È ufficiale: l’Unione europea ha una nuova missione per la Libia. Si chiama “Irini” (che in greco significa “pace”), partirà domani e avrà il comando italiano, nelle mani del contrammiraglio Fabio Agostini e nella sede di Centocelle a Roma, lì dove era già stanziato il comando per la cessata operazione “Sophia”. Punterà a garantire l’embargo di armi sulla Libia, che è diventato un problema stringente negli ultimi mesi. Sul paese vige una risoluzione delle Nazioni Unite, che però è costantemente violata dagli attori esterni che finanziano le due fazioni in guerra – dal lato orientale l’aggressore, il capo miliziano Khalifa Haftar, dall’altro il Governo di accordo nazionale, l’esecutivo promosso dall’Onu con sede a Tripoli.
LA MISSIONE
L’ufficialità su Irini è arrivata oggi dal Consiglio dell’Unione europea, riunito per l’apposita “generation conference”. La missione segue l’intesa raggiunta (non senza difficoltà) la scorsa settimana dai rappresentanti degli Stati membri a Bruxelles, sulla scia dell’accordo politico per una spedizione aero-navale (e satellitare) tra i ministri degli Esteri nel vertice del 17 febbraio. Irini rientra nella Politica di sicurezza e difesa comune dell’Ue e si configura come operazione militare nel Mediterraneo, mantenendo dunque la dicitura “EuNavForMed” che era già di Sophia – lo sforzo partito dal 2015, ma già da tempo primo della sua componente navale.
L’EMBARGO SULLE ARMI
Irini avrà come “core task” l’implementazione dell’embargo dell’Onu sulla Libia, definito soprattutto nella risoluzione 2292 del 2016 del Consiglio di sicurezza. Lo farà attraverso l’uso di assetti aerei, satellitari e marittimi, con una buona dose dunque di capacità Isr, acronimo per intelligence, sorveglianza e riconoscimento. Irini, spiega il Consiglio dell’Ue, “sarà in grado di ispezionare in alto mare al di fuori delle coste libiche, le imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiali relativi da e verso la Libia”. Il rispetto dell’embargo è considerato dagli osservatori, in primis dalla missione onusiana Unsmil, l’elemento centrale per giungere a una pacificazione. Le armi infatti fomentano le milizie dei due lati, che hanno dimostrato di spingere più le battaglie in corrispondenza dell’arrivo di nuovi rinforzi. Contemporaneamente gli attori esterni che mandano spedizioni militari in Libia, mantenendo un ruolo secondario, un basso coinvolgimento, e un interesse forte a giocare partite proxy attorno al conflitto civile, non si sono mostrati interessati a fermare l’invio degli armamenti.
IL TEMA MIGRATORIO
Irini ha anche obiettivi “secondari”: il monitoraggio sull’export illecito di petrolio dalla Libia (attualmente in stallo perché bloccato per volontà di Haftar); il contributo al rafforzamento e all’addestramento della Guardia costiera libica (unità create dal governo di Tripoli con l’assistenza di paesi europei come l’Italia); il contributo alla distruzione del modello di business dei trafficanti di esseri umani attraverso “la ricerca di informazioni e il pattugliamento con aeroplani”. Una specifica importante, quest’ultima, perché il tema del contrasto ai traffici migratori è stato senza dubbio il più spinoso in sede di negoziati. Escludere dal contrasto alle migrazioni illecite la componente navale è stato infatti determinante per convincere i Paesi più restii e critici (Austria e Ungheria in testa) nei confronti di uno sforzo in mare giudicato (già con Sophia) un pull factor per i migranti. Con Irini, si prevede esplicitamente la possibilità di ritirare gli assetti navali qualora alimentino i flussi, con i dubbi su chi giudicherà tale correlazione già espressi dal generale Marco Bertolini su queste colonne.
IL COMANDO
Determinante per quest’accordo è stata comunque la Grecia, che ha accettato di essere prima destinazione di eventuali sbarchi per una successiva ripartizione su base volontaria. Per l’Italia, la notizia positiva riguarda il comando: rimane a Centocelle nelle mani di Fabio Agostini, che lo scorso 21 febbraio aveva ereditato la guida di Sophia dall’ammiraglio Enrico Credendino. Una decisione logica (viste le strutture già presenti nella base romane, nonché l’esperienza acquisita dal personale multinazionale), ma non per questo facile, vista l’agguerrita concorrenza francese e spagnola – i primi soprattutto, sulla Libia e su tutto il Nordafrica, hanno dimostrato di tessere interessi competitivi con l’Italia.