Sono devastanti, a livello globali, i primi effetti della pandemia coronavirus. Inizialmente il virus ha colpito l’Italia ma ora si sta diffondendo velocemente in tutta Europa, mettendo in crisi i sistemi sanitari di ogni Paese, facendo traballare l’intesa dell’Unione europea. L’emergenza covid-19 sta sollevando molti interrogativi sul futuro dell’Ue, politico ed economico.
L’analisi del Centro Studi Internazionali intitolato “Rischi pandemia sugli equilibri internazionali”, a firma di Gabriele Iacovino, sostiene che “la tenuta dell’architettura europea dipenderà dalla risposta che i Paesi membri daranno all’impatto della pandemia sulle economie del Vecchio Continente”.
Il coronavirus è una malattia che si potrebbe definire “democratica”, perché non sta risparmiando nessun Paese. La diffusione non dipende dalle misure messe in atto o da fattori endogeni. L’idea di bloccare le frontiere, nel tentativo di fermare il coronavirus, sembra volere rispondere più alla necessità di dare qualcosa all’opinione pubblica che dare una risposta efficace alla contingenza.
“Senza una reale presa di coscienza politica, – si legge sul report CeSI -, una soluzione coordinata è difficile da intravedere all’orizzonte. Da contrastare vi è un malcontento generalizzato nei confronti delle istituzioni europee, giudicate non pronte a dare risposte immediate e vicine ai singoli cittadini”. Le risposte nazionali, senza coordinamento europeo, è la strada verso la dissoluzione dell’Unione europea.
Quella del Covid-19 potrebbe essere la prima crisi globale con una gestione non a guida americana: “L’atteggiamento del Presidente Trump fa trasparire che l’imprimatur all’agenda della propria amministrazione vuole continuare su ‘America First’ senza se e senza ma. Il fatto stesso che si possa immaginare la possibilità di acquisire in esclusiva per il territorio americano l’utilizzo di un vaccino fa immaginare quanto le politiche di Trump vogliano puntare allo stomaco e a quei sentimenti più reconditi dell’elettorato americano”.
A prescindere dal ruolo degli Usa a livello globale, il coronavirus si inserisce in quelle che probabilmente saranno ricordate come le elezioni americane più complicate della storia. Allo spettro dell’impeachment si è aggiunta ora una pandemia che sembra segnare l’agenda politica americana, ma non solo…
In Cina, invece, il virus costringe ad un impegno per “ripulire” la propria immagine internazionale: “Con l’attuale crisi pandemica mondiale la Cina ha a disposizione la possibilità di giocare il ruolo di partner sanitario globale grazie alla sua esperienza in prima linea nella lotta al virus su larga scala. L’azione del governo cinese si appresta ad essere il banco di prova di quel misto di public diplomacy e soft power che si attagliano al nuovo corso impostato anni fa dal Presidente Xi Jinping”.
Infine, lo studio sostiene che il Covid-19 non è la fine del mondo globalizzato, ma un acceleratore di nuovi cambiamenti, dove gli equilibri geopolitici ne usciranno sensibilmente modificati “e dove gli attori si potrebbero presentare notevolmente modificati alla fine della pandemia sul palcoscenico mondiale”.
Non si può ancora prevedere se, alla fine dell’emergenza, le connessioni e reti di trasporti e telecomunicazioni saranno compromesse. Certo è però che la leadership mondiale dovrà cambiare. “I Paesi europei devono essere consapevoli di questa sfida – conclude il CeSI-. Forse il coronavirus […] sarà il vero banco di prova delle velleità dei singoli Paesi contro un approccio realmente condiviso”.