Per chi pensava che in Europa l’emergenza coronavirus era un problema che riguardava in maniera grave soltanto l’Italia si sbagliava. Da domani anche la Spagna si ferma per cercare di contenere la diffusione del virus.
Il premier spagnolo Pedro Sánchez ha dichiarato lo stato di allerta nel Paese a causa dell’epidemia. Il Paese iberico conta ad ora 4.200 casi positivi – di cui la metà a Madrid – e 120 decessi. Si prevedono, per la prossima settimana, più di 10.000 contagiati.
Sono risultati positivi al test anche alcuni membri del governo: Carolina Darias, ministra alle politiche territoriali e della Funzione Pubblica e Irene Montero, che guida il ministero alle Pari Opportunità. I reali di Spagna, Filippo VI e Letizia, sono stati sottoposti alle analisi ma sono risultati negativi.
Il risveglio di domani degli spagnoli sarà molto simile a quello degli italiani; il provvedimento sarà adottato formalmente nel consiglio dei ministri previsto sabato; Sánchez ringraziato tutti i presidenti regionali per il lavoro svolto fino ad ora, avvertendo però che il Paese “è solo nella prima fase della lotta contro il virus”.
Lo stato di allerta è previsto dall’articolo 116 della Costituzione spagnola ed è applicato in gravi situazioni, che comprendono “crisi sanitarie quali epidemie e gravi situazioni di contaminazione”. Si applica per un massimo di 15 giorni con una possibilità di proroga che ha bisogno dell’approvazione del Parlamento.
La legge di prevede alcune misure tra cui “la limitazione alla circolazione od obbligo di permanenza per persone o veicoli in ore o luoghi determinati” alla “requisizione temporanea di ogni tipo di beni e all’imposizione di prestazioni personali obbligatorie”. Inoltre il governo avrebbe il potere di “commissariare ed occupare temporaneamente fabbriche e industrie o locali di qualsiasi tipo, ad eccezione dei domicili privati” , nonché di “limitare o razionare l’uso dei servizi o il consumo di articoli di prima necessità”.
In Spagna il decreto di Stato di allarme ha un unico precedente nella storia democratica: la crisi dei controllori aerei del 2010.
Sánchez segue l’esempio di alcune regioni. Il lehendakari (governatore) dei Paesi baschi, Iñigo Urkullu, aveva dichiarato l’emergenza sanitaria nella propria Comunità autonoma. Con la chiusura delle scuole, la sospensione delle manifestazioni sportive e lo stanziamento di un fondo di urgenza di 300 milioni di euro destinati alla sanità.
Di fatto, i baschi avevano già applicato una legge per la gestione delle situazioni di emergenza approvata nel 2017 e il cui articolo 8 che prevede la possibilità di ricorrere alla restrizione degli spostamenti.
Anche la Catalogna aveva già deciso di abbassare le serrande. La Generalitat ha ordinato la chiusura di tutti i negozi, tranne farmacie e supermercati, e ha chiesto di evitare spostamenti. “Restare in casa aiuterà a contenere il virus”, ha dichiarato il ministro degli Interni catalano, Miquel Buch. Dai bar fino alle piste da sci, tutto chiuso. In Spagna, l’invito (per legge) e di stare a casa per vincere la battaglia globale al coronavirus.