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Dal virus al progetto

Questo tempo percorso da un nemico invisibile, virus che ci pone in metamorfosi, può essere l’occasione di profondi ripensamenti. Forse può aiutarci, se siamo capaci di guardare oltre, vedere il mondo del dopo e immaginare il nostro ruolo in esso.

Il distanziamento sociale che siamo costretti a vivere sia un monito per una “nuova unità”, per “nuove alleanze” rispetto alle sfide di un mondo che non aspetta il nostro pensiero. Come dire, la nostra lettura del mondo è arretrata rispetto alla realtà. Dal virus al progetto, il primo passaggio obbligato è nell’idea di confine.

Il distanziarci, necessario per immunizzarci, non può essere inteso come l’innalzamento di “nuovi muri”. Le forme di solidarietà che nascono nell’emergenza possono essere un buon segnale se, nel dopo, diventeranno capacità di fare rete, di elaborare pensiero progettuale, visioni e giudizio storico.

La fiamma del progetto vive in noi e non può essere spenta da un virus qualunque. Certo, quel virus incarna la metamorfosi del rischio che, da simmetrico e visibile, si è fatto asimmetrico e intangibile. Ebbene, quando si dice che siamo in guerra il nostro pensiero deve correre alla domanda: quale guerra ?

Come il lettore può intendere, un pensiero che ci porti nel progetto non può che nutrirsi di dubbi perché, con grande evidenza, siamo del tutto immersi in un cambio di era. Nulla sarà più come prima ma, con buona pace di chi aspettava una pandemia planetaria per capirlo, questo era già evidente prima.

Con l’esplosione della rivoluzione tecnologica, in una terza “guerra fredda” per il controllo degli investimenti legati all’innovazione, tutti i nostri paradigmi ordinatori, ereditati dal ‘900, sono saltati, si sono sciolti come neve al sole. Se la problematizzazione dell’idea di confine è un passaggio obbligato, altrettanto lo è quella dell’idea di ordine.

Possiamo ancora parlare di “ordine globale” o, forse, è venuto il tempo di immaginare forme di ordine che emergano come sintesi in un disordine naturalmente conflittuale ? Per troppo tempo abbiamo voluto distanziarci dalle differenze, nell’illusione che omologare globalizzando fosse meglio, ma oggi le differenze ritornano: il virus ci mette di fronte alla condivisione di un possibile destino di perdizione.

Per tornare alla vita, dunque, dobbiamo guardare al ripensamento del nostro pensiero, alla valorizzazione delle differenze, al binomio immunitas – communitas. La sfida è aperta.

(Professore di Istituzioni negli Stati e fra gli Stati, Link Campus University)

 

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