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Italia, sveglia: la propaganda cinese non è gratis. Parla Andrew Small (Gmf)

Come si sta muovendo la Cina in questa fase in cui la pandemia del coronavirus sembra spostarsi da Oriente a Occidente? Come si stanno muovendo, in particolare, gli organi di propaganda di Pechino? L’abbiamo chiesto a Andrew Small, senior Transatlantic fellow del German Marshall Fund.

La Cina sta cercando di cambiare la storia del coronavirus?

Il mondo intero – perfino molti cinesi – aveva ritenuto il governo di Pechino e lo stesso Partito comunista cinese colpevoli di aver gestito in modo disastroso lo scoppio dell’epidemia a Wuhan. Ne sono un esempio gli arresti di quei medici che avevano iniziato a raccontare la malagestione. Dalla maggior parte delle analisi emerge chiaramente che questa fase di insabbiamento ha avuto un impatto drammatico sulla velocità e sulla portata con cui il virus si è diffuso. 

Che cos’è successo quindi?

Il risultato è stata un’enorme crisi reputazionale per il Partito, sia nel Paese sia all’estero, che nelle ultime settimane ha tentato di rialzarsi. La prima fase della narrazione si è concentrata sul “successo” degli sforzi del Partito in stile “guerra del popolo” per contenere il virus ed è stata utilizzata per discolpare il sistema politico. 

E la seconda fase?

Sono cambiati alcuni punti focali. La Cina ha permesso al mondo di “guadagnare tempo” grazie ai suoi sforzi e ora lo sta “salvando” fornendo forniture mediche ai Paesi in difficoltà. Inoltre, c’è anche un tentativo di sostenere che il virus in realtà non sia iniziato in Cina, che potrebbe provenire dagli Stati Uniti, e altri tipi di disinformazione basata su teorie della cospirazione.

L’Italia e gli altri Paesi europei sono vittime di queste forzature per scrivere la storia?

Saranno utili, forse persino essenziali le forniture cinesi all’Italia e altri Paesi europei di attrezzature mediche vitali. Ben prima che il virus scoppiasse, la Cina era il principale centro di produzione per molte di queste forniture essenziali. Da allora ne ha aumentato la produzione, ne ha acquistate quantitativi significativi dall’estero e ha beneficiato di donazioni su larga scala di maschere, respiratori e così via. Ora che la crisi si diffonde altrove mentre sembra diminuire nella stessa Cina, sarà fondamentale per Pechino agire. Soprattutto dato che diversi Paesi europei, gli Stati Uniti e altri hanno già affrontato problemi di solidarietà con altre aree afflitte e si trovano alle prese con problemi di forniture. Questo, naturalmente, sarà oggetto della propaganda di vari attori: della stessa Cina, di chi vuole sostenere la narrativa dei fallimenti dell’Unione europea e degli altri partner europei, ma anche di chi vuole appoggiare attivamente gli sforzi cinesi.

Che ruolo può e potrà avere la propaganda del regime?

Resta da vedere se gli aiuti cinesi (o – nella maggior parte dei casi – semplicemente le vendite) saranno politicizzati in modo più diretto: ci sono state minacce attraverso uno dei media di Stato, il Global Times, che, per esempio, ha sostenuto che come i Paesi tratteranno Huawei influenzerà la volontà della Cina di fornire maschere protettive – anche se non ci sono prove che ciò sia già accaduto. Tuttavia, mentre ci stiamo concentrando sulla salute pubblica e sulle questioni economiche in gioco, dobbiamo essere consapevoli del fatto che esiste un’importante operazione di informazione cinese che si svolge parallelamente. Se questa è “propaganda del fatto utile” da parte della Cina, allora l’Europa non ha bisogno di preoccuparsi. Ma dobbiamo conservare le nostre facoltà critiche, poiché la narrazione su questi temi avrà quasi sicuramente un impatto politico a lungo termine.

E gli Stati Uniti? Come il coronavirus sta ridisegnando i rapporti tra Washington e Pechino? 

Sono sorprendenti le differenze con le dinamiche della crisi finanziaria, quando c’erano livelli notevoli di fiducia e coordinamento tra Stati Uniti e Cina ai massimi livelli. Questo è un ambiente geopolitico molto diverso. L’amministrazione statunitense ha cercato silenziosamente di fornire supporto pratico alla Cina durante le prime fasi della crisi, e si sta certamente verificando una cooperazione burocratica di livello inferiore. Ma alcune delle dichiarazioni di alti funzionari statunitensi sono state incaute. Pensiamo al segretario al Commercio, Wilbur Ross, secondo cui il virus può giovare agli Stati Uniti visto il ritorno di posti di lavoro dalla Cina ma anche ai tentativi piuttosto rozzi di rinominarlo il “virus Wuhan”.

Ma c’è stata una risposta cinese…

I funzionari cinesi stanno ora cercando in maniera ridicola di incolpare l’esercito statunitense di aver portato il virus a Wuhan. Il tutto si è dissolto in accuse reciproche che probabilmente peggioreranno una relazione già pessima più di quanto la crisi non possa rappresentare una base temporanea per mettere da parte le differenze e concentrarsi sulla gestione delle questioni sanitarie urgenti. 

