari

Questa pandemia in quanto ad impatto sulle nostre vite è come una guerra mondiale se non altro perché produce effetti indistintamente su tutte le popolazioni del globo. Che fare allora? Per esempio estrapolare dalla Storia quelle modalità organizzative che nel secondo Novecento ci hanno permesso di uscire dalla palude e di rimetterci in carreggiata.

Il nostro docente oggi sarà Jean Monnet. In particolare, andremo a vedere come potrebbe lavorare un’istituzione in tempo di crisi. I più conoscono Jean Monnet come il padre del processo d’integrazione europea, della Comunità del carbone e dell’acciaio (Ceca) prima e dei Trattati di Roma poi. Molti sanno dove il francese sia arrivato ma quasi nessuno sa da dove sia partito. E nella fattispecie qui sono proprio le origini ad interessarci…

Il primo merito di Monnet fu quello di proporre, in quanto giovane consulente del governo francese, di razionalizzare lo sforzo bellico di Francia e Regno Unito durante la prima guerra mondiale, dalla serie in una crisi che ci colpisce tutti allo stesso modo ha senso dividersi i compiti evitando inutili duplicazioni.

Il metodo Monnet verrà altresì applicato con successo nel secondo conflitto mondiale. Da questa buona pratica nascerà poi nel secondo dopoguerra quell’agenzia sovranazionale con il compito di utilizzare insieme carbone ed acciaio e coprodurre energia e che darà il via a sua volta ad altre collaborazioni concrete che porteranno ai Trattati di Roma del 1957 e alle istituzioni europee. In altre parole è da una solidarietà di fatto richiesta per superare una minaccia globale che può nascere un progetto politico sovranazionale basato su solide fondamenta.

Che analogia c’è tra ieri ed oggi? Che ieri come oggi all’interno del vortice non c’è l’Europa, ma solo gli Stati nazionali. Ora qualcosa sembra muoversi con le dichiarazioni della presidente della Commissione e con alcuni gesti di solidarietà da parte di alcuni Paesi membri, ma va anche detto che ciò è corrisposto ad una progressiva presa di coscienza che il problema non fosse circoscritto al giardino italiano.

Egoismo? Forse, ma va bene lo stesso se serve a farci sentire un comunità di destino. L’idea è semplice, primo razionalizzare lo sforzo nel rispondere alla crisi con una sorta di centrale acquisti europea come ventilato qualche giorno fa dal ministro Speranza, secondo creare una vera protezione civile europea (qualcosa già esiste penso all’Eupcm in particolare ma non ha la dimensione e la force de frappe e soprattutto lo status per impattare) a cui capo vi sia un super disaster manager con risorse, mezzi e poteri.

Questa è la tempesta perfetta, se l’Europa non batterà nemmeno questo colpo sarà molto difficile mantenere vivo anche un solo granello di credibilità. Il ricorso al termine coordinamento da parte di Bruxelles nell’affrontare la crisi del 2008 ha ferito gravemente il processo d’integrazione, mutuare lo stesso termine per il Covid-19 rischia di mettere fine al tutto.



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