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L’immersione esperienziale

Rispetto al tutto si può parlare di immersione esperienziale. Per Gandhi “vita religiosa” non significa altro che “identificarsi con l’intera umanità” (1). Aggiungiamo che il religioso è ciò che (ri)lega; vivere religiosamente significa vivere il nostro stato trinitario, uomo/terra/cosmo. Ciò significa che, nell’immersione esperienziale, noi non ci occupiamo dell’altro, dell’ambiente e del cosmo ma che ci occupiamo di noi occupandoci dell’altro, dell’ambiente e del cosmo. L’orizzonte della esperienza della verità è il piano stesso delle relazioni con tutto ciò che esiste, e in primis, il piano delle relazioni interumane (2). La ricerca della verità, esperienza della vita, avviene nel tutto-di-noi nel tutto-di-realtà; per questa ragione scriviamo di metamorfosi/metanoia necessaria.

In questa esperienza del tutto-di-noi nel tutto-di-realtà si può parlare di un pieno sentimento della secolarità sacra (3). Il sentimento della storia vive nel nostro sentimento religioso, profondamente (ri)legatore. È la relazione-che-è, movimento istituente progettuale. Esperienza-in-metamorfosi, la nostra vita “si fa” nella totalità delle sue esperienze. Nulla è escluso.

Il complesso dell’immersione esperienziale è mistico-pragmatico. Siamo chiamati, infatti, a (ri)legare ciò che consideriamo separato ma che, in realtà, non lo è. La visione mistica e la contemplazione non riguardano un ambito speculativo e distaccato dall’esperienza “concreta” della politica, dell’economia, del diritto e così via, e dai rapporti di forza (conflittuali) che generiamo e che subiamo. La visione mistica e la contemplazione sono parte della nostra esperienza quotidiana e, come tali, lavorano a trasformare le nostre attività nel senso di (ri)trovarle in unità-di-relazione. Nel ripercorrere il “misticismo dell’azione” di Teilhard de Chardin, potremmo dire che il misticismo è intimamente legato all’atteggiamento delle persone nei confronti del mondo naturale e sociale e assume slancio dinamico, vista l’importanza attribuita alla convergenza e all’azione unificatrice (4). Secondo Henry Le Saux/Swami Abhisiktananda, un mistico non è un essere isolato in unione con Dio, bensì un essere in relazione, sia umana che divina. (…) il modello di tale relazione fu la Trinità, tema che non lo abbandonò mai (5).

Quando diciamo che le sfide globali richiedono risposte globali stiamo cercando un terreno comune nel quale (ri)trovarci e vivibile solo nell’immersione esperienziale. La ragione e la volontà sono necessarie ma non bastano, ci vuole la “terza dimensione”, il “terzo occhio”.

Si tratta di una immersione esperienziale che deve partire da noi nel tutto-di-realtà. E’ così che, in piena metamorfosi, ci (ri)troviamo a dover uscire dai paradigmi novecenteschi per immaginarne di nuovi, non-ordinatori. Scopriremo che il “comune” problematizza tutto ciò che chiamiamo valori, cultura, politica, istituzioni, economia, diritto. Scopriremo l’inter-in-dipendenza di tutto questo, la sua non-separabilità. È il tempo di “vie altre”, di avere il coraggio di uscire da una Storia che ha soffocato le storie (le esperienze), a sua volta soffocandosi. E ancora, quando parliamo di pace, di guerra, di sviluppo, di norme, dovremmo capire che tutto questo sta pagando il prezzo di una metamorfosi che ci costringerà a cambiare registro nel tutto.

Veniamo da anni, l’ultimo trentennio della nostra storia, nella quale sono state compiute scelte scellerate, quasi indipendentemente da ciò che accadeva nei contesti e a livello globale. Anni nei quali, ormai possiamo dirlo, ci siamo illusi, auto-ingannati, che la Storia fosse finita e che dovesse andare in un unico modo, seguendo una unica via dogmaticamente determinata. Oggi, il recupero del nostro profondo religioso, (ri)legante, serve a de-dogmatizzare quel sogno e a immaginare visioni che (ri)pensino la globalità-nella-globalità, la vita-nella-vita.

Ben prima della pandemia da COVID-19 abbiamo lasciato che le persone fossero sole. I segni di un necessario (ri)pensamento, però, erano chiari da tempo e, colpevolmente, li abbiamo calpestati lasciando prevalere la nostra ansia da competizione e da separazione. Urge (re)immergersi nell’esperienza trinitaria del tutto-che-siamo.

NOTE

(1) Si veda Fulvio C. Manara, Mistica ed esperienza della vita in Mohandas Karamchand Gandhi in I mistici nelle grandi tradizioni. Omaggio a Raimon Panikkar, Jaca Book, Milano 2009, p. 132

(2) Fulvio C. Manara, op. cit., p. 132

(3) Fulvio C. Manara, op. cit., p. 133

(4) Si veda Ursula King, Il “nuovo misticismo” di Teilhard de Chardin e la pienezza di vita in I mistici nelle grandi tradizioni. Omaggio a Raimon Panikkar, Jaca Book, Milano 2009, p. 150

(5) Si veda Bettina Baumer, Swami Abhisiktananda: il mistico del dialogo interiore in I mistici nelle grandi tradizioni. Omaggio a Raimon Panikkar, Jaca Book, Milano 2009, p. 165

(Professore incaricato di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)

 


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