Quali altri impatti?

Potenzialmente potrà essere ancora più importante l’impatto sulle opinioni pubbliche globali del ruolo di leadership delle rispettive parti. L’amministrazione Trump si è assolta disastrosamente fino a ora, e Pechino proverà a trarre vantaggio da questo fallimento per posizionarsi come il potere responsabile – anche se privo della credibilità che avrebbe potuto avere un paio di mesi fa.

E che cosa potrà cambiare nei rapporti tra l’Unione europea e la Cina?

È troppo presto per dirlo. La salute pubblica è in gran parte di competenza degli Stati membri, quindi l’Unione europea di fatto non si trova al centro delle dinamiche con la Cina sul coronavirus, sebbene ovviamente abbia già iniziato a comparire negli scambi politici. Abbiamo già visto fasi contraddistinte da “Gli Stati Uniti trattano male l’Unione europea, quindi l’Europa cadrà tra le braccia della Cina” e speriamo di aver superato quel tipo di analisi – solo perché l’amministrazione Trump ha nuovamente trattato male l’Unione europea, questa volta con un divieto di viaggio non coordinato e una accusa pubblica cinica, non significa che i leader politici europei pensino che Xi Jinping e il Partito comunista cinese siano un’ottima alternativa. 

Quali sono le principali preoccupazioni europee ora?

La maggior parte degli altri elementi dell’agenda bilaterale sono sospesi al momento, tra cui lo stesso summit Ue-Cina e i negoziati su un accordo di investimento globale. Ciò significa che l’obiettivo principale dell’agenda cinese dell’Unione europea è mettere in atto dei propri strumenti economici difensivi, presentati nella strategia appena lanciata. Ma le crisi cambiano le dinamiche: quella finanziaria e del debito sovrano hanno avuto un importante effetto di ricondizionamento sulle relazioni della Cina con un certo numero di Stati membri, in particolare nell’Europa meridionale. Ha anche significato che le energie politiche in Europa erano focalizzate in modo schiacciante su come la Cina potesse dare una mano nell’affrontare le questioni a breve termine piuttosto che quelle a lungo termine. Ciò che accadrà questa volta dipenderà fortemente dalla situazione della salute pubblica, economica e politica in Europa nei prossimi mesi, nonché dal modo in cui la Cina stessa si posizionerà durante questo periodo. L’Unione europea è riuscita a concentrarsi sulla Cina come questione strategica dopo essere finalmente uscita dalla crisi dell’eurozona e da quella dei migranti. Ma ora è di nuovo in modalità d’emergenza.

Come ne uscirà il soft power cinese?

Non c’è dubbio che il soft power cinese abbia subito un colpo negli ultimi mesi. Questa non è una riproposizione della crisi finanziaria, con i suoi bollini “made in Usa” e “crisi del capitalismo finanziario”, che ha visto la Cina guadagnare credito per la sua risposta fiscale su larga scala e ha contribuito a rafforzare l’idea che un controllo più forte dello Stato sul sistema economico possa non essere così negativo. 

In questo caso invece?

Tutti sanno dove e come è iniziato il virus e che l’insabbiamento di Pechino ha peggiorato le cose. Nonostante la successiva risposta cinese alla fine lo attenui, sembra improbabile che tutti, tranne i più creduloni, si possano innamorare della storia secondo cui questa è la conferma della bontà dell’approccio del Partito comunista cinese. 

Il passato cosa può insegnarci?

Pensiamo alla Sars: molti Paesi hanno imparato la lezione, Pechino no – per scelta, negligenza o semplicemente per un sistema che non era in grado di farlo. Ma la Cina oggi ha la possibilità di guadagnare un po’ di credito se si fa avanti e agisce come una potenza globale sempre più responsabile man mano che si sviluppa la pandemia. Non cancellerà gli interrogativi sulle responsabilità, ma se Pechino ora si muoverà per fornire sostegno ad altri Paesi in crisi, potrebbe quantomeno alleviarli. 

Quali sono i punti a favore di Pechino in questa fase?

Ci sono due fattori che lavorano a favore della Cina. Il primo è che le persone sembrano avere memoria a breve termine e sono disposte a proclamare la Cina “leader globale” sulla questione con grande entusiasmo. Il secondo è che la risposta degli Stati Uniti è stata così scarsa che sta già spingendo molte persone a voler evidenziare qualsiasi cosa positiva fatta dalla Cina in contrasto imbarazzante con l’amministrazione Trump. Qualunque sforzo utile di Pechino ora va certamente apprezzato, ma al momento ci sono un certo numero di persone che lavorano da “utili idioti” per la propaganda del governo cinese. Sarebbe ovviamente meglio se potessimo mettere da parte tutte queste questioni politiche e concentrarci semplicemente sull’azione collettiva per affrontare il problema, ma non è quello che succederà e non è nemmeno il modo in cui opera il Partito comunista cinese.



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