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Ormai solo Draghi ci può salvare. Il commento di Ocone

Sì, Mario Draghi è una risorsa. Lo è per l’Europa, che scarseggia di veri leader e autorità morali, ma lo è ancor più per l’Italia. D’altronde, il suo senso patriottico lo ha già dimostrato quando, da presidente della Bce, ha messo in campo quella liquidità a costo zero che per noi più che per gli altri Paesi era di vitale importanza. Si può essere patrioti ed europeisti insieme, tanto più quando, come nel suo caso, si ha perfetta consapevolezza (non comune agli altri leader europei) che se salta un Paese fondatore e importante come il nostro salta l’intero sistema.

Draghi, è, per cultura e formazione, un europeista convinto, che però può star bene anche un “europeista scettico” come me. E uso l’espressione non nel senso un po’ banale che essa ha assunto nel dibattito pubblico attuale, ma in quello nobile che gli dette negli anni Novanta del secolo scorso un grande pensatore liberale che nelle istituzioni europee ci era stato con importanti incarichi: Lord Dahrendorf. In effetti, pur nelle diverse concezioni del mondo, Dahrendorf e Draghi si assomigliano, per spessore culturale e competenza tecnica. Pur avendo una competenza economica e finanziaria non comune, il nostro ha sempre avuto ben presente, nel solco della tradizione italiana dei grandi banchieri, quello che dovrebbe essere chiaro un po’ a tutti e che spesso non lo è: che l’economia e la finanza non sono un fine in sé, così come non lo sono le regole europee che ci si è dati negli anni, ma strumenti al servizio dell’uomo e dei suoi progetti di vita. Una visione “umanistica” che non si esprime in una retorica ma che è sottesa quasi per intima forma mentis alla propria azione.

In un momento d’emergenza come l’attuale, l’unica cosa seria che si può fare è mettere in moto ogni mezzo per non far affondare la barca, cioè per non mandare al macero la vita di tante persone. Draghi è uno dei pochi consapevole fino in fondo della gravità estrema della situazione. Ed era questo il senso dell’articolo sul Financial Times. Il rigore non è per lui qualcosa che può essere oggettivato, traducendosi nel rispetto estrinseco di regole e tecnicalità, ma è quello che emerge dalla coerenza del comportamento e dall’autorità morale che si è acquisita sul campo.

In questo modo il banchiere non può limitarsi ad essere un semplice tecnico o burocrate, o un esecutore “neutro” dei compiti affidatigli, ma deve avere una visione complessiva delle cose e ben chiari i fini del suo agire: deve cioè fare Grande Politica. Certo, Draghi non mente quando dice che non si sente un politico perché è semplicemente un banchiere, ma la politica la fa chiunque non esegua compiti astratti ma prova ad immaginare e dare un senso alla sua azione. La quale per essere efficace deve essere anche calibrata nei modi e nei tempi, e perciò netta e veloce quando è necessario che tale sia. Ed era questo un altro dei messaggi forti del discorso del suo recente intervento: una sferzata ai tentennamenti e alle incongruenze, ai ritardi, dei leader europei.

Probabilmente, Draghi sarebbe un cattivo politico in tempi “normali” perché ragionerebbe poco in senso utilitaristico, cioè favorevole alla propria parte politica. Anche se ne avesse una. Guarderebbe prima di tutto all’interesse generale, anche perché, se facesse altrimenti, distruggerebbe l’immagine che si è costruita negli anni. Il fatto è che non siamo in tempi normali, e nemmeno di crisi: siamo in tempi, mi si permetta di dire, “apocalittici”. Come dice giustamente Stefano Folli in questa pagina, non si può pensare che a gestirli, e soprattutto a gestire la ripresa che tutti ci auguriamo, sia “un uomo solo al comando”. E nemmeno un governo debole e non legittimato politicamente. Ci vuole, come ai tempi del CLN, un governo di unità nazionale e una figura insieme autorevole e competente che ci rappresenti e sappia mettere in campo tutte le potenzialità e le risorse italiane. Una figura che vada bene a tutti, non divisiva, in patria; capace di farci rispettare senza servilismi o velleitarismi, ma mostrando competenza e credibilità, all’estero.

Sono sicuro che, a questo ruolo di “salvatore della patria”, Draghi non si sottrarrebbe. È una persona oggi rara: sa assumersi fino in fondo le proprie responsabilità. Così sono sicuro del fatto che altre personalità con le sue caratteristiche in giro non ce ne siano, o almeno non se ne vedano. Il fatto che in questo momento sia gradito un po’ a tutti, a destra come a manca, non dovrebbe essere un’occasione da sprecare.


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