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Crisi in vista per l’aerospazio? L’analisi di Moody’s (mentre in Italia…)

Outlook negativo, a livello globale, per tutto il settore aerospaziale. A certificare la crisi all’orizzonte è stata ieri pomeriggio l’agenzia di rating Moody’s, con un’analisi preoccupante che segue d’altra parte i numerosi segnali arrivati negli ultimi giorni da tutto il mondo. Se persino giganti come Boeing e Airbus stanno soffrendo e chiedono supporto ai rispettivi governi, allora c’è davvero da temere uno scossone importante.

La notizia è che i governi di riferimento (Stati Uniti e Francia) hanno già annunciato sostegno al settore. Nel frattempo, nel nostro Paese, i sindacati si stanno sbracciando per far chiudere il comparto, ipotesi che darebbe un vantaggio competitivo ai concorrenti internazionali e metterebbe definitivamente l’ipoteca sul futuro dell’ultimo baluardo manifatturiero e tecnologico nazionale.

LA PREVISIONE

“L’impatto della crisi del coronavirus rallenterà il lungo ciclo commerciale positivo dell’aerospazio”, ha spiegato l’ad di Moody’s Russell Solomon commentando l’analisi. C’è però un dato in più: “Il settore della difesa, relativamente stabile, non è più sufficiente per frenare una regressione”. Una specifica importante per coloro che ritenevano la difesa immune dalla prossima crisi in virtù del legame forte con i clienti istituzionali, gli Stati. Non è così, spiega Moody’s. Seppur più robusto, “è improbabile che il settore della difesa emerga incolume”. La gestione dell’emergenza e le misure adottate quando finirà determineranno ovunque una revisione della spesa pubblica che rischia di impattare sui budget pubblici destinati alla Difesa.

DAI VETTORI AI COSTRUTTORI

Per l’aerospazio, l’origine dei problemi è da rintracciare prima di tutto nello stop ai voli, e dunque nelle previsioni critiche per le compagnie aeree (perfino la strutturata Lufthansa tedesca ha sospeso il dividendo previsto per il 2019), che per Moody’s riguardano un calo del volume passeggeri tra il 25 e il 35%. “I bilanci delle compagnie aeree più deboli probabilmente causeranno una riduzione della domanda di nuovi aeromobili per diversi anni – nota l’agenzia di rating – e dunque Airbus e Boeing ridurranno probabilmente i tassi di produzione”.

LA RICHIESTA DI BOEING

È così che i due costruttori sono entrati nell’occhio del ciclone. La situazione appare complessa per il campione americano, che già prima del Covid-19 era alle prese con la crisi del 737 Max, a terra da circa un anno dopo due tragici incidenti. Ieri, intervistato dalla Cnbc, il ceo David Calhoun ha ammesso che ci vorranno “alcuni anni” per uscire dalla crisi. Attualmente, la disponibilità di 15 miliardi di dollari consentirebbe a Boeing, ha detto il manager, di pagare fornitori e dipendenti per circa otto mesi. Per questo ha invocato l’apertura di nuove linee di credito. Già la scorsa settimana il gruppo aveva inviato al governo federale una richiesta per 60 miliardi di dollari da destinare al comparto, trovando la disponibilità di Donald Trump a dare sostegno al settore, anche se resta da capire se la cifra verrà effettivamente messa a disposizione (il rialzo del titolo testimonia una certa fiducia).

LE GRANE DI AIRBUS

Non se la passa meglio il competitor Airbus. Lunedì, il gruppo ha deciso di cancellare il dividendo per il 2019 (1,80 euro per azione, pari a 1,4 miliardi di euro), annullando anche le previsioni di bilancio per il 2020. Ha inoltre fatto ricorso a una linea di credito elevata da 20 a 30 miliardi, a cui si starebbero aggiungendo pressioni sui governi di Parigi e Berlino per avere sostegno pubblico. La sponda favorevole per il colosso franco-tedesco è quella francese, visto che l’Eliseo ha già messo l’aerospazio tra i settori prioritari per ripartire quando l’emergenza sarà finita.

FINO ALLA DIFESA

Come notato da Moody’s, i venti di crisi soffiano anche sulla difesa. Pure su questo però gli Stati Uniti si sono mossi d’anticipo. Il Pentagono ha aumentato sui contratti in essere la percentuale dei costi sostenuti dalle aziende che possono essere coperti dal dipartimento, accelerando altresì i pagamenti ai prime contractor e chiedendo loro di fare lo stesso per le rispettive filiere. La Francia pare ben piazzata, considerando gli strutturati piani di investimento per l’ammodernamento complessivo dello strumento militare transalpino (in costante ascesa da anni).

I SEGNALI PER L’ITALIA

Segnali per l’Italia, che certo non verrà esclusa dal quadro descritto da Moody’s, e che tuttavia assiste nelle ultime ore alla richieste sindacali (e non solo) per escludere il settore da quelli che possono lavorare. Il rischio, bloccando le attività (spesso inserite in programmi internazionali) è perdere terreno rispetto ad altri (che non si fermano) e salutare definitivamente fette di mercato, inserendo gap tecnologici irrecuperabili. Eppure, di esempi su come affrontare l’onda d’urto però ce ne sono.

Oltreoceano e in Europa si stanno preparando alla tutela dell’aerospazio e difesa, e lo stanno facendo attraverso l’iniezione di forte liquidità. Per la Penisola significa sbloccare finanziamenti previsti, molti dei quali già inseriti nelle ultime leggi di bilancio. Ma perché riservare un occhio di riguardo alle aziende dell’aerospazio e difesa? Lo ha spiegato Michele Nones, vice presidente dello Iai: “Perché sono quelle che garantiscono la sovranità tecnologica e industriale italiana nel campo più importante per ogni Paese: la capacità di garantire la propria difesa e sicurezza in termini sia di deterrenza, sia di intervento mantenere queste capacità strategiche significa assicurarsi non solo il presente, ma, soprattutto, il futuro”.


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