Di sicuro, non sta facendo bene a Joe Biden. All’inizio, il contagio da coronavirus pareva giocare contro il magnate presidente. Ora gli sta dando visibilità: il numero di americani che apprezzano come affronta l’emergenza cresce, pur se le cifre fanno già degli Usa il terzo Paese per letalità della pandemia dopo Italia e Cina.
Elettoralmente parlando, tutto però dipenderà, a conti fatti, dalla rapidità con cui l’Unione ne verrà fuori e, soprattutto, con cui l’economia si riprenderà: Trump è sempre ottimista, ipotizza 15 giorni per superare le misure di distanza sociale e tre/quattro mesi per tornare a essere ‘open for business’; e prospetta dopo la pandemia un’impennata dei consumi. Ma il punto andrà fatto tra l’estate e l’autunno.
Intanto, #WhereIsJoe è un hashtag virale sui social in questi giorni, che riflette anche l’inquietudine dei democratici: il loro battistrada verso la nomination alla Casa Bianca non ha ora visibilità, mentre Trump è in tv ogni giorno con il suo torrenziale briefing sul ‘virus cinese’, come lui lo chiama.
Né giova a Biden che i democratici in Senato stiano ritardando il varo di un piano da 1.800 miliardi di dollari per contrastare gli effetti della pandemia sull’economia: i democratici vogliono aumentare le tutele per i lavoratori ed evitare speculazioni – hanno, cioè, buone intenzioni –, ma sono percepiti come quelli che impediscono l’avvio del più grosso pacchetto di stimolo economico nella storia degli Usa, che metterà nelle tasche della maggior parte dei lavoratori americani cifre a quattro cifre e darà sollievo alle imprese.
Con la campagna nel limbo per la cancellazione dei comizi e il rinvio di molte primarie, mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è concentrata sulla pandemia, Biden ha provato a riemergere dopo una settimana d’assenza dai media con un collegamento live dalla sua casa di Wilmington, Delaware. “Trump continua a dire che è un presidente di guerra. Bene, cominci a esserlo … Trump non è da incolpare per il contagio, ma ha la responsabilità della risposta ed io, come tutti noi, spero che intensifichi le sue azioni”, ha detto l’ex vice di Obama.
Ma nel partito, tra i donatori e tra gli elettori, c’è la sensazione che Biden non sia sufficientemente visibile e non contrasti efficacemente l’operato del magnate. Per incrementare in questa emergenza la capacità di comunicare con il pubblico, la sua campagna ha trasformato una stanza della sua casa in uno studio tv.
Trump, però, ha a disposizione il megafono quotidiano della Casa Bianca. Dopo avere minimizzato per settimane la minaccia della pandemia, il magnate ora cavalca l’emergenza e cerca di proiettareun’impressione di leadership in quello che sarà l’evento determinante della sua presidenza. Per ora, sembra riuscirci: un sondaggio Abc News/Ipsos mostra che una maggioranza di americani approva la gestione della crisi del presidente, il 12% in più da una settimana all’altra.
Come Biden, pure il suo rivale Bernie Sanders è sparito in questa fase. Ieri, il senatore del Vermont ha avuto una piccola buona notizia: ha vinto, con il 58% dei voti, contro il 23% a Biden, le primarie dei democratici all’estero, svoltesi nel Super Martedì il 3 marzo (ma raccolta e conteggio dei voti sono stati molto laboriosi). Sanders conquista nove delegati, l’ex presidente quattro, ma il vantaggio di Biden continua a essere quasi incolmabile.